Migrazione

«Uno sblocco dell'Accordo di Dublino? Poco realistico»

La Segreteria di Stato della migrazione sostiene che sia improbabile che l’Italia revochi lo stop alle riammissioni - I prossimi mesi si preannunciano complicati: «Per il 2023 prevediamo 27.000 nuove domande di asilo, dobbiamo prepararci a tutte le situazioni»
©Gabriele Putzu
Martina Salvini
04.05.2023 06:00

Lo sblocco dell’Accordo di Dublino da parte italiana è irrealistico, perlomeno a breve termine. A chiarirlo è la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) che, visti i segnali poco confortanti arrivati da Roma sulla questione migratoria, qualche giorno fa ha scritto ai Cantoni, informandoli che per tutto il mese di maggio le riammissioni oltreconfine dei migranti registrati sul suolo italiano non avranno luogo. L’indicazione temporale - fine maggio, appunto - non è però frutto di una comunicazione arrivata dal Governo guidato da Giorgia Meloni, che ancora non ha deciso se e quando revocherà la sospensione del trattato. «Non è stata l’Italia a fissare questa scadenza - precisa infatti la Segreteria di Stato della migrazione -, la SEM ha informato i Cantoni o le autorità cantonali preposte all’esecuzione delle riammissioni di non pianificare alcun ‘’trasferimento Dublino’’ fino alla fine di maggio, perché non è ancora chiaro quando l’Italia eliminerà questo divieto temporaneo di ammissione». La preparazione di un ‘’trasferimento Dublino’’, spiegano da Berna, «comporta un notevole sforzo amministrativo e organizzativo per ogni singolo caso. Vogliamo quindi evitare che si producano lunghi e costosi tempi morti».

Nessun segnale da Roma

La sospensione dell’Accordo di Dublino risale ormai allo scorso dicembre. La decisione di Roma dovrebbe essere temporanea, anche se per il momento un’inversione di tendenza parrebbe esclusa, soprattutto considerando il crescente ritmo degli sbarchi di migranti sulle coste italiane. E anche a Berna non si fanno troppe illusioni che la situazione cambi, perlomeno sul corto periodo. «Al momento - chiarisce in effetti la SEM - non ci sono segnali o date concrete da parte dell’Italia per quanto riguarda la revoca del blocco temporaneo delle ammissioni». Di più: «Considerato il numero ancora elevato di sbarchi in Italia e la conseguente pressione sulle strutture italiane, non è realistico aspettarsi che l’Italia revochi la misura nel prossimo futuro». E quindi? «Poiché il termine per il trasferimento dei casi di Dublino scade solo dopo 6 mesi, e questo termine può anche essere prorogato (ad esempio in caso di clandestinità o di ricorso al Tribunale amministrativo federale), un arresto temporaneo delle ammissioni è sopportabile», fa presente la Segreteria di Stato della migrazione. Le persone che dovrebbero essere riammesse oltreconfine, insomma, potranno essere trasferite successivamente. «Se poi una persona non può essere trasferita, viene condotta una procedura di asilo nazionale in Svizzera». Allo scadere dei sei mesi, quindi, per chi non potrà essere riammesso verrà avviata una procedura ordinaria di asilo in Svizzera. In qualche caso, spiega peraltro la SEM, si è già proceduto in questo modo: «Finora, 44 persone hanno dovuto essere trasferite alla procedura di asilo nazionale a causa del blocco dei trasferimenti».

Le pressioni sull’UE

La decisione dell’Italia di sospendere l’Accordo di Dublino a causa dell’elevato numero di sbarchi vale per tutti gli Stati europei, evidenzia la SEM, «non specificamente per la Svizzera». Per tentare di sbloccare la situazione, «la Svizzera, insieme ad altri Stati associati al sistema di Dublino, ha chiesto all’Unione europea di adoperarsi per la ripresa dei trasferimenti nei confronti dell’Italia». Inoltre, «la Svizzera è in stretto contatto con l’Italia a livello bilaterale a tutti i livelli». Nel frattempo, però, circa 300 persone - 6 delle quali si trovano in Ticino - sono bloccate qui, in attesa di capire se dovranno o meno tornare in Italia. «Tuttavia - sostiene la SEM - anche in tempi normali, solo una parte di queste persone viene effettivamente trasferita, anche perché molti si nascondono».

«Ma Serpiano funziona»

Di numeri «finora irrisori» parla anche Ryan Pedevilla, a capo della Sezione del militare e della protezione della popolazione. «Anche perché, contrariamente all’Accordo di Dublino, quello di Serpiano - sottoscritto nel 2005 tra Svizzera e Italia per la riammissione semplificata dei migranti intercettati a ridosso del confine - continua a funzionare normalmente». Nonostante siamo già in maggio, prosegue, «il numero degli arrivi non è ancora risalito». Ad esempio, nel centro provvisorio di Stabio per i migranti in procedura di riammissione semplificata nelle ultime settimane si registrano in media una decina di persone al giorno. «Ci aspettiamo comunque un’estate calda, anche se le incognite rimangono molteplici», osserva Pedevilla. I prossimi mesi, sul fronte migratorio, potrebbero infatti essere impegnativi. «L’abbandono, con la fine della pandemia, delle misure di restrizione ai confini in tutta l’Europa e l’instabilità politica in vari Paesi stanno dando un’accelerata alle partenze», spiega Pedevilla. «In Italia, il ritmo degli sbarchi sta aumentando e in Sudan, da quanto sappiamo, sono già oltre 800 mila le persone in fuga». Rispetto agli altri anni, osserva da parte sua la SEM, «la migrazione stagionale è rimasta relativamente alta per tutto l’inverno. I migranti raggiungono l’Europa centrale e la Svizzera attraverso la rotta balcanica e quella mediterranea».

Numeri elevati

Non a caso, dallo scorso ottobre il numero di migranti irregolari fermati al confine meridionale è superiore a quello del confine orientale della Svizzera. «Ciò è dovuto a uno spostamento della migrazione dalla rotta balcanica. Se fino all’ottobre 2022 questa si snodava principalmente dalla Serbia verso nord passando per l’Ungheria e l’Austria, da allora si snoda principalmente dalla Serbia verso ovest passando per la Bosnia, la Croazia e la Slovenia in direzione dell’Italia». Tanto che stando ai dati di inizio maggio, «il tasso di occupazione dei centri federali per richiedenti asilo in tutta la Svizzera è del 54%, e di circa il 90% nei tre centri di Chiasso». Ma questo perché «il tasso di occupazione dei centri federali per l’asilo con funzione procedurale - come ad esempio quelli di Chiasso, ndr. - è solitamente più alto della media di tutte le regioni d'asilo e, soprattutto, più alto dei centri federali per l'asilo senza funzione procedurale». In tutti i casi, chiarisce la SEM, «i richiedenti asilo che arrivano dall’Italia sono distribuiti in tutta la Svizzera, cioè non tutti rimangono in Ticino». Un concetto ribadito anche da Pedevilla: «Rispetto alla chiave di riparto fissata, il Ticino conta già ora un numero più alto di richiedenti l’asilo in centri federali. Quindi, anche in vista dei prossimi mesi, difficilmente il nostro cantone entrerà in materia per trovare ulteriori soluzioni per far fronte alle necessità della Confederazione». Nel corso del secondo trimestre dell’anno, evidenzia comunque la SEM, «è probabile un nuovo aumento delle domande di asilo»: «Per il 2023, prevediamo 27.000 nuove domande di asilo. Dobbiamo prepararci a tutte le situazioni, per questo il Consiglio federale ha incaricato il Dipartimento federale di giustizia e polizia di elaborare una strategia globale e un concetto per la costruzione di alloggi temporanei». L’obiettivo è di decongestionare i centri federali e cantonali, ormai pieni. Per farlo, l’Esecutivo chiede al Parlamento lo stanziamento di 132,9 milioni di franchi, in modo da riuscire a far fronte al picco del fabbisogno previsto.

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