L'intervista

Un pedaggio al San Gottardo? «Sì, ma occhio all'effetto boomerang»

Con Stefano Dias, presidente dei Verdi liberali ticinesi, analizziamo l'idea della consigliera nazionale Corina Gredig: «Bisognerebbe evitare che, poi, gli automobilisti scelgano l'alternativa del San Bernardino»
© KEYSTONE / URS FLUEELER
Marcello Pelizzari
22.04.2023 15:00

L'idea di introdurre un pedaggio al San Gottardo, era inevitabile, sta facendo parecchio discutere. A lanciare la bomba, in questo senso, è stata la consigliera nazionale in quota Verdi liberali Corina Gredig. Venti franchi a passaggio, con eccezioni per imprese e residenti urani e ticinesi, per tacere della logica legata all'utilizzo o, se preferite, al cosiddetto road pricing: maggiore è il traffico, più costoso sarà l’attraversamento del tunnel. Per capirne di più ci siamo rivolti a Stefano Dias, presidente dei Verdi liberali Ticino.

Innanzitutto, i Verdi liberali ticinesi erano a conoscenza di questa idea? Corina Gredig ve ne aveva parlato?
«Non tutti, internamente, sapevano dell'idea. Avevamo sentito qualcosa, al riguardo, mentre chi ha più contatti con Berna in effetti aveva avuto delle anticipazioni. A livello di mobilità, noi Verdi liberali sappiamo che il problema è grave. E sappiamo che è meglio cercare di trovare soluzioni incentivanti piuttosto che impedire lo spostamento delle persone tout court. Questa proposta, non ancora pronta formalmente ma di certo interessante, va proprio nella direzione auspicata. Soprattutto perché si farebbe sentire nei momenti in cui il traffico raggiunge il picco. A patto, come abbiamo detto nel nostro comunicato, di agevolare i cittadini ticinesi e urani, oltre alle imprese».

L'ultimo, vero serpentone al Gottardo, in occasione delle vacanze pasquali, aveva avuto anche un fuori programma: l'invasione di campo dei manifestanti di Renovate Switzerland. Un fuori programma che, pare di capire, voi Verdi liberali non avevate gradito granché. Come mai?
«Le azioni come quella di Renovate Switzerland al portale Nord, ne abbiamo discusso internamente, non ci piacciono. I manifestanti, a giusta ragione, sono preoccupati per la crisi climatica. Come lo siamo tutti, visto che è un'emergenza concreta e reale. Tuttavia, il rischio è quello di sortire l'effetto contrario. E di favorire la polarizzazione dell'opinione pubblica. Questo è il momento di compattarsi e di andare avanti uniti, pensando anche alla votazione della legge sul clima il prossimo giugno, non di mettere in piedi azioni scomposte. Perché poi, appunto, i messaggi da portare avanti si bloccano».

Le colonne sono inevitabili?
«Le colonne sono lì. E, come dicevo, sono un problema. Anche per il contorno. Penso al Canton Uri, alla Leventina e, a cascata, l'intero Ticino. Il flusso di traffico al Gottardo, spesso, ha un impatto anche sulle strade del nostro territorio. Finché non diventa problematico circolare».

Si parla dell'imbrattamento delle opere d'arte, o come in questo caso del fatto di aver bloccato l'accesso al tunnel autostradale. Noi, ai responsabili di questi movimenti, chiediamo piuttosto di organizzare conferenze, workshop e via discorrendo, di avere un approccio più comunicativo e informativo

Chiudendo il discorso Renovate Switzerland, il problema quindi è che queste azioni fanno passare in secondo piano o, addirittura, scomparire il messaggio?
«Sì, è come se si perdesse il senso della protesta. Ci si concentra sull'azione e ci si scorda del messaggio. Si parla dell'imbrattamento delle opere d'arte, o come in questo caso del fatto di aver bloccato l'accesso al tunnel autostradale. Noi, ai responsabili di questi movimenti, chiediamo piuttosto di organizzare conferenze, workshop e via discorrendo, di avere un approccio più comunicativo e informativo. Bloccare un'autostrada indubbiamente fa notizia, ma poi? Poi restano le frustrazioni degli automobilisti».

A proposito di automobilisti, a vari attori – come il Touring Club Svizzero – chiediamo spesso che cosa spinga, anno dopo anno, colonna dopo colonna, i turisti a prendere sempre e comunque la strada del San Gottardo. E le alternative? E l'auspicato cambio di abitudini?
«Il punto sono proprio le abitudini. Veniamo da anni e anni di modi di fare, diciamo, consolidati. Tant'è che, spesso, si sente la frase: perché cambiare, dal momento che si è sempre fatto così? Credo che la politica, su questo aspetto, dovrebbe e potrebbe fare di più. Il cambio di abitudini non deve far paura, al contrario andrebbe affrontato e spiegato. Non è questione, solo, di puntare sul treno o altri mezzi di spostamento. È questione di comunicare. E di far capire che nessuno vuole impedire alle persone di organizzarsi come meglio credono per le vacanze, che restano sacrosante. Il potenziamento del trasporto pubblico, non a caso, è un tema caldo. Ma partirei proprio dalle abitudini».

Il Canton Uri, rimanendo sull'attualità, propone invece un sistema di prenotazione per i passaggi. Che ne pensa Stefano Dias?
«È una proposta. E va studiata, a maggior ragione se tecnicamente si rivelasse valida. Personalmente, non so quanto sia attuabile. Ma tutto ciò che viene messo sul tavolo, fronte gestione del traffico al San Gottardo, è utile. Quello che dovremmo evitare, tutti, è di castrare a priori un'idea. Bloccando di riflesso la discussione. Come Verdi liberali riteniamo che l'introduzione del pedaggio sia più fattibile, anche sul piano costituzionale. Ma pedaggio e prenotazione potrebbero integrarsi e formare un unico sistema. L'importante, ripeto, è dare sollievo all'A2».

L'idea di introdurre un pedaggio al San Gottardo potrebbe spingere alcuni automobilisti a prediligere l'alternativa del San Bernardino, non a caso il consigliere nazionale Simon Stadler (Centro) ha detto che delle misure andrebbero intraprese proprio per evitare un simile scenario. Ma come?
«È la prima cosa che ho pensato leggendo l'idea di Corina Gredig. Se introduciamo il pedaggio, poi molte persone intaseranno le strade secondarie o sfrutteranno il San Bernardino. Che, lo sappiamo bene noi ticinesi, rappresenta la prima alternativa nei momenti di maggior traffico al Gottardo. Servirà, è chiaro, un coordinamento. E forse all'equazione dovremmo aggiungere il Grigioni e, in parte, il Vallese. Guai se si verificassero storture. Penso ad esempio a chi, in Ticino, non volendo pagare la vignetta finisce per intasare le strade cantonali. L'effetto boomerang va assolutamente evitato».

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