Fisco

Una mano contro l'inflazione

Il Governo, rispondendo a un’interrogazione del gruppo UDC in Parlamento, conferma: per combattere gli effetti della cosiddetta «progressione a freddo», nel 2024 si interverrà con degli adeguamenti sulle aliquote – Vitta: «I contribuenti non subiranno alcun aggravio fiscale»
©Chiara Zocchetti
Giona Carcano
24.03.2023 06:00

La guerra in Ucraina, la carenza di materie prime e la crisi energetica hanno spinto al rialzo i prezzi al consumo. L’inflazione ha avuto e sta tuttora avendo un impatto diretto sul potere d’acquisto della popolazione, che si traduce anche nella cosiddetta «progressione a freddo». Un effetto che si verifica quando l’aumento nominale dei redditi dovuto all’adeguamento dei salari al rincaro ha l’effetto di far passare i contribuenti in fasce di reddito superiori, sebbene essi non diventino più ricchi in termini reali. Il contribuente, di conseguenza, deve sopportare un maggior onere fiscale, anche se il suo potere di acquisto resta invariato. 

«Inferiore all’1%»

È su queste basi che il gruppo UDC in Parlamento (primo firmatario: Tiziano Galeazzi) ha depositato l’estate scorsa un’interrogazione che chiedeva al Consiglio di Stato se intendesse agire (come peraltro previsto dalla Legge tributaria) per limitare gli effetti della progressione a freddo tramite «un adeguamento sull’aliquota fiscale per il 2023 sul periodo fiscale 2022». Il Governo, nella sua risposta formulata mercoledì, tiene innanzitutto a precisare che «il dato di riferimento che fa scattare l’adeguamento delle aliquote e delle deduzioni è l’indice nazionale dei prezzi al consumo (IPC) al 31 dicembre di un anno prima dell’inizio del periodo fiscale», e che «il meccanismo che compensa gli effetti della progressione a freddo» scatta quando la crescita dell’IPC raggiunge l’1% rispetto all’ultimo adeguamento (avvenuto nel 2010). Nel merito dell’interrogazione, quindi, l’Esecutivo spiega che «per le aliquote e le deduzioni fiscali del periodo fiscale 2023, a far stato era l’indice al 31 dicembre 2021. Considerato che in quella data il tasso di crescita dell’IPC era negativo (-0.4 punti percentuali) e quindi inferiore all’1% rispetto al 2010 (valore di riferimento), per il periodo fiscale 2023 non si è proceduto ad alcun adeguamento degli effetti della progressione a freddo». Le cose, però, cambieranno l’anno prossimo. Sì, perché nel frattempo l’indice dei prezzi al consumo è aumentato (dato al 31 dicembre 2022) del 2,5% rispetto al valore di riferimento. Tradotto, «gli scaglioni delle aliquote dell’imposta sul reddito e le relative deduzioni saranno adeguate agli effetti della progressione a freddo», conferma il Consiglio di Stato nella sua risposta. Buone notizie dunque per il contribuente.

La correzione al rialzo

Ma come si applica e come si tradurrà, nel concreto, l’adeguamento fiscale per il periodo 2024? Abbiamo chiesto a Christian Vitta, direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia, alcuni chiarimenti. «La compensazione degli effetti della progressione a freddo avviene mediante correzione al rialzo della scala delle aliquote dell’imposta cantonale sul reddito delle persone fisiche così come, in alcuni Cantoni tra cui il Ticino, un aumento degli importi deducibili», spiega. Ad esempio, prosegue il consigliere di Stato, «la prima fascia di reddito imponibile alla quale applicare l’aliquota minima dell’imposta sul reddito passerà da 12.000 a 12.300 franchi per le persone sole e da 19.600 a 20.100 franchi per i coniugati. Alla stessa stregua, anche le varie deduzioni saranno indicizzate. Le deduzioni per oneri assicurativi (cassa malati) passeranno quindi da un massimo di 10.500 franchi a 10.700, quelle per figli a carico da 11.100 a 11.400 franchi e quelle per figli agli studi fuori Cantone da 13.400 a 13.700 franchi». Di conseguenza, sottolinea ancora Vitta, «questi aggiustamenti permetteranno ai contribuenti di non subire alcun aggravio fiscale in termini reali rispetto alla situazione attuale».

Si lavora alla riforma fiscale

Facciamo un altro esempio pratico: cosa cambia per un contribuente che percepiva uno stipendio lordo annuo di 100.000 franchi, adeguato nel 2023 a 102.500 franchi annui dopo il riconoscimento del rincaro del 2,5%? «Ipotizzando che il contribuente sia coniugato e faccia valere deduzioni per complessivi 35.000 franchi, in assenza di compensazione degli effetti della progressione a freddo il suo reddito imponibile passerebbe da 65.000 franchi a 67.500 franchi», la premessa di Vitta. «Sebbene il suo potere d’acquisto sia rimasto invariato in termini reali, il contribuente subirebbe un aggravio fiscale in quanto – per effetto della progressione delle aliquote – il suo onere fiscale passerebbe dal 4.39% al 4.61%. Per contro, grazie al meccanismo di compensazione degli effetti della progressione a freddo, il contribuente non subirà alcun aggravio fiscale in termini reali in quanto il suo reddito – benché maggiorato - sarà tassato alla medesima aliquota con il quale era tassato in precedenza (4.39%)». E guardando al futuro? Vitta conferma: «Si sta lavorando alla riforma fiscale preannunciata che potrebbe ad esempio andare a migliorare l’imposizione per chi preleva il capitale previdenziale e l’ambito legato alle successioni e donazioni, oltre al tema delle aliquote». Ma questa è musica del futuro.