Un’amicizia tossica che è finita a coltellate

Una storia di amicizia tossica, di disagi – anche psichici – che si trascinano fin dalla giovane età, un passato delicato e difficile. E poi ancora l’avvicinamento agli stupefacenti e all’alcol. Infine – a seguito di una presa in giro e un alterco – la coltellata. Un fendente che solo grazie al «caso ha colpito il braccio e non il collo o altre parti vitale del corpo». Frase, quest’ultima, che è stata pronunciata al momento della lettura della sentenza dal presidente della Corte delle Assise criminali Amos Pagnamenta. Seduto davanti a lui, alla sbarra, un 37.enne della regione, condannato a 3 anni e mezzo di carcere per tentato omicidio (per dolo eventuale) e altri reati «minori». Una pena che il giudice ha sospeso a favore di un trattamento stazionario in una struttura chiusa.
Lo scherno, le sberle
Un’amicizia tossica: è stato lo stesso imputato – difeso dall’avvocato Olivier Ferrari –a definirla così durante gli interrogatori effettuati a seguito di quanto avvenuto la sera del 29 agosto dello scorso anno in un appartamento di Balerna. Secondo quanto ricostruito dall’inchiesta coordinata dalla procuratrice pubblica Chiara Buzzi, quella sera il 37.enne e quella che nel volgere di poco tempo diventerà vittima, si erano scambiati alcuni messaggi. Il motivo? La possibile compravendita di stupefacente (DMT). La conversazione ha però preso tutt’altra piega e, tra un messaggio e l’altro, il 37.enne ha fatto alcune allusioni al fratello della vittima, morto a seguito di un incidente.
Scherno che l’amico non ha sopportato, non ha digerito. A tal punto che si è presentato a casa del 37.enne per «vendicarsi» del torto subito. Come? Tirandogli quattro sberle.
Poi il fattaccio: il 37.enne, durante gli sforzi per far uscire dal proprio appartamento l’amico, ha brandito un coltello e la lama ha trapassato il suo braccio. Ferita che – secondo quanto attestato dai dottori – se non correttamente controllata, avrebbe potuto portare a rischi potenzialmente gravi per la vita (in caso di forte emorragia) e al decesso. Quest’ultima nefasta possibilità si sarebbe verificata se nell’arco di poche decine di minuti non fosse stata trattata la ferita. «È arrivato, me lo son trovato davanti e ha iniziato a colpirmi – ha raccontato, quest'oggi in aula, il condannato –. Io volevo solo che uscisse da casa mia».
È pur sempre un amico
Un amico è, però, sempre un amico. E subito dopo la coltellata il 37.enne non è rimasto con le mani in mano. «Ho cercato di rimediare – ha raccontato ai giudici –. Gli ho messo una cintura intorno al braccio e ho chiamato i soccorsi con il suo telefono». Perché, ha motivato, «non ho mai voluto ferirlo o ucciderlo. Quella sera avevo bevuto un po’ di birre e avevo già preso i medicinali». Ma, ha ripetuto, «siamo sempre stati amici».
Percorso terapeutico
«Ha bisogno di essere seguito» ha ribadito, alla lettura della sentenza, il giudice Amos Pagnamenta. Per il 37.enne, verosimilmente, si apriranno le porte di Villa Argentina. Resta, seppur sospesa a favore del trattamento, una condanna per tentato omicidio. L’uomo, a cui è stata riconosciuta una scemata imputabilità di grado medio, si è macchiato di una «colpa grave»: ha attentato a un bene giuridico protetto – la vita – e lo ha fatto «per futili motivi». La Corte, allo stesso tempo, ha riconosciuto nei confronti del 37.enne la collaborazione fornita durante l’inchiesta, il vissuto personale e, avendo immediatamente soccorso la vittima, il sincero pentimento. I giudici si sono così allineati a quanto sostenuto dall’accusa: la procuratrice pubblica Chiara Buzzi aveva infatti chiesto una pena di 3 anni e mezzo sospesa a favore di un trattamento stazionario.
«Spaventato, dispiaciuto e pentito»
In aula, oggi, c’erano anche i genitori affidatari del 37.enne: lo hanno potuto abbracciare al termine del dibattimento. Un uomo, ha ricordato durante l’arriva il difensore Olivier Ferrari, che ha avuto un passato difficile, fatto anche di «violenze fisiche e psichiche». L’avvocato, chiedendo una pena contenuta al di sotto dei 30 mesi di detenzione, sospesa per il trattamento, ha parlato di un uomo «chiaramente spaventato, dispiaciuto e pentito». Che ora avrà la possibilità, come detto anche dalla Corte, si farsi seguire.