Un lutto difficile da superare non attenua la truffa aggravata
Un trauma di quelli difficili da superare, anche se sono passati più di dieci anni. Ma anche – sul fronte dei reati commessi – una truffa aggravata ai danni delle assicurazioni sociali e un tentativo di ingannare le autorità al fine di ottenere il permesso C. Sono questi, in estrema sintesi, i due lati della vicenda che è approdata quest'oggi davanti alla Corte delle assise correzionali presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti. Alla sbarra, difesa dall’avvocato Massimo Quadri, una 44.enne italiana – attiva professionalmente nel Mendrisiotto – che è stata condannata a 180 aliquote da 30 franchi l’una, pena sospesa per un periodo di prova di due anni. Il tutto ha inizio tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 quando il padre dell’imputata si sottopone a un intervento chirurgico «di routine» a Zurigo; ma dalla città sulla Limmat, in realtà non farà mai rientro. Un lutto troppo forte che porta la figlia e la moglie dell’uomo a decidere di lasciare l’appartamento di Chiasso per andare a vivere in Italia. Restano attive, però, le prestazioni complementari e la riduzione dei premi dell’assicurazione malattia. E lo rimarranno sino al 2018. Secondo quanto ricostruito dalla procuratrice pubblica Caterina Jaquinta Defilippi – la quale ha ereditato l’incarto da Francesca Piffaretti-Lanz – la 44.enne, in quel lasso di tempo, ha di fatto ottenuto indebitamente poco più di 130.000 franchi.
A ciò si aggiunge quanto fatto nel dicembre del 2017, ovvero l’aver fatto figurare l’appartamento di Chiasso quale luogo di residenza per ottenere il permesso C. Durante la requisitoria la procuratrice pubblica Jaquinta Defilippi – la quale ha chiesto una pena di un anno di detenzione sospesa condizionalmente e l’espulsione dalla Svizzera per cinque – ha spiegato che la truffa si è protratta per 6 anni ed è stata interrotta solo da gli inquirenti. Accusa che, allo stesso tempo, ha riconosciuto le ammissioni dell’imputata e la violazione del principio di celerità. La difesa, dal canto suo, si è battuta per una pena massima ridotta a 8 mesi sospesi e nessuna espulsione.
La presidente della Corte, come detto, ha deciso per una pena pecuniaria applicando «la legge più favorevole» all’imputata, ovvero quella in vigore all’inizio della truffa. «La sua situazione (riferendosi al lutto, ndr.) colpisce – ha spiegato la giudice – ciò non di meno sapeva di delinquere». Senza dimenticare che «ha messo in atto un castello di bugie» che è crollato grazie agli inquirenti e ai loro approfondimenti (l’appartamento non era «vissuto» come accertato anche dai contatori dell’elettricità). Corte che, infine, ha riconosciuto la violazione del principio di celerità (i primi verbali d’inchiesta risalgono al 2018) e non ha ordinato, «eccezionalmente», l’espulsione.