Locarnese

Vallemaggia connessa al bike-sharing

Sette postazioni in più per condividere il noleggio delle biciclette azzurre del progetto «Velospot». «Un ulteriore impulso al turismo», dice il sindaco di Maggia Aaron Piezzi
Sindaci e municipali della Vallemaggia in sella con gli organizzatori del Bike-Sharing del Locarnese. (Foto Garbani)
Mauro Giacometti
19.06.2019 06:00

MAGGIA - Scendere dal treno a Locarno, inforcare la bicicletta azzurra noleggiata e dirigersi, speditamente, grazie alla spinta della batteria elettrica, verso un campeggio della Vallemaggia. Il tutto nel rispetto dell’ambiente e a costi sostenibili. Il bike-sharing del Locarnese si estende a macchia di leopardo e conquista anche la Bassa Vallemaggia. La bicicletta condivisa del progetto Muovi-Ti, realizzato dalla Fondazione Diamante in collaborazione con i Comuni del Locarnese, aggiunge infatti altre sette postazioni «periferiche»collegate al sistema Velospot 2.0. «È un bell’esempio di democrazia, perché la concretizzazione di questo progetto si deve ad un’interpellanza di qualche anno fa che suggeriva appunto di installare delle postazioni di bike-sharing nella valle, ma anche di collaborazione tra i Comuni valmaggesi e la Città di Locarno, dimostrazione concreta che quando c’è l’unione d’intenti non ci sono confini e campanili che tengano», ha detto Aaron Piezzi, sindaco di Maggia, ieri alla presentazione delle nuove postazioni di bike-sharing che saranno ufficialmente in funzione da lunedì 24 giugno. Da Ponte Brolla, dov’è già in funzione una postazione della rete del Locarnese, fino al bivio di Bignasco, si aggiungono così altri «spot» dove prelevare e depositare le due ruote (28 biciclette tutte elettriche, quattro per postazione) che serviranno alla popolazione locale, ma soprattutto ai turisti, per gli spostamenti ecologici, ad andatura lenta ma agevolata, per ammirare mentre si pedala ancora di più le bellezze della valle. Quindi Avegno, Gordevio, Maggia, Aurigeno, Lodano, Someo e appunto Bignasco sono collegati alla rete Velospot; a Cevio si sta valutando dove inserire la postazione, mentre nei Comuni dell’Alta Vallemaggia, che si sono detti comunque interessati al progetto, si attende prudentemente l’esito del servizio nei prossimi mesi prima di aderirvi, ha precisato ancora Piezzi.

Il modello di bike-sharing del Locarnese (info:www.velospot.ch), partito nel marzo del 2016 con un centinaio di biciclette, tutte meccaniche, e una quindicina di postazioni inserite nel tessuto urbano, dunque, continua a fare proseliti e ad allargare il suo raggio d’azione. Basti pensare ai numeri, illustrati ieri nella sala della nuova Caserma dei Pompieri di Maggia dall’ingegner Luigi Conforto, responsabile del progetto per la Città e la Commissione regionale dei trasporti che l’hanno sostenuto fin dall’inizio. «Attualmente, su un territorio che si estende per oltre 50 km, da Bellinzona a Bignasco, sono disponibili circa 600 biciclette, suddivise a metà tra elettriche e meccaniche, posizionate in oltre120 postazioni. Nell’ultimo anno, soprattutto grazie alla rete capillare di «spot», siamo passati da 3.000 utenze al mese alle 500 al giorno fatte registrare nello scorso mese di maggio. E da un’utenza prevalentemente locale, composta da residenti e lavoratori pendolari, il bike-sharing assume un ruolo sempre più centrale nella mobilità dei turisti, tant’è che abbiamo inserito nel tariffario anche il ticket di tre giorni, oltre a quello giornaliero e agli abbonamenti annuali», ha spiegato Conforto.

I Comuni della Vallemaggia che hanno aderito al progetto hanno stanziato complessivamente circa 220 mila franchi per realizzare le postazioni, più 3.000 franchi l’anno per la gestione di ogni «spot» sul proprio territorio. Assistenza, manutenzione e gestione del noleggio affidati alla Fondazione Diamante che occupa una decina di ragazzi in assistenza. «La valenza dell’iniziativa è quindi duplice - ha spiegato Edo Carrasco, direttore della Fondazione Diamante -. Da una parte vi è la sostenibilità ambientale e dall’altra quella sociale, che permette cioè a dei giovani di restare attivi e imparare una professione, anziché usufruire di una passiva assistenza. Per la comunità, dunque, non è un costo sociale ma un investimento a lungo termine».