Società

Unitas, una giornata per comprendere la cecità

Oggi dalle 9 a Palazzo Civico di Bellinzona, mattinata nel nome di Tarcisio Bisi – Si parlerà di accesso al lavoro – Cantarelli: «Ci sono difficoltà oggettive» – Casgnola: «Vogliamo essere riconosciuti quale centro di competenza»
©Pablo Gianinazzi
Paolo Galli
19.10.2024 06:00

«Dialogo: una giornata per comprendere cecità e ipovisione». È questo il tema che farà da filo conduttore, domani dalle 9 al Palazzo Civico di Bellinzona, nella mattinata organizzata da Unitas per celebrare il centenario dalla nascita del suo fondatore, Tarcisio Bisi. L’attuale direttore, Gian Luca Cantarelli, spiega: «La nostra esperienza evidenzia una buona conoscenza delle difficoltà che le persone cieche o ipovedenti incontrano per strada, minore è invece quella legata alle sfide quotidiane da affrontare per vivere in autonomia: azioni che si danno per scontate implicano un grande sforzo o un aiuto esterno». L’utilizzo dei mezzi ausiliari è spesso poco compreso dall’opinione pubblica, secondo Cantarelli. «Una persona che utilizza il bastone bianco nell’opinione comune significa che “non vede” tout court; invece, le sfumature dell’ipovisione sono infinite e gran parte sono limitazioni nel campo visivo che creano difficoltà di orientamento e mobilità. Si parla di “spettro dell’ipovisione” perché non esiste LA cecità o L’ipovisione, ma innumerevoli varianti e modulazioni. L’opinione pubblica va quindi informata e sensibilizzata, e questa sarà l’occasione per farlo».

Con i giusti mezzi ausiliari

La tavola rotonda delle 10.30, in particolare, sarà dedicata al tema dell’inclusione professionale. Ecco, forse questo è uno dei sintomi. Quanto sono forti le discriminazioni nei confronti di persone cieche o ipovedenti? «Si parla di difficoltà oggettive a trovare un posto di lavoro con una disabilità visiva importante, ancora di più se non è più possibile svolgere il lavoro esercitato prima. In teoria ogni professione è praticabile con i giusti mezzi ausiliari, ma in pratica vi sono delle reali problematiche, come la sicurezza sul lavoro, che va garantita. Il progresso tecnologico aiuta e facilita l’inclusione professionale, ma non basta. Per i compiti visivi sono richiesti un grande sforzo, mezzi ausiliari, molto più tempo, pause di ripresa. Un datore di lavoro è disposto a concedere più tempo, a creare una postazione di lavoro adatta? A livello relazionale, mancando del tutto o in parte la percezione della mimica e della gestualità dell’interlocutore, vi possono essere incomprensioni, minimizzabili esplicitando le emozioni che si “leggono” sul viso: ma la società è davvero pronta a una comunicazione di questo tipo?».

L’impronta del fondatore

Tarcisio Bisi, costretto a interrompere gli studi da adolescente a causa della retinite pigmentosa, ha vissuto in prima persona le difficoltà legate all’ipovisione e alla mancanza di strutture e servizi adeguati alla presa a carico nel nostro cantone. Fabio Casgnola, presidente di Unitas, ricorda: «Dopo un periodo all’istituto per ciechi del Sonnenberg di Friburgo, ha conosciuto il dottor Gebhard Karst, un cieco che nel 1933 fondò la ditta di detersivi e prodotti di pulizia Blidor. Tarcisio ne diventò il rappresentante per la Svizzera italiana e questo lo portò a scoprire parecchie persone cieche, relegate in casa o “nascoste”. Sottrarle all’abbandono e all’isolamento riunendole in un vincolo di amicizia e di solidarietà è stata la motivazione forte che lo ha stimolato a fondare la Unitas nel 1946. È stato apripista e pioniere in un canton Ticino che era sprovvisto di servizi specifici per le problematiche della vista». Da allora, dal 1946, il cammino di Unitas non è stato lineare, né privo di ostacoli. Casgnola spiega: «Unitas si sta trasformando in un’organizzazione moderna, al passo con i tempi, ma sempre rispettando la visione del suo fondatore: un accompagnamento delle persone cieche e ipovedenti di ogni età. Oggi supportiamo circa 700 soci e quasi 1.500 utenti con servizi che vanno dall’accompagnamento svolto dagli operatori sociali alla fornitura e formazione di mezzi ausiliari e digitali, così come l’accesso alla cultura e l’informazione grazie alla biblioteca del libro parlato, fino alle due strutture, il centro diurno Casa Andreina e la casa anziani Casa Tarcisio. L’obiettivo in prospettiva, la nostra visione, che vogliamo concretizzare entro gli 80 anni di Unitas nel 2026, è quello di essere riconosciuti quale centro di competenza per la disabilità visiva nella Svizzera italiana. Per farlo, è fondamentale farci conoscere e sensibilizzare l’opinione pubblica». Con la giornata di domani, Unitas vuole aprire le porte al grande pubblico. Ma guarda anche oltre. Il direttore Cantarelli: «L’integrazione delle persone cieche e ipovedenti nel mondo del lavoro è un aspetto importante per il futuro e vanno fatti grandi sforzi e investimenti per fare in modo che ciò diventi sempre più una realtà. Bisogna lavorare per far capire e conoscere quali sono i mezzi a disposizione per facilitare la loro inclusione sia nella società stessa che nell’ambito lavorativo. Al contempo dobbiamo fare in modo che ci siano sempre meno barriere architettoniche e che le persone con disabilità possano muoversi il più autonomamente possibile. Per i più giovani dobbiamo intensificare gli scambi con scuole e docenti, così come istituire momenti formativi ad hoc nelle scuole che formano i professionisti della formazione». Vi sono molti attori coinvolti e sicuramente non è un aspetto semplice da risolvere, «ma di certo Tarcisio Bisi non si sarebbe fermato di fronte a queste difficoltà».