“Un posto perfetto per chi ha più di 40 anni”

LUGANO - «Lugano è una città grande il doppio del cimitero di Napoli, ma in cui ci si diverte la metà». Così Luciano De Crescenzo ha sintetizzato il pensiero di molti giovani, convinti che Lugano sia «una città per vecchi». Ne abbiamo parlato con Silvia Passardi. Vent'anni («quasi ventuno», puntualizza) e da tre semestri a Zurigo per studiare geografia e scienze ambientali. Un punto di vista interessante proprio perché basato sull'esperienza di una giovane che da un po' osserva la sua terra da un'angolazione diversa. Recentemente ha trascorso un periodo sul confine serbo come volontaria in un campo profughi e questo ci ha permesso di affrontare anche temi attuali come la xenofobia. Senza tralasciare un altro aspetto caro ai giovani: la mobilità. La sua intervista è la settima della serie «Idee per la città» e segue quelle a Walter Marzini (28 gennaio), Andrea Bellomo (5 febbraio), Giorgio Zürcher (10 febbraio), Roberto Mazzantini (17 febbraio) e Laura Bottani-Villa (25 febbraio).Silvia Passardi, trasferendosi a Zurigo ha avuto l'impressione che Lugano sia diventata un po' più piccola?«Ora che vivo a Zurigo noto una grande differenza tra questa realtà e il Ticino. Lugano è davvero una piccola cittadina se paragonata a Zurigo, che non è comunque una città enorme. Le maggiori differenze riguardano la mobilità. Questo è uno dei problemi principali da noi. Spostarsi senz'auto in Ticino e a Lugano, soprattutto se si abita in periferia, è complicato, richiede organizzazione e tempo. A Zurigo invece in qualsiasi ora del giorno e della notte ci si può spostare senza problemi grazie all'ottima rete dei trasporti pubblici. Il sistema ticinese richiede continui cambi di mezzi e attese. A Zurigo invece si esce di casa e, senza neppure bisogno di consultare l'orario, c'è subito un trasporto a disposizione».
C'è comunque il progetto di riportare il tram in città. Cosa ne pensa? Siamo in ritardo rispetto al resto della Svizzera?«Il tram risolverebbe molti problemi di traffico, anche sull'asse tra Manno, dove sono cresciuta, e Ponte Tresa. Il tram però non andrà visto come l'unica componente del progetto, ma come parte di un sistema complesso comprendente anche il sistema di posteggi. In Ticino, avendo geograficamente una struttura che non rende possibile collegare facilmente tutti i luoghi, l'auto continuerà ad avere un ruolo importante, ma idealmente potrebbe essere utilizzata solo per raggiungere i park&ride e poi prendere i mezzi pubblici».
Lei si sposta anche in bici elettrica, giusto?«Talvolta, ma purtroppo ogni volta che si sale su una bicicletta in Ticino ci si assume qualche rischio e si affrontano pericoli. Le piste ciclabili sono ancora poche e gli automobilisti non sono molto abituati a condividere la strada con i ciclisti. Bisogna sviluppare la mobilità lenta e renderla più sicura».
L'offerta culturale è invece all'altezza?«Mi sembra sia buona, soprattutto grazie al motore culturale del LAC. Purtroppo però viene un po' trascurata la fetta giovanile della popolazione. Per noi l'offerta è ridotta. Ieri sera, per esempio, ero con amici in città e ci siamo chiesti cosa fare. Se d'inverno si vuole stare in un posto al caldo ci sono veramente poche possibilità. Ci sono un paio di bar e il cinema è abbastanza caro. Mancano spazi veramente adatti ai giovani. D'estate le offerte sono sicuramente migliori: ci sono concerti, la città è più viva e le temperature permettono di stare più volentieri all'esterno. Ma, appunto, non c'è solo l'estate. E resta irrisolta la questione del centro sociale, l'ex Molino».
Ha parlato del centro sociale all'ex macello. Che cosa ne pensa?«Credo sia importante che ci sia uno spazio come il Molino e ritengo debba essere in un posto accessibile, anche con i mezzi pubblici. Non si può pensare di trasferirlo in fondo a una valle per fare in modo che non dia fastidio a nessuno. Posso capire che per la città quel terreno abbia un grande valore e che possa essere sfruttato maggiormente, ma d'altra parte i giovani hanno anche bisogno di spazi in cui gestirsi e organizzarsi autonomamente. Se si vuole dare vita a Lugano si può anche considerare un centro giovanile come un valore aggiunto. Lugano è probabilmente un ottimo luogo di vita per la popolazione svizzera tra i 40 e gli 80 anni. Dobbiamo però pensare anche a chi non fa parte di questo gruppo sociale».
Se avesse una bacchetta magica quale sarebbe la prima cosa che farebbe (copiandola magari da altre città) per rendere Lugano più piacevole per i giovani?«Permetterei ai bar di restare aperti qualche ora in più al venerdì e al sabato sera, migliorerei l'offerta di trasporti pubblici, in particolare durante la fascia oraria serale e notturna, e lascerei più spazi in gestione ai giovani per l'organizzazione di eventi».
Zurigo è una città di banche, perfino più di Lugano. Da noi però la contrazione del settore finanziario ha portato a una contrazione delle finanze comunali che, in un certo senso, ha travolto la città stessa. Che cosa ne pensa?«Forse a Lugano si è fatto troppo affidamento su di esso. Lugano si è sviluppata prevalentemente in relazione alle banche e trascurando altri aspetti. Zurigo ha potuto beneficiare invece di una maggiore diversificazione economica. Ho l'impressione che in Svizzera tedesca ci sia un modo di pensare un po' più ampio, che considera maggiormente certi aspetti sociali. Ad esempio penso ci siano più possibilità di combinare un'attività lavorativa con le necessità famigliari o con una successiva formazione».
Dalla crisi delle banche dunque Lugano uscirà rinnovata e rafforzata?«Se pensiamo che ogni crisi è occasione di crescita, si può pensare che questa situazione ci porterà ad avere nuove visioni e a puntare su nuovi aspetti, ad esempio si potrebbe sfruttare la nostra posizione geografica tra Zurigo e Milano per l'organizzazione di grandi eventi sportivi o culturali».
Siamo davvero malvisti in Svizzera tedesca?«Ci sono molti stereotipi sui ticinesi e comunque anche noi non sempre diamo un'immagine positiva all'esterno. Ma, e l'ho constatato personalmente, possiamo far cambiare questa opinione alle persone».
Su molti temi, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con l'estero, siamo più chiusi di loro?«Ho questa impressione. Noto chiusura verso gli stranieri in Ticino, chiusura verso la Svizzera interna, verso l'Italia e con il resto dell'Europa in generale. Ritengo che i problemi vadano risolti assieme. La nostra piccola regione non ha abbastanza competenze e risorse per cavarsela da sola. Dobbiamo, essendo parte della Svizzera e dell'Europa (almeno geograficamente) contribuire alla risoluzione dei problemi. Mi riferisco ad esempio al problema della migrazione. Inviare i richiedenti l'asilo in cima alle valli non favorisce l'integrazione, che è necessaria trasversalmente nella nostra società».
E la politica ha le sue responsabilità in questa situazione?«La politica è responsabile dei messaggi che arrivano alla popolazione. Se la politica manda messaggi di intolleranza o di superiorità di noi ticinesi se ne deve assumere le conseguenze. Non dobbiamo però dimenticarci che ogni singola azione influisce sul corso degli eventi: ognuno dovrebbe riflettere sulle potenziali conseguenze delle proprie azioni e del peso delle parole che usa. Invocare la presunta superiorità di noi ticinesi, per la nostra società, è un grosso errore».
Una volta finiti gli studi ha intenzione di tornare a Lugano o pensa di cambiare città?«Dopo gli studi mi piacerebbe fare un'esperienza arricchente all'estero o comunque in Svizzera interna. Ma penso che prima o poi tornerò in Ticino. Malgrado tutti i piccoli o grandi problemi descritti, il nostro cantone mi piace, sono affezionata ai nostri luoghi e credo che il Ticino abbia delle potenzialità. Spero che la mia generazione sarà in grado di svilupparle».
A Lugano i giovani sono propositivi per avere una città più aperta e dinamica? È questa la domanda del nostro sondaggio su www.cdt.ch. Votate e fateci sapere come la pensate scrivendo a [email protected] (massimo 1.000 caratteri spazi inclusi). Le vostre impressioni verranno pubblicate sul sito.