Vizi procedurali e condanna per stupro annullata

Violazione del principio dell’immutabilità dell’atto di accusa. Assoluzione senza motivazione. Sono severe le critiche rivolte dalla Corte di Appello e revisione penale (CARP) sul caso del presunto stupro dopo una festa. Un caso che in secondo grado, come riferito dalla RSI, è sfociato con l'assoluzione del principale imputato.
Questa vicenda, risalente all’estate di cinque anni fa, si era da subito rivelata molto delicata: la presunta vittima aveva avuto un rapporto sessuale con due ragazzi, un 31.enne e un 29.enne del Luganese, mentre un loro amico, oggi 27.enne, si era limitato a guardare. Poi un secondo, con il 33.enne, dopo che i due erano rimasti da soli. La giovane aveva denunciato i tre ragazzi e il caso era approdato nel marzo del 2023 davanti a una Corte delle assise criminali, presieduta dal giudice Siro Quadri.
Il procuratore pubblico titolare dell’incarto, Zaccaria Akbas, aveva rinviato a giudizio i tre giovani con l’accusa (due in correità e uno come complice) di atti sessuali con persone inette a resistere. Per il magistrato, quella sera la giovane – costituitasi accusatrice privata e rappresentata dall’avvocato Letizia Vezzoni – era completamente ubriaca. Il reato contestato, però, richiede che la vittima sia totalmente incapace di opporre qualsivoglia resistenza; dopo un paio di giorni di dibattimento, Quadri aveva ordinato nuovi accertamenti (ossia una seconda perizia) per provare che la ragazza versasse effettivamente in questo stato. Sulla base della nuova perizia – che non aveva potuto stabilirlo con certezza – Akbas aveva esteso le accuse nei confronti dell’imputato principale, il 33.enne, ai reati di violenza carnale e coazione sessuale. Sette mesi dopo, il verdetto: tutti e tre gli imputati (difesi dagli avvocati Niccolò Giovanettina, Sandra Xavier e Massimo De’ Sena) erano stati assolti dall’accusa di attui sessuali con persone inette a resistere, ma il 33.enne era stato condannato per stupro a 30 mesi di carcere, sei dei quali da espiare.
Giovanettina, difensore dell’imputato principale, aveva impugnato la sentenza alla CARP, che – come appurato dal CdT – si è pronunciata lo scorso 12 dicembre in una sentenza firmata dalla presidente Giovanna Roggero-Will. Inizialmente agendato per lo scorso mese di novembre, il dibattimento pubblico non c’è stato e la sentenza è stata intimata alle parti qualche giorno fa: questo perché la CARP non è entrata nel merito (non ha cioè stabilito se vi fosse stato o no uno stupro, valutando ad esempio la credibilità delle parti), ma ha rilevato una serie di irregolarità procedurali che hanno portato all’annullamento della condanna del 33.enne.
Per prima cosa, la CARP ha riconosciuto la violazione del principio dell’immutabilità dell’atto di accusa, in relazione: in parole povere, una volta depositato, quest’ultimo non può subire aggiunte o modifiche di sorta se non a condizioni estremamente restrittive o in presenza di fatti nuovi, non dati nel caso concreto. Cosa che era stata fatta dal procuratore pubblico con l’avallo della Corte di primo grado. Ma non solo: la CARP ha bacchettato l’istanza inferiore per aver assolto il 33.enne dall’accusa di coazione senza pronunciarsi né nella motivazione, né nel dispositivo.