«Un evento atteso come il Natale»

«Ai miei amici non cacciatori dico sempre che aspettiamo queste settimane come i bambini aspettano il Natale». Sabato in Ticino prende il via la stagione della caccia alta e, come ci racconta il presidente della Società cacciatori Pairolo Massimiliano Galli, per quasi 2 mila appassionati è arrivato il ‘‘vero’’ Natale. Un rituale immancabile: «Le settimane della caccia alta sono le uniche vacanze fisse che prendo ogni anno. Ai conoscenti dico scerzando: ‘‘Non sposatevi in quel periodo, altrimenti non potrò essere presente al matrimonio’’».
Una realtà complessa
Insomma, un vero proprio evento, forse difficile da capire per chi non lo vive in prima persona ogni anno, ma che sicuramente non s’improvvisa: «Va detto che già in primavera, ancor prima che ricrescano le foglie sugli alberi, con le nostre società ci attiviamo per preparare la stagione venatoria», prosegue Galli. E tra queste attività, «oltre a verificare che tutto sia in regola e mettere a posto le nostre postazioni, ci sono le giornate di recupero e mantenimento dell’habitat. Momenti durante i quali, ad esempio, c’è chi si occupa della pulizia dei boschi, chi della cura dei pascoli o chi del recupero dei biotopi». Un aspetto di questa disciplina che il nostro interlocutore ci fa notare sin da subito. E questo perché vuole rovesciare lo stereotipo, classico, del cacciatore che rovina e uccide la natura: «Il cacciatore è sempre visto unicamente come colui che spara all’animale». Ma la realtà è più complessa e il cacciatore è anche «qualcuno che ama la natura, che vive la sua passione stando in mezzo alla natura, in montagna. E quindi ha a cuore il territorio e chi lo abita». Non a caso, proprio tra le sfide future per il mondo della caccia, Galli cita «l’importanza di riuscire a trasmettere il messaggio, specialmente a chi non conosce questo mondo, che le nostre azioni non saranno mai atte a rovinare il territorio». Le giornate di mantenimento dell’habitat, ci fa notare a titolo di esempio, «vanno ad aiutare anche specie non cacciabili». «Ci teniamo ad avere una natura bella, è dove amiamo passare il nostro tempo». Una sfida, aggiungiamo noi, certo non facile. E che si è fatta più difficile, spiega ancora Galli, dal fenomeno dell’urbanizzazione: «Molte persone che vivono in periferia conoscono personalmente il cacciatore. E lo conoscono come membro attivo della società: ci sono medici, avvocati, impiegati di banca, che sono anche cacciatori. Al contrario, chi vive in città vede il cacciatore come qualcuno di completamente estraneo».


Questione di equilibrio
Un ultimo punto che tiene a precisare Galli riguarda l’approccio scientifico della caccia ‘‘moderna’’: «Oggi, rispetto al passato, la gestione venatoria viene fatta in maniera molto più scientifica. Un tempo si andava e si cacciava ciò che si trovava. Oggi vengono fatte le analisi delle popolazioni e poi, per avere il giusto equilibrio, si interviene in modo mirato. È un vero e proprio cambio d’approccio». Un cambiamento che negli ultimi anni è stato favorito dalle nuove generazioni, «molto più attente alla questione ambientale rispetto a quelle precedenti». Nuove generazioni che, nonostante il calo complessivo del numero di cacciatori (si veda il box a lato), non mancano: «Diversi nuovi giovani motivati ci sono. Quest’anno ne sono arrivati una novantina». E in questo senso Galli, concludendo, ringrazia la Federazione cacciatori ticinesi (FCTI) per il lavoro di sensibilizzazione svolto negli ultimi anni: «Con la formazione dei giovani è stato fatto un lavoro enorme», non solo in termini di sensibilità ambientale attraverso la promozione delle giornate di mantenimento dell’habitat, «ma pure della sicurezza, tramite il tiro obbligatorio che viene effettuato regolarmente».