Processo

Una truffa da film: rischia sei anni

In aula penale una cinquantaduenne italiana che ai suoi clienti prospettava investimenti in ambito cinematografico, ma per l’accusa era tutto un grande inganno – Fra i titoli citati «Avatar II», «Mangia prega ama» e l’adattamento de «La variante di Lüneburg»
Giuliano Gasperi
05.06.2024 06:00

«Acciocché tu rifletta meglio». È forse la frase più significativa de La variante di Lüneburg, romanzo di Paolo Maurensig che ruota attorno a una partita a scacchi, dalla posta in gioco altissima, disputata da un ebreo e un tedesco in un campo di concentramento. Tempo fa si parlava di un possibile adattamento cinematografico dell’opera. Ne parlava, ad alcuni suoi clienti, anche la cinquantaduenne italiana a processo da ieri a Lugano: peccato che i soldi da loro investiti nei diritti, in realtà, siano stati utilizzati dalla donna per sue spese personali, professionali – figlia di un noto autore, era davvero attiva nel settore audiovisivo – e per pagare agli investitori dei piccoli utili fittizi.

Tutta finzione

L’inganno, messo in atto in varie località del Ticino fra cui Lugano, nel resto della Svizzera e all’estero, non si è limitato al libro di Maurensig. Il voluminoso atto d’accusa stilato dalla procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti contiene altri titoli di richiamo come Avatar II e Mangia prega ama, oltre a produzioni discografiche come l’album dei Pink Floyd The Endless River e ad altri contenuti meno noti. Sono quarantuno le persone vittime dei vari raggiri, con un danno complessivo che supera i sette milioni di franchi. Come è stato possibile? Innanzitutto grazie alle conoscenze che poteva vantare l’accusata nel mondo dello spettacolo, in particolare di manager di artisti famosi, ma anche grazie all’organizzazione di eventi e presentazioni. Le opportunità d’investimento erano poi presentate in modo professionale, inviando ai clienti delle lettere dagli Stati Uniti che attestavano, contrariamente al vero, come la donna detenesse una percentuale sui ricavi delle produzioni in questione. Altri documenti, più che fuorvianti, erano proprio contraffatti: in particolare quelli che certificavano bonifici da parte della cinquantaduenne per ottenere i diritti che poi cercava di rivendere, spesso riuscendoci. Sono perfino state allestite delle false lettere firmate da James Cameron, regista di Avatar. Erano pura fiction anche le sue proposte ad alcuni clienti di fare da intermediaria per l’acquisto di beni di lusso, in particolare orologi, usando poi il denaro per spese proprie.

Si prosegue oggi

Spese proprie e ingenti. «Un appartamento sul Verbano, uno in Engadina, costosi viaggi negli Stati Uniti: l’imputata - ha incalzato Rigamonti - necessitava di soldi per mantenere il suo stile di vita. Era benvoluta e sempre pronta ad aiutare tutti - ha aggiunto - ma anche a ingannare tutti». Nei suoi confronti, la procuratrice pubblica ha chiesto la condanna per truffa a sei anni e mezzo di carcere (meno i circa otto mesi già sofferti) e l’espulsione dalla Svizzera per almeno dieci anni. «Ero come un criceto nella ruota» ha detto in aula la cinquantaduenne ammettendo in parte gli addebiti. «Non avevo la lucidità né la forza di fermarmi: vivevo come in un limbo di irrealtà. Così ho tradito la fiducia di clienti, amici e familiari». Oggi parlerà la sua legale, l’avvocato Demetra Giovanettina. La Corte è presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti, affiancata dai giudici a latere Aurelio Facchi e Chiara Ferroni.