Una spinta per le ciclabili: «In Ticino ritardo da colmare»

Entrerà in vigore tra una manciata di giorni – il 1. gennaio prossimo – la nuova legge federale sulle vie ciclabili. In pratica, se prima la pianificazione dei tracciati per la mobilità dolce dipendeva solo dalla buona volontà dei Cantoni, ora si passa all’obbligatorietà. Di conseguenza, da qui alla fine del 2027 le autorità cantonali dovranno occuparsi di pianificare nuove reti di percorsi ciclabili. E in un secondo tempo, entro il 2042, i progetti dovranno essere attuati. «Si tratta di una legge importante, benché ancora troppo blanda. Da parte nostra, infatti, auspicavamo un maggior coinvolgimento finanziario da parte della Confederazione, che oggi dà il proprio contributo specialmente attraverso i programmi d’agglomerato», dice da noi contattato il presidente di Pro Velo Ticino Marco Vitali. In tutti i casi, «perlomeno sulla carta», questa legge – frutto della votazione popolare del 2018, che ha di fatto spianato la strada a una diversa visione della mobilità – «mette sul tavolo una serie di condizioni che dovrebbero permettere di implementare la mobilità dolce. Ora, però, dovremo vigilare affinché i progetti vengano effettivamente concretizzati».
Cresciuta la consapevolezza
Anche perché in Ticino il lavoro da fare non manca. Negli ultimi anni, complice anche la pandemia, è aumentato il numero di persone che si sposta pedalando. «È cresciuta la consapevolezza tra i cittadini nei confronti della mobilità attiva e sono migliorate le infrastrutture. Non solo. Anche la comparsa della bici elettrica ha rappresentato un incentivo». Tuttavia, i percorsi mancano ancora di continuità oppure sono poco sicuri. «Prima di poter fare qualsiasi passo avanti concreto, è necessario creare le giuste premesse. Dal Duemila la sensibilità ha iniziato a cambiare, ma il passo più importante è avvenuto con il cambiamento di legge con cui il Cantone ha preso in mano la pianificazione della rete ciclabile». Prima, ricorda il presidente di Pro Velo Ticino, la competenza era comunale e pianificare una rete regionale era problematico. «Poi il Cantone ha capito quanto fosse importante centralizzare la pianificazione dei percorsi». Ma nonostante i molti passi avanti, «il Ticino ha ancora quasi un ventennio di ritardo da colmare rispetto al resto della Svizzera. E si tratta di pedalare in modo deciso per recuperare lo scarto».
Il Sopraceneri primeggia
Sul territorio cantonale, la rete ciclabile non si è sviluppata ovunque allo stesso modo. E il Sopraceneri appare in netto vantaggio rispetto al Sottoceneri. «Il Locarnese è il distretto che ha capito per primo l’importanza di dotarsi di una rete di percorsi ciclabili, soprattutto per scopi turistici. I viaggiatori tedeschi o svizzerotedeschi che alloggiano sul Verbano apprezzano la possibilità di spostarsi sulle due ruote quando visitano il territorio. Questo ha indotto la regione a muoversi». Ma anche Bellinzona si posiziona tra i Comuni più virtuosi. «In questo caso - dice Vitali - è l’autorità politica a essersi mostrata particolarmente attenta agli sviluppi della mobilità dolce». Per contro, a Lugano è sempre mancata la volontà politica, sostiene Vitali: «Certo, dopo anni, finalmente qualche passo avanti è stato fatto, soprattutto nella parte Est della città, dove ora ci sono percorsi ciclabili tra Cassarate, Viganello e Pregassona. Abbiamo anche ottenuto i 30 chilometri orari sul lungolago, ma tutta la parte Ovest rimane sprovvista di percorsi idonei». In generale, poi, «restano ancora troppi punti problematici che non permettono ai ciclisti di beneficiare di una rete sicura». Insomma, servirebbe poter garantire una maggiore continuità tra i diversi percorsi ciclabili, ancora troppo spezzettati tra loro. «Anche perché il nostro territorio avrebbe un potenziale enorme. Basta guardare alle oltre 30 mila persone che partecipano alle edizioni di slowUp. Una parte sempre più consistente della popolazione spinge per il cambiamento, ma bisogna creare le condizioni affinché possa realizzarsi davvero».