Processo

«Una relazione malata, un ruolo educativo tradito»

Condannato un educatore che ha avuto rapporti completi, per quasi un anno, con una minorenne ospite in una struttura protetta – Da un lato la vittima «fragile e affamata d’affetto»; dall’altro lui che «ha approfittato della sua posizione»
©Chiara Zocchetti
Stefano Lippmann
18.11.2025 20:10

Determinate situazioni – per principio e per legge – non dovrebbero mai verificarsi. È ancora più grave quando accadono all’interno di strutture protette, dove risiedono persone che stanno vivendo momenti di fragilità. Ed è proprio in questo contesto che si inserisce la vicenda approdata quest'oggi davanti alla Corte delle Assise correzionali. Alla sbarra è comparso un educatore 30.enne che ha avuto rapporti sessuali con una (allora) minorenne ospite, appunto, di una struttura protetta. L’uomo – sostanzialmente reo confesso e difeso dall’avvocato Luca Bernasconi – è stato ritenuto colpevole di ripetuti atti sessuali con fanciulli, ripetuta pornografia nonché ripetuta violazione del dovere d’assistenza o educazione. Il presidente della Corte Marco Villa ha inflitto una pena di 22 mesi di carcere (sospesi per un periodo di prova di due anni), nonché il divieto di avvicinamento alla vittima e, altresì, il divieto di svolgere attività professionali che possano avere contatto regolare con minorenni.

«Un passato difficile»

Dall’inchiesta coordinata dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo è emerso che tra l’imputato e la vittima vi siano stati almeno una cinquantina di rapporti completi tra l’ottobre del 2020 e l’agosto del 2021. Rapporti, si legge nell’atto d’accusa, che avvenivano quando il 30.enne era impiegato nel turno notturno o in quello del fine settimana. Ciò che è successo – ha premesso la procuratrice pubblica durante l’arringa – è stato vissuto «con sentimenti apparentemente sinceri. Ma – ha sottolineato – era un rapporto malato». Da un lato, infatti, «una ragazza minorenne, fragile e con un passato difficile». Dall’altro il 30.enne: «un educatore che avrebbe dovuto garantire guida e sicurezza». Lei, ha spiegato Lanzillo, «era affamata d’affetto». Lui, invece, «ha approfittato della sua posizione» e allo stesso tempo «ha tradito il ruolo educativo che aveva». L’accusa ha comunque evidenziato come non sia mai stata usata violenza. La patrocinatrice della vittima, la legale Sandra Xavier, ha dal canto suo sottolineato come la sua assistita abbia avuto «conseguenze sulla sua salute psichica devastanti». Ancora oggi, ha spiegato durante il suo intervento, la ragazza «è costantemente combattuta»: da una parte vive «un senso di giustizia», dall’altro «prova sensi di colpa». È stata lei, la giovane vittima, a parlare. A far venire alla luce ciò che stava accadendo. E, stando a quanto emerso, lo avrebbe fatto anche in precedenza, rimanendo tuttavia inascoltata. Dubbi, a margine del processo, sono stati insinuati anche sull’operato della struttura nella quale l’educatore lavorava (e dalla quale si è licenziato) e delle autorità preposte, ree di non aver prontamente reagito.

L’epilogo

«Quello che è successo è grave. Ha sbagliato e la condanna è l’epilogo di tutti i comportamenti sbagliati» ha commentato, durante l’arringa, l’avvocato dell’imputato Luca Bernasconi. Oggi il suo assistito, grazie anche a un percorso psicologico, «è in un certo qual modo una persona nuova». Il 30.enne, è stato ribadito, «ha ammesso i fatti. Il suo pentimento è sincero, genuino». Un percorso di rinascita riconosciuto anche dal giudice Villa: «Non tradisca questo segnale di positività che ha dato». Il 30.enne, oggi, lavora sempre come educatore, ma in una struttura che ospita persone adulte con disabilità. Il presidente, infine, ha riservato un pensiero alla vittima: «Lei non ha, in questa storia, nessuna colpa».

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