Un dipinto conteso

Un salvataggio in corner dello Stato italiano che ha impedito la fuga all’estero di un prezioso quadro del Rinascimento lombardo, oppure un’intollerabile e tardiva ingerenza del Ministero della Cultura nei legittimi affari di un privato? È questo il quesito di fondo del caso che vede coinvolta una società con sede a Lugano dedita allo studio, alla valutazione, e alla valorizzazione di opere d’arte per collezionismo, investimento e vendita. Il dipinto in questione, comprato all’asta dalla società per poco più di duemila euro, è poi stato restaurato, facendo emergere un inedito dipinto del pittore Vincenzo Foppa (1427-1515), uno dei principali animatori del Rinascimento lombardo. Il suo valore ora è stimato fra i duecento e i trecentomila franchi. Stava per essere venduto all’asta, ma lo Stato italiano è intervenuto per bloccare tutto.
Le tappe della vicenda
Questa la vicenda, di cui negli scorsi giorni si è occupata anche la stampa italiana. La società luganese nel 2019 ha acquistato il dipinto - un ritratto su tavola di San Pietro attribuito a ignoto del XVII secolo - a un’asta tenuta dalla casa d’aste genovese Wannenes. Se lo è aggiudicato per 2.080 euro, a fronte di un piede d’asta di 800. La casa d’aste ha poi richiesto per conto della società svizzera l’attestato di libera circolazione (un documento necessario per esportare l’opera) che l’Ufficio della soprintendenza ai beni culturali di Genova ha concesso. La società di Lugano ha fatto restaurare l’opera in Italia e l’ha mandata a New York (dove peraltro si trova tuttora) per farla valutare dalla casa d’aste Christie’s, che l’ha attribuito a Vincenzo Foppa. Il suo valore ovviamente è lievitato e il dipinto era pronto per essere messo all’asta. A questo punto è intervenuto il Ministero della cultura (che è venuto a sapere dell’asta da un gruppo Facebook privato), annullando l’attestato di libera circolazione. La società di Lugano si è opposta, ma senza successo. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha infatti tutelato la decisione ministeriale, affermando che, trattandosi di due versioni a confronto, andava tutelata quella del Ministero perché «priva di illogicità ed irragionevolezza e come tale non sindacabile in sede giurisdizionale». Ministero che sostiene che - seppure in Italia le opere di Foppa siano numerose - questa si distingua per il suo valore storico e artistico.
Parla la società luganese
In tutto ciò la stampa italiana ha più volte parlato di tentata «beffa» allo Stato italiano. Una chiave di lettura non gradita alla società di Lugano, da noi contattata (abbiamo parlato con un loro incaricato): «Siamo stati dipinti come dei delinquenti, come quelli che hanno "sporcato" il quadro per ingannare. Ma non abbiamo ricoperto proprio nulla, quel quadro l’abbiamo acquistato così. Abbiamo sempre agito in buona fede». Quanto fatto dalla società luganese, spiega il nostro interlocutore, non è inaudito: si monitora il mercato, si tengono d’occhio le aste o le fiere antiquarie e si fiuta la scoperta, sperando che vada bene: «Dalla foto dell’asta era evidente che il quadro era stato ridipinto. Guardandolo abbiamo pensato che sotto ci potesse essere un’opera più antica. Noi questa volta abbiamo scoperto un Foppa, ma più spesso capita che lo si faccia pulire e si scopra che sotto non c’era nulla o quasi».
«Ora ci viene rimproverato di non aver dichiarato sull’attestato che era un dipinto di Foppa. Ma al momento di richiederlo non sapevamo assolutamente cosa avremmo trovato. Praticamente ci accusano di non aver dichiarato cose di cui non eravamo a conoscenza». E di averlo fatto in ritardo. Il Ministero ha infatti 18 mesi per ripensarci, e in questo caso sarebbe andato lungo, facendo però valere il valore eccezionale del dipinto per sanare il ritardo. La società sta ora valutando se impugnare o meno la sentenza: «In Italia non c’è certezza del diritto, della proprietà privata - lamenta il nostro interlocutore. - In questa vicenda stiamo subendo un danno incredibile, anche d’immagine». Un'opzione sarebbe vendere il Foppa allo Stato italiano, per un museo pubblico. «Non siamo per nulla contrari all’idea, ma ci aspettiamo che ci venga riconosciuto il suo vero valore, anche perché crediamo che la nostra scoperta debba essere premiata. Ma anche in quest’ambito in Italia non c’è certezza. Per contro in Francia la legge è invece chiara: il Governo può bloccare l’esportazione di un’opera, a patto però che la acquisti egli stesso al prezzo di vendita effettivo».