Una truffa dietro la vendita d'arte milionaria?

Statue rubate o statue vendute in pieno diritto? Il 50.enne ticinese residente in Medio Oriente alla sbarra in quanto accusato di aver sottratto al legittimo proprietario il reperto archeologico – venduto all’asta nel 2012 da Christie’s per tre milioni di dollari – è colpevole di quanto imputatogli dal procuratore pubblico Daniele Galliano (truffa, subordinatamente appropriazione indebita) oppure è stato chiamato in causa perché qualcuno vorrebbe ottenere parte dei proventi di quella vendita? Oppure stanno mentendo tutti e la verità è da cercare altrove? Infine: tutto questo ha rilevanza penale o solo una questione civilistica Sono essenzialmente queste le domande a cui dovrà dare risposta la Corte delle assise correzionali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. Alla sbarra oltre al 50.enne, con le medesime accuse, ci sarebbe dovuto essere anche un 80.enne italiano, assente giustificato per motivi di salute. Quanto alle statue, oggi sono esposta al Museum of Modern Art di New York.
Stando alla versione data dall’imputato 50.enne, attivo lavorativamente nel campo finanziario e non in quello dell’arte e che si professa innocente, le opere asseritamente sottratte a uno spagnolo – due statue bronzee di epoca romana raffiguranti ciascuna una bimba e una pernice – erano da due generazioni in possesso della sua famiglia e prima sarebbero state fra l’altro di proprietà Giovanni Züst. Nel 2007 le aveva date all’80.enne nel parcheggio del Fox Town per fargliele provare a vendere, ma senza successo. Le ha quindi chieste indietro e nel 2012 le ha vendute tramite la casa d’aste Christie’s, appunto, per tre milioni di franchi.
Ben diversa la versione sull’atto d’accusa, secondo cui le statue erano in realtà di uno spagnolo, e sarebbe stato quest’ultimo a rivolgersi all’80.enne per tentare di venderle. Quest’ultimo, assieme al ticinese, avrebbe poi provveduto a creare documentazione falsa che attestasse l’apparente proprietà del 50.enne, con false dichiarazioni scritte di testimoni. Il frutto della vendita sarebbe poi stato spartito fra i due complici.
Vi è poi da notare che il Ministero pubblico al riguardo in passato ha emesso un non luogo a procedere e un decreto d’abbandono, in entrambi i casi annullati dalla Corte dei reclami penali. E in aula il procuratore pubblico Daniele Galliano si è rimesso al giudizio della Corte sul caso, arrivando ad affermare di ritenere entrambe le versioni sul piatto poco credibili: «La mia supposizione è che sia più credibile che le statue siano state prelevate da qualche sito archeologico, probabilmente in Spagna: questo spiegherebbe perché all’improvviso nel 2007 si decide di venderle». Il sottotesto è quindi che le difficoltà di capire di chi siano effettivamente le statue, data la mancanza di documentazione al riguardo, sia dovuta ai metodi dubbi che sarebbero stati usati per creare una storia alle statue, forse per nascondere la loro vera provenienza. Va da sé che quella del PP è come da lui detto una supposizione, e le parti coinvolte non risultano sotto indagine al riguardo.
Al netto di ciò, Galliano ha inoltre sollevato possibili problemi giuridici, come il fatto che il reato di truffa potrebbe essere prescritto o che vi sia stato un inganno astuto, e che quello di appropriazione indebita potrebbe non configurarsi in questo caso. In caso di condanna ha chiesto che quella a carico del 50.enne sia contenuta in due anni sospesi, e quella dell’80.enne in 18 mesi, pure sospesi.