Svizzera

Torna la protesta contro On di Roger Federer: impronte insanguinate a Zurigo

Gli attivisti di Campax hanno organizzato una nuova azione davanti al flagship store – Al centro la controversia sui salari versati in Vietnam – «Non sono interessati alla trasparenza»
© Campax
Red. Online
05.04.2024 18:04

Non si placa la polemica attorno al marchio di scarpe sportive On che, di riflesso, coinvolge il suo azionista e testimonial Roger Federer. Gli attivisti di Campax hanno organizzato un'azione simbolica davanti al flagship store di Zurigo, dopo quella dello scorso febbraio, con impronte di finto sangue sull'asfalto, a testimoniare i salari che On versa ai suoi dipendenti in Vietnam, dove produce le scarpe che poi rivende in Svizzera.

Ma come siamo arrivati a questo? Campax accusa On di produrre a basso costo in Vietnam, per poi rivendere a prezzi alti nel nostro Paese, con alti guadagni. A tal proposito, ha lanciato una petizione online chiedendo paghe eque e una comunicazione trasparente. Il marchio di calzature, dal canto suo, ha precedentemente spiegato che «i fornitori in Vietnam hanno pagato i loro dipendenti ben oltre il minimo legale, in media quasi il 40% in più». I fornitori di On «devono inoltre impegnarsi a rispettare uno speciale codice di condotta che garantisca la sicurezza economica dei lavoratori della catena di fornitura in Vietnam», dove l'azienda svizzera ha una quindicina di fornitori.

Quello che è successo nelle scorse ore è un'attivista di Campax a spiegarlo, in un video: «Oggi On avrebbe dovuto rispondere alle nostre domande. Ma all'ultimo momento, si sono tirati indietro». La donna aggiunge che la Direzione «si era finalmente messa in contatto con Campax e aveva dato appuntamento per ricevere le firme della petizione e parlare di persona».

Ma c'è un ma. «Il produttore di scarpe ha imposto le sue regole, termini per il dialogo che favoriscono solo On e rendono il nostro lavoro praticamente nullo». Tra queste, un incontro a porte chiuse e nessuna accettazione ufficiale della petizione, firmata nel frattempo da 11.000 persone. «Non ho accettato queste condizioni – precisa l'attivista –. Perché il nostro obiettivo è fare luce sull'oscurità e coinvolgere il pubblico».

La conseguenza è stata che On ha annullato l'incontro previsto per oggi. «L'azienda ha dimostrato di non essere interessata alla trasparenza». La donna, quindi, nel video conclude: «Il mio istinto mi dice che quelli che sono quassù (nel palazzo alle sue spalle, ndr.) stanno solo cercando freneticamente un motivo per liberarsi dalle responsabilità. Ma non gli stiamo rendendo le cose così facili. Hanno lavato via il nostro sangue finto abbastanza rapidamente (dall'asfalto, ndr.). Ma la critica ai bassi salari di On rimane!».

Quindi, dopo la petizione, ecco la campagna e-mail: «Se On non vuole parlare con noi, allora invieremo loro le vostre domande». L'obiettivo è «tartassare» l'azienda di e-mail da parte di popolazione e consumatori, in modo da ottenere delle risposte. Domande sollevate anche da testate e media internazionali come Le Monde che, riprendendo l'inchiesta della rivista K-Tippha fornito delle cifre: «Il modello Roger Advantage costa al produttore vietnamita 17,86 franchi svizzeri e si può trovare a 190 franchi nel negozio online per i clienti svizzeri. Anche deducendo i costi di trasporto (1,70 franchi al paio) e i dazi doganali, nonché l'IVA (8,1% in Svizzera), il margine è ancora impressionante. Anche Adidas e Puma, che producono le loro scarpe in Vietnam, spesso nelle stesse fabbriche, lavorano con margini quattro volte inferiori».

Insomma, la polemica non si placa.

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