Una banca luganese andrà a processo a Milano

Nell’estate 2022 aveva fatto un certo scalpore la volontà della Procura di Milano di interdire l’operatività in Italia di due banche svizzere per un sospetto sistema di riciclaggio messo in atto da due dirigenti delle rispettive filiali luganesi, imparentati tra loro. Si trattava infatti di una richiesta inaudita e vi era curiosità, e timore, fra gli addetti ai lavori per capire se sarebbe stata accolta. Da allora sono passati tre anni. Tre anni in cui il procedimento penale è proseguito piuttosto sotto traccia, ma non si è fermato, tanto che sembra tutto pronto per andare a processo a Milano. In aula compariranno, per rispondere dell’ipotesi di reato di riciclaggio, i due ex dirigenti (che non lavorano più per i rispettivi istituti finanziari) e una delle due banche. L’altra ha nel frattempo patteggiato. E la richiesta d’interdizione a operare in Italia? Non c’è più.
Com’è nata l’inchiesta
Le due banche coinvolte erano la Banque Cramer & Cie e la banca Reyl & Cie (dopo i fatti confluita nel gruppo Intesa Sanpaolo). Alla prima erano stati sequestrati 22,4 milioni di euro e 1,5 milioni di dollari, alla seconda 1,1 milioni di euro. I fatti risalgono al periodo 2010-2018 e l’inchiesta aveva preso le mosse dall’arresto di un commercialista italiano - già titolare anche di società in Ticino - con l’accusa di aver riciclato «più di cento milioni di euro». L’uomo - nel frattempo condannato in via definitiva a sei anni di carcere nel 2021 - era un esperto di frode fiscale e riciclaggio (aveva anche scritto libri sul tema e articoli su riviste di settore). Conoscenze che aveva però usato per delinquere: aveva messo in piedi una serie di società con sede in varie nazioni (fra cui Belize, Cipro, Mauritius e Hong Kong) da cui far transitare il denaro «nero» affidatogli da clienti italiani al fine di ripulirlo. Il professionista, nell’inchiesta a suo carico, aveva detto agli inquirenti che i suoi servizi erano stati richiesti anche dalla Cramer e dalla Reyl (per la precisione dai due ex dirigenti). Ha anche detto che non doveva dare l’impressione di agire per conto delle due banche. Ed è questo che la procura milanese contestava alle due banche: l’aver messo in piedi un «collaudato sistema di riciclaggio di denaro proveniente da frodi fiscali.
Cosa ne dicono i tribunali
Questa ipotesi di reato, col passare del tempo, non è mutata. La Corte di Cassazione - grossomodo l’equivalente del nostro Tribunale federale - si è espressa nel frattempo in alcune occasioni sul tema, e l’ultima volta con una sentenza pubblicata pochi giorni fa. In una decisione aveva confermato la bontà del sequestro operato ai danni della Cramer, pari alla somma totale che si ritiene sia stata riciclata; in quella più recente ha invece confermato la competenza territoriale del tribunale di Milano. La banca aveva infatti provato ad argomentare che si sarebbe semmai dovuto istruire il caso in Svizzera, ma la Cassazione ha respinto tale ipotesi: «Come si ricava con sicurezza dalla struttura del capo di imputazione, la condotta di riciclaggio veniva compiuta non solo mediante movimentazioni del denaro di provenienza illecita agite all’estero, ma anche attraverso il trasferimento del contante in Italia. Tale ultimo frammento della condotta riciclatoria è sicuramente idoneo a radicare la giurisdizione italiana». Questo invece il motivo per cui è stato ritenuto competente il Tribunale di Milano: «La condotta dissimulatoria è stata agita non solo attraverso il trasferimento delle somme provento di reato all’estero, ma anche attraverso il trasferimento e la consegna – da considerarsi anch’essa funzionale alla dissimulazione - del denaro contante oggetto dei precedenti trasferimenti e avvenuta a Milano».
Il patteggiamento
In tutto ciò, si apprende dai bilanci e resoconti del Gruppo Intesa Sanpaolo, la Reyl è intanto uscita dal processo: «All’udienza del 3 luglio 2024 - si legge - la banca, nell’ottica di evitare un lungo contenzioso e senza alcun riconoscimento di responsabilità in ordine ai fatti contestati, ha depositato istanza per l’applicazione di una pena pecuniaria, che ha ottenuto il parere favorevole del Pubblico Ministero. Con sentenza del 13 marzo 2025 il GIP del Tribunale di Milano, in accoglimento dell’istanza di patteggiamento, ha applicato una sanzione pecuniaria pari a 267 mila euro e disposto la confisca di 723 mila euro. Contestualmente il giudice ha disposto il dissequestro di 1,1 milioni di euro in precedenza sequestrati a Reyl & Cie».
«Contestiamo con vigore»
Resta invece coinvolta la banca Cramer. Da noi contattato, il CFO Jérôme Savioz ha affermato che l’istituto finanziario «continua a contestare con vigore e determinazione le accuse della Procura, e respinge qualsiasi atto e coinvolgimento non consono alle norme. Si contestano soprattutto posizioni e dichiarazioni erronee della Procura, che inoltre contraddicono, secondo i nostri avvocati italiani, la giurisprudenza». Scongiurata, per contro, la possibilità che le sia interdetto di operare. Spiega infatti Savioz: «Per quanto riguarda la conformità in Italia, la Banca ha adottato un modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del decreto legislativo 231/2001. Il procuratore di Milano ha già preso atto nel 2023 dell’adozione del modello organizzativo e ha quindi chiuso questo punto».