Politica

Verso la svolta per «Ticino 2020»

Cresce l’ottimismo per la riforma dei rapporti istituzionali tra il Cantone e i Comuni, un cantiere iniziato oltre 8 anni fa – Gobbi: «Aspettative forse troppo elevate ma questo risultato è apprezzabile» – Dafond: «Siamo a un minuto dalla mezzanotte»
© Ti-Press / Luca Crivelli

Era il gennaio del 2014 quando si iniziò a parlare del progetto «Ticino 2020». Da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e per la riforma dei rapporti tra Cantone e Comuni la strada si è fatta vieppiù in salita: avviata nel 2015, è rimasta bloccata per anni a causa delle divergenze tra i due piani istituzionali. Ma dopo quasi un decennio di attesa, i tempi per concretizzare la riforma sembrano infine maturi: come annunciato ieri dal Consiglio di Stato, l’accordo sul progetto si sta avvicinando. Insomma, pare sia la volta buona, anche se restano da affinare i dettagli di alcuni aspetti finanziari e del settore «anziani». In ogni caso, per il Governo «entro l’autunno sarà possibile sottoporre il progetto a un’ultima fase di informazione e consultazione».

Chi cosa prevede il progetto?

In buona sostanza, il progetto prevede di affidare al Cantone i compiti relativi alla promozione delle famiglie, alla protezione dei minori incluse le Autorità regionali di protezione, all’assistenza sociale e alle assicurazioni sociali, alla comunità tariffale e alla centrale di allarme del servizio autoambulanza. Il Cantone assumerà integralmente i costi degli aiuti diretti per il mantenimento degli anziani a domicilio. Il finanziamento del settore anziani e delle prestazioni complementari AVS/AI rimarranno invece di competenza di entrambi i livelli istituzionali, così come il trasporto regionale. Il finanziamento delle scuole comunali passerà per contro integralmente ai Comuni a cui, contestualmente all’introduzione del concetto di istituto scolastico minimo, verranno concesse maggiori autonomie operative. Nei prossimi mesi i dei due livelli istituzionali si incontreranno con l’obiettivo di giungere a un accordo più completo anche sul settore degli anziani.

Il compromesso su «Ticino 2020» permette inoltre di sbloccare la riforma del sistema di perequazione finanziaria intercomunale che è parte integrante del progetto. Infine, la nuova ripartizione permette una semplificazione dei rapporti finanziari tra i due livelli, garantendo la neutralità finanziaria della riforma sia tra Cantone e Comuni che tra i Comuni stessi (oltre che per il cittadino).

Due punti in sospeso

Soddisfazione (e un po’ di ottimismo) sui passi avanti compiuti viene espressa dal presidente dell’Associazione dei Comuni ticinesi Felice Dafond. «Si tratta di un progetto ambizioso, un cantiere più che importante per il nostro cantone. E ora credo di poter dire che siamo a un minuto dalla mezzanotte», spiega al CdT. A mancare all’appello sono essenzialmente un paio di cantieri aperti. «Dei sei temi proposti nel progetto cinque hanno trovato una soluzione. Rimane il tema degli anziani e dei servizi di aiuto e cura a domicilio, per noi imprescindibile. Su questo fronte i Comuni sopportano i quattro quinti dei costi ed è quindi indispensabile che venga loro concesso, perlomeno a livello di comprensori, un potere di co-decisione con il Cantone». Si questo aspetto, Dafond si dice comunque sicuro che «il DSS potrà dimostrare ai Comuni che vorranno organizzarsi a livello comprensoriale un’importante autonomia, seppur sempre condivisa con il Cantone». Infine, l’altro nodo ancora da sciogliere riguarda i flussi finanziari. In particolare, spiega Dafond, l’unico punto rimasto aperto «sono i 4,5 milioni che il Parlamento ha riconosciuto ai Comuni, in aggiunta alla proposta dell’Esecutivo per neutralizzare l’imminente entrata un vigore della riforma fiscale delle persone giuridiche. Ed è solo su questo che si dovrà trovare una soluzione». Insomma, su questo fronte si dice fiducioso. Anche se, conclude Dafond, non dimentichiamo «che i Comuni hanno già fatto tutto il possibile, con molte concessioni. E quindi ora la palla passa nel campo del Consiglio di Stato».

Sul fronte cantonale, anche il capo Sezione degli enti locali Marzio Della Santa si rallegra dei passi avanti: «C’è fiducia, più che in passato, che si possa raggiungere un accordo. E questo perché c’è la volontà da parte di tutti gli attori di arrivare a un risultato finale». Insomma, «c’è una convergenza di massima tra le parti. Anche se a volte, non va dimenticato, il diavolo si nasconde nei dettagli. Si tratta di un cambiamento culturale, quindi non facile da attuare». Ad ogni modo, conclude Della Santa, «ora ci siamo dati un orizzonte temporale di alcuni mesi. Non di anni. E quindi si vedrà subito se c’è, o meno, la volontà di andare fino in fondo»..

Non un ridimensionamento

A rallegrarsi dei passi avanti è anche il direttore del DI, Norman Gobbi. In occasione del dibattito sul Consuntivo 2020, affermò che «il Ticino è un cantone refrattario alle riforme». Ma quindi come si è arrivati a questa svolta? chiediamo. «Tenuto conto della sfida affrontata, abbiamo raggiunto un risultato che ritengo apprezzabile, anche se la riforma non è completa e ci sono ancora punti da appianare. Lo faremo nel corso dei prossimi mesi, presentando in seguito un rapporto conclusivo al Governo», risponde. «Le aspettative erano certo elevate e ho già detto in altre circostanze che forse lo erano anche troppo – ammette –. Detto questo, l’esperienza sin qui maturata mi ha convinto della necessità di migliorare profondamente i rapporti tra Comuni e Cantone. Senza un’adeguata comunicazione e collaborazione tra i due livelli sui temi inevitabilmente condivisi, in futuro risulterà sempre più difficile trovare soluzioni utili per il cittadino, al quale non interessa necessariamente sapere quale livello di governo gli assicura il servizio di cui ha bisogno. Inoltre, gli incontri che svolgo regolarmente con i comuni mi confermano della necessità per il Cantone di avere un approccio differenziato: non tutti i comuni sono uguali e la loro capacità di assumere maggiori responsabilità dipende da fattori quali la dimensione o la capacità amministrativa. In futuro sarà sempre meno possibile porre Lugano e Linescio sullo stesso piano». Ma per giungere a questo compromesso gli obiettivi sono stati ridimensionati? Ancora Gobbi: «Riordinare e ridefinire i rapporti fra Comuni e Cantone è necessario. L’intento del Consiglio di Stato – il progetto, è bene ricordarlo, è voluto dall’intero Governo – è quello di valorizzare l’autonomia dei Comuni, che negli ultimi decenni sono stati confrontati con troppe centralizzazioni di compiti nelle mani del Cantone. Si tratta sostanzialmente di un cambiamento culturale nella gestione della cosa pubblica. Da questo punto di vista, gli obiettivi sono stati raggiunti laddove lo si è ritenuto politicamente fattibile. Non parlerei quindi di un ridimensionamento, ma piuttosto di un adeguamento».