L’intervista

«Vedere così la mia Lugano mi fa soffrire, ma tornerò»

Italo Varsalona dal 1955 dipinge la città sul Ceresio, protagonista di oltre 400 sue opere
© Italo Varsalona
Chiara Nacaroglu
02.04.2020 06:00

Nato nel 1941 ad Angera, un paesino in provincia di Varese sulla sponda sudorientale del lago Maggiore, Italo Varsalona è arrivato a Lugano nel 1995 per caso. Da quel momento il suo pennello non ha mai smesso di dipingere la città, protagonista di oltre 400 sue opere. Ora è costretto a restare lontano dalla «sua» Lugano, ma rimane attivo in studio.

Quando ha iniziato a dipingere Lugano e perché?

«Sono arrivato nel 1995, quest’anno sono venticinque anni che dipingo Lugano. Se mi chiede il perché non le so rispondere, me l’hanno chiesto tante volte... Dipingo da 50 anni, ma prima avevo anche uno studio di architettura di interni che poi ho abbandonato per dedicarmi esclusivamente alla pittura. Era il 1995, sono salito in auto con la mia cassetta da pittore e mi sono trovato a Lugano. Mi sono innamorato della città, per me è stato qualcosa di illogico. Subito mi sono sentito ospitato e apprezzato».

Si ricorda qual è il primo quadro che ha dipinto qui?

«Era dicembre e c’era la neve: ho dipinto la veduta dalla stazione FFS. Quel quadro lo conservo ancora gelosamente».

Lei è nato ad Angera, sul lago Maggiore e vive a Lainate, vicino a Milano. Perché non ha deciso di trasferirsi nella «sua» Lugano?

«Sì, sono venticinque anni che faccio avanti e indietro ed è impegnativo. Ma non mi sono trasferito per motivi familiari, per star vicino a mia figlia e alla sua famiglia».

Cosa l’ha colpita di più della città sul Ceresio?

«Mi ricordo un momento in particolare: stavo passeggiando per la città quando mi sono bloccato in via Peri, davanti alla macelleria Carpani che ormai ha chiuso da diversi anni. Ho notato dei motivi alla parete e mi è venuta un’idea: dipingere tutte le facciate di Lugano. E da lì sono seguite tantissime facciate della città, ma non solo. Ho dipinto parecchie manifestazioni, da quelle musicali come Estival Jazz, a quelle sportive come i Mondiali di ciclismo del 1996. È stato un susseguirsi di interessi...».

Lei ha dipinto centinaia di facciate: ce n’è una che le è rimasta nel cuore in modo particolare?

«La Piazza della Riforma è nel mio cuore perché l’ho dipinta in tutte le stagioni nel corso degli anni. Mentre la facciata a me più cara è quella che feci del negozio di giocattoli Franz Karl Weber in via Nassa prima della sua chiusura. Quella ha dato il via a una serie di dipinti di attività commerciali luganesi che ora non ci sono più».

Spesso la gente si ferma a parlare con lei per la strada. Cosa si sente dire più frequentemente?

«Spesso mi chiedono se sto dipingendo una facciata perché il negozio che c’è sta chiudendo... me lo chiedono perché effettivamente è successo molte volte. Un’altra domanda frequente che mi sento rivolgere è perché faccio quel che faccio. Ma la più comune, in tutte le lingue del mondo, è «quanto costa?» (ride, ndr)».

Lei ha osservato la città cambiare da un punto di vista particolare...

«L’ho vista prima con un po’ di inappetenza e poi anoressica. È cambiato tutto dopo la fine del segreto bancario, c’è stato un enorme calo degli italiani che venivano a Lugano. Oggi vedo molte persone con lo sguardo assente, triste, e questo mi fa male».

La Lugano di oggi - a causa dell’emergenza coronavirus - non è più quella che era solo poche settimane fa. Che effetto le fa?

«Il virus le ha dato un bel colpo e gliene darà uno ancor più forte: la guardo da lontano e certamente vederla così mi mette tristezza. Vorrei essere lì ma non so quando riuscirò a tornarci... siamo tutti bloccati. Io la chiamo la «mia» Lugano e un po’ di nostalgia c’è: mi sento luganese e mi manca».

Oggi anche lei, che ha sempre lavorato per strada, è chiuso in casa in isolamento per contrastare l’emergenza sanitaria. Come passa il suo tempo?

«Sto lavorando molto e i luganesi lo possono vedere sulla mia pagina Instagram «pittore_di_lugano»: sto creando opere ogni giorno e mi piace condividerle. Pur essendo lontano, sto lavorando anche ai dipinti sulla città».