Origlio

Un crowdfunding per la scuola Steiner in difficoltà

L’istituto privato senza scopo di lucro è in difficoltà a causa della pandemia e punta a raccogliere centomila franchi: «La paura di chiudere non sussiste, ma c’è quella di non riuscire a dare un seguito agli ultimi anni di grande sviluppo»
©CDT/CHIARA ZOCCHETTI
Federico Storni
27.04.2021 21:34

«La situazione è grave nella misura in cui dobbiamo sopperire a introiti necessari che con la pandemia ci sono venuti a mancare, ma non stiamo parlando di ricapitalizzare una società sull’orlo del fallimento. La paura di chiudere non sussiste, mentre c’è la paura di non riuscire a dare un seguito agli ultimi anni di grande sviluppo». Può essere riassunta così la situazione in cui si trova oggi la scuola Rudolf Steiner di Origlio. Le parole sono quelle di Marco Sangiorgio, membro del comitato direttivo dell’istituto e rappresentante del gruppo finanze creato proprio per far fronte alle difficoltà economiche. Gruppo finanze che negli scorsi giorni ha lanciato un crowdfunding, una raccolta fondi online, sulla piattaforma dedicata «GoFundMe». Crowdfunding che mira a raccogliere centomila franchi e che a oggi è a un quinto del suo obiettivo. Un risultato che ci è stato descritto come «in linea con le aspettative».

Sul territorio da 43 anni

La scuola Steiner è presente nel Luganese da 43 anni e dal 1992, anno in cui sono terminati i lavori di ristrutturazione dell’attuale sede (l’ex villa Bircher), a Origlio. È una scuola privata non profit frequentata da circa 250 studenti. Negli scorsi mesi ha ottenuto la certificazione IB, che permetterà ai giovani maturandi di accedere a quasi tutti gli indirizzi universitari in più di 80 paesi del mondo. Sangiorgio la definisce una «piccola realtà con dietro qualcosa di grande», nel senso che è in rete con tutte le scuole che applicano il sistema pedagogico Waldorf-Steiner. Piccolo, poi, è relativo per la realtà capriaschese: «Siamo sì una scuola, ma anche un’azienda che si autofinanzia. Abbiamo una cifra d’affari di 2,4 milioni, versiamo stipendi per 1,7 milioni e abbiamo 50 dipendenti. Probabilmente siamo la più grande azienda della Capriasca».

Il ruolo delle famiglie

La scuola era dunque instradata su un cammino di crescita quando è scoppiata la pandemia, che in parte proprio per la sua impostazione, l’ha colpita particolarmente: «A differenza di altre scuole private non siamo elitari - spiega Sangiorgio. - Siamo scelti per l’approccio pedagogico, non per questioni di classe». Questo significa, da un lato, che le rette sono più accessibili e, dall’altro, che ai genitori è richiesto di mettere a disposizione un po’ del proprio tempo: «Alle famiglie chiediamo un contributo che potremmo definire in natura. Nel senso che chiediamo loro di darci una mano per lavorare in mensa, per le pulizie dell’istituto e del giardino, e per organizzare le manifestazioni». In particolare i cosiddetti «bazar», delle giornate prima di Pasqua e Natale d’incontro, atelier, presentazione della scuola e mercatini. «Venendo a mancare per via della pandemia tutte queste occasioni, ci è venuto a mancare parte dell’introito annuale».

Fuori da (quasi) ogni aiuto

Sangiorgio ha paragonato la scuola a un’azienda, poc’anzi. Ma come riconosce lui stesso è un paragone inopportuno, specie agli occhi dello Stato: «Non rientriamo in categorie industriali, commerciali o culturali, e quindi siamo fuori da tutti quegli ambiti per i quali sono stati previsti aiuti diretti, a esclusione del prestito con restituzione in relazione alla cifra d’affari. E non essendo una scuola pubblica non abbiamo nemmeno quel tipo di aiuti».

Da qui la decisione di lanciare la raccolta fondi online per ovviare a quanto è mancato, auspicando in tal modo di far capo anche alla rete in cui è inserita la scuola: «Questo ci permette di allargare il bacino d’utenza e di diminuire le cifre in gioco. Anche perché abbiamo notato che il ceto medio - che è quello che ci ha sempre dato di più - è a sua volta in difficoltà a livello di donazioni, dato il contesto di incertezza generale».

«Non siamo in ginocchio»

Tirando le somme, Sangiorgio conclude: «Non siamo in ginocchio, siamo in difficoltà come tanti. Ma sono sereno perché questa scuola ha passato momenti anche più difficili superandoli grazie alla solidarietà di poche persone. Stavolta vogliamo farlo chiedendo a più persone di essere solidali. È il modello solidale svizzero, in fondo: tante persone che donano piccole cifre».