Il convegno

«Una guerra senza giustificazioni, l'inizio di un altro mondo»

A Lugano il confronto tra l'ex ambasciatore italiano a Mosca Giancarlo Aragona e il giornalista Antonio Caprarica
© CdT/Chiara Zocchetti
Dario Campione
16.03.2022 22:40

Una guerra senza apparente giustificazione. L’inizio - traumatico e violento - di un «altro mondo». L’invasione russa dell’Ucraina pone interrogativi giganteschi, sui quali si affannano esperti, politologi, analisti. Predire il futuro non è mai stato un esercizio facile, ma il cambio di prospettiva ingenerato dai carri armati di Vladimir Putin ha veramente lasciato tutti senza parole.

Questa sera, a Lugano, in un convegno organizzato da Fidinam, hanno provato a dare qualche risposta l’ex ambasciatore italiano a Mosca, Giancarlo Aragona e il giornalista Antonio Caprarica, corrispondente della RAI prima dalla capitale russa, poi per molti anni da Londra.

Il dialogo tra Aragona e Caprarica, introdotto brevemente dal CEO di Fidinam Roberto Grassi, ha offerto alcune interessanti chiavi di lettura.

«Ogni crisi ha una sua causa remota e altre più prossime - ha detto l’ex diplomatico italiano - e anche questa folle avventura nel cuore dell’Europa ha alimentato un dibattito che tenta di individuarne le ragioni. Ma l’aggressione russa è una frattura inspiegabile del “continuum” iniziato con la caduta del muro di Berlino e la fine dell’URSS. Non una tappa di un processo storico-politico, piuttosto la violenta rottura del modo di concepire le relazioni tra Stati che si era affermato in Europa da decenni». I tentativi di Vladimir Putin di giustificare l’intervento armato con la necessità di impedire all’Ucraina l’ingresso nella NATO non hanno senso perché, ha detto Aragona, «questa eventualità non è mai stata in agenda». Vero è che dal 2008, dopo cioè il congresso di Bucarest dell’Alleanza Atlantica, se n’è parlato. «Ma non c’era un innesco che potesse giustificare la guerra».

E allora, perché?, ha insistito Caprarica. Forse perché «la libertà dei popoli vicini è la minaccia più seria per l’autocrate di San Pietroburgo»?

La Russia, ha risposto Aragona, «è stata a lungo una “democrazia amministrata” ma è diventata ormai un regime autoritario. Il timore dell’accerchiamento democratico è possibile, ma forse nella psicologia di Putin e del gruppo dirigente moscovita è più forte la paura che il “contagio democratico” produca una attenuazione delle caratteristiche fondanti della cultura russa». Insomma, la democrazia può sì «minare la struttura del potere ma anche la base dei valori che sorreggono il sistema». Una cosa è certa: di fronte alla rinnovata aggressività russa, l’Occidente ha più problemi da risolvere. «L’idea di andare in guerra contro Mosca non trova corso nelle opinioni pubbliche americana ed europee - ha detto Aragona - il sostegno militare dell’Ucraina non può essere diverso da quello attuale, pure molto significativo. Sicuramente non si supererà il limite oltre il quale potrebbe esserci una vera e propria escalation. Una cosa, tuttavia, dovremo farla: rafforzare il dispositivo di deterrenza della NATO. Per rassicurare gli alleati e lanciare un messaggio chiaro a Putin». E all’obiezione di Caprarica sul fatto che «così si perderà l’Ucraina», l’ambasciatore ha replicato con realismo: «In senso tecnico, l’Occidente non ha mai avuto l’Ucraina, che non era nella NATO né nella UE. Il nostro sostegno nasce perché tutela della sovranità e integrità territoriale sono valori irrinunciabili, ma anche perché non possiamo tollerare l’alterazione degli equilibri geopolitici con azioni di guerra. Non so se perderemo l’Ucraina, ma è evidente che un compromesso alla fine potrà esserci soltanto se Kiev accetterà una sovranità vulnerata. Attenzione, però: dovranno essere gli ucraini a decidere sulla propria neutralità. Sarebbe devastante se Europa e Stati Uniti imponessero all’Ucraina di accettare» una pace forzata.

In questo articolo: