Assise criminali

Venti chili di droga dall’Italia al Ticino: condannato ed espulso

Quattro anni di carcere e cinque senza poter entrare in Svizzera: è la condanna inflitta a un sudamericano che ha importato quattro chili e mezzo di cocaina e sedici tra hashish e marijuana – La Corte ha riconosciuto il sincero pentimento
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Nico Nonella
16.06.2025 19:00

Quattro chili e mezzo di cocaina, sedici tra hashish e marjuana, un utile netto teorico di 56 mila franchi e 160 mila franchi riciclati. Nei processi per droga sono le cifre giocare un ruolo di primo piano. E nel dibattimento tenutosi oggi davanti alla Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, i numeri del giro di spaccio con al centro un 37.enne sudamericano del Luganese sono ingenti. Tra aprile 2023 e gennaio 2024, l’imputato ha acquistato lo stupefacente in Italia – in particolare da due persone, una legata alla ‘ndrangheta, l’altra a un clan albanese – , per poi importarlo in Ticino e venderlo a persone che a loro volta lo alienavano nel Luganese.

Il 37.enne, difeso dall’avvocato Koko Ramella, è stato dunque riconosciuto colpevole principalmente di infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti e riciclaggio e condannato a quattro anni di carcere e all’espulsione dalla Svizzera per cinque anni. La Corte – composta anche dai giudici a latere Fabrizio Filippo Monaci e Renata Loss Campana e dagli assessori giurati –, nel commisurare la pena, gli ha riconosciuto l’attenuante del sincero pentimento. In aula, infatti, l’imputato, padre di due figli, è apparso visibilmente commosso.

Il procuratore pubblico Nicola Borga, titolare dell’inchiesta, aveva chiesto una pena detentiva di sei anni e due mesi oltre a sette anni di espulsione. Il 37.enne è stato di contro prosciolto da un accusa di spaccio di 100 grammi di cocaina (nel 2014 a Ginevra) e di atti preparatori di un importante traffico dal Sud America: 20 chili, poi lievitati a 50 e infine 100. La Corte ha appurato che l’imputato, parlando coi i due esponenti della criminalità organizzata sopracitati, millantava conoscenze in patria per non perdere i contatti con i propri fornitori. Fornitori che, è emerso, in alcune occasione lo hanno anche «truffato», rifilandogli ad esempio della farina.

Dietro all’arresto dell’imputato, nel gennaio 2024 al valico doganale di Chiasso, c’è una lunga e meticolosa inchiesta condotta dagli inquirenti sin dalla fine del 2022, quando la Polizia cantonale individua il factotum di un presunto appartenente alla ‘ndrangheta, operativo nel Mendrisiotto. Nel maggio del 2023, quest’ultimo e l’esponente del clan albanese incontrano il 37.enne. La Polizia viene quindi a sapere del suo coinvolgimento. Gli inquirenti ne tracciano quindi gli spostamenti tra Ticino e Lombardia, con soste in svariati uffici cambi, in particolare in uno del Mendrisiotto. Nei mesi successivi, il cerchio si stringe. «Siamo di fronte a un’inchiesta particolare, che ha permesso di ricostruire l’intera filiera di approvvigionamento dello stupefacente», ha sottolineato Borga.

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