Viaggio fra le macerie di Adria

LUGANO - Sono passati oltre tre anni dal fallimento di Adria Costruzioni, con la conseguente perdita di oltre 50 posti di lavori, l’abbandono di una decina di cantieri in tutto il Cantone e – si scoprirà poi – un buco stimato in 25 milioni di franchi. Delle vicende della società immobiliare da allora si sta occupando anche la magistratura. Dei due proprietari, Filippo Cambria ha passato un periodo in carcere, mentre suo padre Adriano è rifugiato in Italia e solo un salvacondotto da allora l’ha riportato brevemente in Ticino per testimoniare davanti agli inquirenti. Il processo a loro carico (e a quello di altri tre imputati) non sarà però cosa immediata. La chiamata alla sbarra sta tardando ad arrivare (l’inchiesta era in mano all’ex procuratore generale John Noseda, ma è passata di mano). Nel frattempo di Adria, oltre ai debiti, sul territorio restano le macerie. I cantieri abbandonati e i disagi che essi comportano. Alcuni noti, altri meno.
E proprio dei cantieri parleremo in queste righe. A cominciare dalle buone notizie (perlomeno sulla carta). Dalle ceneri di Adria Costruzioni comincia infatti a spuntare qualche modina. Buona notizia perché una delle conseguenze più tangibili, per molti versi sgradevole, di uno fra i peggiori crac di una società immobiliare in Ticino, sono i cantieri fermi e in stato d’abbandono. Negli ultimi mesi uno di questi terreni è stato battuto all’asta. Alla fine di novembre, è stata presentata una domanda di costruzione per riprendere i lavori in un ex cantiere Adria a Paradiso, già scavato alle fondamenta e particolarmente visibile, dato che si trova all’intersezione tra il cavalcavia ferroviario, proprio a ridosso della linea FFS, e lo svincolo autostradale di Lugano Sud, nel tratto finale che entra nel cuore di Paradiso.

Se il progetto dovesse ottenere la licenza edilizia da parte del Municipio di Paradiso, serviranno anche delle demolizioni parziali di quanto già costruito alle fondamenta. La nuova società proprietaria del terreno ha proposto stavolta un aparthotel di sei piani, con 18 appartamenti. E a proposito della società che è riuscita a mettere le mani sul suddetto cantiere dopo che c’è stata un’asta pubblica (dunque aperta a tutti), si tratta di una ditta immobiliare con sede legale a Lugano. Ma il suo amministratore unico attuale, entrato nella società un mese prima dell’asta stessa inizialmente come procuratore, è legato anche a una società con sede al numero civico 2 della stessa strada di Gravesano dove c’è l’ultimo domicilio legale conosciuto di Adria Costruzioni Sagl (al numero civico 1). Il palazzo è lo stesso.
Restando sulle aste fallimentari, a inizio aprile avrebbe dovuto essere battuto all’asta un altro cantiere Adria, sito in località Poncina a Cadro. «Avrebbe» perché l’asta è stata revocata di recente su istanza di un creditore. Per quel terreno nel 2014 Adria aveva ottenuto una licenza edilizia per la costruzione di due edifici residenziali per nove unità abitative totali, una piscina esterna e un garage interrato da 19 stalli. Adria aveva provveduto a demolire le costruzioni presenti sul terreno e a smaltire il materiale, poi è fallita. Una perizia stima l’attuale valore del terreno a 2,1 milioni di franchi. E, sempre secondo il perito, edificare il progetto della licenza edilizia costerebbe 6,5 milioni di franchi, e non i 3,6 annunciati da Adria, «palesemente sottostimati».

Le macerie lasciate da Adria sul territorio non si esauriscono però qui. Sfogliando gli atti ufficiali emergono almeno altre sette cantieri oggetto di sequestro su richiesta di alcuni creditori (fra cui alcune banche che avevano concesso delle ipoteche, e il Cantone, che reclama mezzo milione di utili immobiliari mai versati). C’è il progetto Adria Village a Novazzano, 25 villette mai portate a tetto e un Comune che più volte ha definito uno «sfregio» e «un pessimo biglietto da visita» la situazione. Ci sono due altri due cantieri a Paradiso, su via Zorzi e via Geretta. C’è un cantiere a Melano, dove erano previsti 3-4 appartamenti. Mancavano solo gli isolamenti quando è stato abbandonato, e il Comune lamenta crediti dovuti alla sua messa in sicurezza (dei pannelli sono caduti nei terreni a fianco). C’è un cantiere a Breganzona lasciato a sé stesso. Ci sono due proprietà per piani in uno stabile (in questo caso già completato) a Bellinzona. E c’è una villa a Pura, già a tetto, che i Cambria avrebbero comprato per andare a viverci. Sigillata da tre anni, chiusa. Come dicono in Paese, «inselvatichita, non in bello stato».
C’è poi un’altra manciata di cantieri non comparsi in atti pubblici, fra cui uno a Pregassona e un altro a Canobbio, che pare sia stato ripreso a lavori iniziati da uno dei costruttori più conosciuti di questo cantone, che l‘ha portato ormai a termine.

Per alcuni di questi cantieri negli scorsi mesi dei creditori ne hanno chiesto formalmente la messa all’asta. Ma di principio il Ministero pubblico vuole attendere il concludersi dell’inchiesta prima di fare questo passo (non una decisione scritta nella pietra, dato che come abbiamo visto in un’occasione l’asta c’è stata e in un’altra è stata revocata su richiesta di un creditore). Inchiesta che, come accennato, con il passaggio di consegne fra procuratori pubblici, ha subito qualche rallentamento. La prima richiesta di rinvio a giudizio dei Cambria, dell’ex direttore della banca WIR (che avrebbe fornito ai Cambria, in cambio di benefici personali, crediti in realtà non completamente supportati da garanzie, truffando al contempo la banca) e due immobiliaristi coinvolti in modo minore, risale ormai a due anni fa.
Le macerie, in altre parole, sono ancora quasi tutte lì. Si sta provando a rimuoverle, ma con grande fatica. La vendita all’asta dei cantieri è una soluzione non solo per farle sparire, ma anche per tamponare, almeno in parte, il buco finanziario.