La storia

«Un’avventura nata con fantasia nel mio garage»

Nel 1999 Eric Notari riporta alla luce il mondo della birra artigianale in Ticino aprendo a Bioggio l’Officina della birra SA, che sabato 28 settembre festeggia i 20 anni
Eric Notari, fondatore dell’Officina della birra SA. © Putzu
Chiara Nacaroglu
23.09.2019 07:24

Nel 1999 Eric Notari riporta alla luce il mondo della birra artigianale in Ticino aprendo a Bioggio l’Officina della birra SA, che oggi produce 200 mila litri l’anno. In Ticino il settore è in espansione e si contano trentatré micro-birrifici. Quello di Bioggio è stato il primo e il più longevo: sabato 28 settembre festeggia i vent’anni.

Com’è nata, vent’anni fa, l’idea di aprire un birrificio artigianale?

Fin da adolescente il mondo della birra mi intrigava, ho iniziato a produrla nel mio garage di casa in Alto Malcantone. Ai tempi non c’erano manuali su Internet e dovevi cercare le istruzioni sui libri o lavorare di fantasia. Producevo il malto e andavo a raccogliere il luppolo selvatico. Nel 1999, quando io e tre soci abbiamo aperto l’Officina della birra, in Ticino nessuno più la produceva, siamo stati dei pionieri. All’inizio siamo partiti con un piccolo impianto che produceva birra per il ristorante annesso, poi nel 2006 abbiamo ceduto l’attività della ristorazione. Oggi, a due passi dalle celle di fermentazione e produzione, abbiamo uno spazio dove organizziamo corsi e degustazioni e dove, sabato 28 settembre, avrà luogo la «Fescta di vint ann».

Oggi assistiamo ad un boom dei micro-birrifici, in Ticino ce ne sono più di trenta. Come vivete la concorrenza?

Se in passato bisognava insistere per far conoscere la cultura della birra artigianale, oggi non è più necessario: tutti parlano del prodotto e cercano bevande al malto particolari. Il settore cresce anche perché la gente è appassionata e si diletta a produrre. Ma c’è il rovescio della medaglia. A causa di birre fatte in casa un po’ «alla buona», spesso con difetti, si tende ad accostare la bionda artigianale ad una bevanda scadente. La vera sfida è far capire a chi produce birra che un minimo di qualità ci dev’essere sempre, altrimenti si fa male non solo al cliente alla quale si vende la bevanda ma a tutto il settore. Per alzare la qualità bisogna darsi una mano a vicenda. Se si riesce a mantenere un buon livello ne beneficia tutto il settore, mentre se continuiamo ad avere sul mercato decine di migliaia di litri di bionda di scarsa qualità ne risentono anche gli altri birrifici.

Canapa, miele, castagne: negli ultimi tempi nascono birre dai gusti nuovi e dagli ingredienti più disparati. È solo una moda o c’è dietro una filosofia particolare?

È un caos, nel senso positivo del termine. Fino a pochi anni fa la birra sul mercato era principalmente la bionda prodotta con il metodo lager. Questa uniformazione ha appiattito il mercato e il gusto. La contaminazione con altri ingredienti e la varietà nel mondo della birra ci sono sempre state ma per molto tempo la lager classica ha fatto da padrona. Per fortuna gli inglesi, i tedeschi, i belgi e anche gli americani hanno mantenuto la tradizione della varietà che è tornata in auge negli ultimi anni anche in Svizzera. Noi cerchiamo di rimanere fedeli al nostro territorio usando prodotti della regione. Un esempio? La birra con le castagne del Patriziato di Vezio.

Com’è cambiato, in questi vent’anni, il profilo del consumatore di birra artigianale?

Tantissimo. Nel senso che adesso sono tutti sommelier della birra (ride, ndr.). A furia di leggere articoli, frequentare corsi e interessarsi, molti clienti sono diventati dei veri e propri appassionati. E per fortuna! I consumatori oggi sono molto più esperti e impegnati e cercano sempre qualcosa di nuovo. È chiaro che si tratta anche di una moda. In generale, le donne sono molto più aperte degli uomini a nuovi gusti.