Luganese

Una storia di «indicibile sofferenza» sotto la buccia di un mandarino scagliato

Condannato un 39.enne del Luganese denunciato dai genitori per lesioni semplici, minaccia e ingiuria - Ha una lunga lista di precedenti specifici, anche con l'ex compagna: «Mi merito di essere dove sono»
©CdT/Chiara Zocchetti
Federico Storni
16.11.2023 12:34

Di primo acchito può perfino far sorridere che qualcuno si ritrovi davanti a un giudice per aver scagliato un mandarino contro la propria madre ma, tolta la buccia, quella emersa in aula penale oggi è una triste vicenda privata di rapporti famigliari tesi e forse irrimediabilmente compromessi. Una storia di «sofferenza indicibile», con le parole dell'avvocato Carlo Borradori, patrocinatore dei genitori dell'imputato, un 39.enne svizzero del Luganese. Una storia che oggi si è chiusa con una condanna dell'uomo a cinquanta giorni di carcere e una pena pecuniaria per lesioni semplici, piccoli furti, ripetute ingiurie, minaccia, violazione di domicilio e disobbedienza ripetuta a decisioni dell'autorità. Considerando che il 39.enne si trovava in espiazione anticipata della pena da metà settembre, l'uomo è stato di fatto scarcerato, a meno che non deciderà di commutare le diverse pene pecuniarie a suo carico in ulteriori giorni di carcere: in quel caso passerà in prigione i prossimi mesi.

La vita dell'imputato è stata tratteggiata dalla sua patrocinatrice, l'avvocata Nuria Regazzi, che ha sottolineato come i rapporti complicati con i genitori siano stati una costante nella sua esistenza. Tensioni che probabilmente hanno contribuito ad avvicinarlo ad alcol e droga già in giovane età, un periodo culminato con un soggiorno durato quasi due anni a Villa Argentina (un centro terapeutico per chi ha problemi di abuso di sostanze). Soggiorno dopo il quale l'imputato sembrava aver raddrizzato la propria vita trovando una compagna, facendo dei figli, completando una formazione e trovando un lavoro: «La sua vita aveva preso una buona direzione», ha detto Regazzi. Ma poi i rapporti con la compagna sono diventati più tesi e sono riemerse le vecchie cattive abitudini e i vecchi cattivi comportamenti. Quelli che hanno portato il 39.enne nella sua desolante situazione odierna: senza casa, senza lavoro, con problemi di dipendenze e sul groppone dei divieti di avvicinamento e di contatto a tempo indeterminato nei confronti dei genitori e dell'ormai ex compagna.

In tutto questo l'uomo è finito a interessare più volte la giustizia sempre per le stesse fattispecie, e già a inizio anno aveva ricevuto una condanna a due mesi per episodi simili con la ex. In aula oggi si è presentato reo confesso: «È il primo a sapere che quando è sotto l'influsso di sostanze fatica a controllarsi», ha detto Regazzi. «Non ho scuse - ha detto lui. - Mi merito di essere dove sono e credo che mi abbia anche fatto bene. Ho dei bambini, ora devo pensare a loro». Quanto alle minacce di morte profferite nei confronti dei genitori ha detto che «sono cose che dico quando sono arrabbiato, ma che non penso veramente. Però con loro non voglio più avere niente a che fare».

I genitori si sono costituiti parte civile al processo ma non erano presenti in aula. Per loro ha parlato l'avvocato Borradori: «Cosa può spingere due genitori in età avanzata a chiedere un divieto di avvicinamento contro il proprio figlio e a sporgere denuncia penale nei suoi confronti? L'atto d'accusa non è che la punta dell'iceberg di una storia di sofferenza indicibile. Nel raccontarmela per la prima volta la mia cliente è praticamente svenuta e abbiamo dovuto chiamare l'ambulanza per assisterla». In tutto questo per l'imputato la porta è chiusa, ma potrebbe aprirsi se busserà. Ancora Borradori: «La speranza dei genitori è che l'imputato si prenda carico di se stesso e che si curi dalle sue dipendenze. Il divieto d'avvicinamento sarà pendente finché non sarà lui a compiere atti concreti per chiederne la revoca».

In tutto questo, come accennato, la Corte delle assise correzionali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta lo ha condannato a 50 giorni di prigione, come peraltro richiesto dal procuratore generale sostituto Moreno Capella, titolare dell'inchiesta.