Un centro diurno per anziani alla ricerca di una nuova casa

LOCARNO - Traslocare, si sa, non è sempre facile. Soprattutto quando bisogna lasciare una casa nella quale ci si è trovati bene per lungo tempo e non si sa esattamente dove si finirà. È il caso della sezione locarnese dell’Associazione ticinese della terza età (Atte) il cui centro diurno di via Vallemaggia dovrà andarsene dalla villa del vecchio San Carlo entro fine anno e che ancora non ha trovato una sede alternativa. Alla base dello sfratto vi sono le esigenze della Città, proprietaria dell’edificio. Da una parte per le nuove necessità del vicino istituto per anziani, dall’altra in vista di un risanamento a medio termine della struttura. Un passo che non ha mancato di creare qualche tensione, accolto – almeno inizialmente (e comprensibilmente) – con parecchie riserve, incredulità e molta preoccupazione dai vertici dell’Atte locarnese. «Anche perché – dichiara al Corriere Giancarlo Lafranchi, presidente sezionale – siamo stati messi alla porta senza che ci fosse ventilata qualche alternativa praticabile». Nel frattempo – anche grazie alla mediazione dei vertici cantonali dell’associazione – qualche ipotesi è stata posta sul tavolo. «Ma ad oggi – aggiunge Lafranchi – ancora non sappiamo che fine farà il nostro centro a partire dal gennaio dell’anno prossimo».
Il contratto di locazione con il Comune risale al settembre 1989, «quando il Cantone – spiega ancora il presidente – sostenne finanziariamente la ristrutturazione della villa a condizione che la Città affittasse il pian terreno al nostro centro per un canone annuo di mille franchi (fra l’altro versato dallo stesso Cantone)». Così si è andati avanti fino all’aprile 2017, quando sul tavolo dell’Atte è giunta la disdetta firmata dall’Esecutivo per fine 2018. «Dunque – chiarisce al CdT il municipale Giuseppe Cotti – con oltre un anno e mezzo di preavviso». Ciò nonostante la situazione ha finito per complicarsi visto il fallimento di tutti i tentativi di trovare una nuova sistemazione. Da qui l’avvio da parte della Città («a titolo prudenziale, e lo sottolineo» specifica Cotti) di un’istanza di sfratto. Nel frattempo si è comunque tentato di avviare un dialogo con Atte Ticino, cosa che, di fronte al pretore, ha alla fine permesso di sottoscrivere un’intesa siglata a inizio anno. Quest’ultima prevede che il centro diurno possa ancora utilizzare quattro locali (il bar, la cucina, l’ufficio ricezione e un altro spazio) e abbia a disposizione la sala multiuso tutti i lunedì e giovedì (o anche in altri giorni su richiesta). Questo fino al prossimo 30 giugno, con possibilità di rinnovo (che verrà molto probabilmente sfruttata) fino al 31 dicembre.
Il rischio di trovarsi improvvisamente senza un tetto è quindi stato scongiurato, ma l’incertezza rimane. E pesa. «Soprattutto – aggiunge Lafranchi – perché sarebbe un vero peccato veder scomparire quanto costruito in questi trent’anni». L’attività della struttura – possibile grazie al prezioso lavoro di una ventina di volontari – è molto intensa e conta mediamente seimila presenze annue. Vi si svolgono, ad esempio, le prove di un coro con una cinquantina di soci, incontri per giocare a scacchi e carte, una tombola settimanale, un pranzo quindicinale (con oltre 50 partecipanti regolari), i corsi di Uni 3 e, ancora, l’appoggio scolastico del mercoledì pomeriggio. Un’attività, quest’ultima, davvero particolare e meritevole. «Attraverso la quale – chiarisce il presidente – nostri volontari (per lo più con formazione specialistica, come ex docenti, ingegneri e quant’altro) il mercoledì pomeriggio danno una mano a ragazzi delle medie con difficoltà scolastiche. Attualmente sono una decina e si tratta di un aiuto molto apprezzato».
Se il servizio potrà continuare anche dopo dicembre e dove, ancora non si sa. «E questo – prosegue Lafranchi – vale anche per tutte le altre attività. Le quali hanno, peraltro, uno scopo sociale fondamentale. Quello, cioè, di spingere le persone ad uscire di casa, ad incontrarsi, a fare qualcosa assieme. Credo che in trent’anni ci siamo riusciti, perché la gente viene volentieri al centro diurno, dove si è creato davvero un bell’ambiente». Per cercare di preservarlo si è cominciato a guardarsi intorno, ma finora senza risultati concreti. «Avremo a breve un incontro con la Parrocchia di Ascona, che potrebbe prenderci in considerazione nell’ambito della costruenda Residenza San Clemente. Ma ancora non sappiamo in che misura».
Anche la Città, dal canto suo, si sta dando da fare. «Perché – specifica Cotti – non abbiamo sicuramente l’intenzione di abbandonare l’Atte a se stessa. Sono attualmente in corso discussioni – conclude il municipale – con la Parrocchia di Locarno per quanto riguarda eventuali spazi al centro Sacra Famiglia». Contatti confermatici anche dalla presidente del Consiglio parrocchiale locarnese, Tiziana Zaninelli. «Il nostro salone – afferma – potrebbe essere messo a disposizione per i corsi e le conferenze. Per il resto bisognerà valutare, perché al centro si svolgono regolarmente incontri e attività legati alla Parrocchia e sul mezzogiorno da qualche anno ospitiamo per il pranzo un folto gruppo di allievi delle scuole elementari. Occupazione che riteniamo prioritaria. In ogni caso – conclude Zaninelli – abbiamo deciso di proporre un incontro ai responsabili dell’associazione, per capire bene quali siano le loro necessità». Per quanto riguarda gli spazi, si parla di una superficie ideale di 400 metri quadrati, suddivisi in un ufficio e tre sale, dove possa essere allestito anche un bar. Necessari, ovviamente, anche i servizi, adattati per disabili. «Se qualcuno dovesse disporre di una struttura del genere – conclude Lafranchi –, saremmo ben felici se si facesse avanti. L’affitto sarebbe versato dal Cantone».