Lugano

Trenino, ma dove sei finito?

Dal Malcantone al Madagascar: ricostruiamo il percorso dei vagoni che hanno fatto la spola per anni fra Lugano e Ponte Tresa
Giuliano Gasperi
22.09.2022 06:00

Da Agno ad Antananarivo. In camion, sul traghetto e infine a bordo di una nave cargo, tra le onde dell’oceano Atlantico. A guardarlo su una mappa, il viaggio affrontato dal vecchio trenino arancione della Ferrovia Lugano-Ponte Tresa ricorda le rotte dei grandi esploratori. Come Vasco da Gama, che nel 1498 per primo circumnavigò l’Africa. Oggi il percorso è piuttosto battuto dal traffico merci, e la scorsa primavera, con un viaggio durato trenta ore, un bastimento della compagnia norvegese Höegh Autoliners ha trasportato il convoglio della FLP da poco sostituito con il nuovo Tramlink. Destinazione il porto di Tamatave, in Madagascar.

Un anno a riposo
Che lo storico treno luganese avrebbe vissuto una seconda vita era noto da prima del 26 marzo scorso, quando aveva portato a termine la sua ultima corsa in Ticino. Tolti i fiori che quel giorno l’avevano decorato come omaggio ai suoi quarantaquattro anni di servizio, il convoglio era stato riconsegnato alla ditta produttrice, la Stadler, che a sua volta lo aveva venduto alla francese Arterail. L’ultimo passaggio prima di essere portato dalla sua nuova e ormai definitiva proprietaria: la Città di Antananarivo. Prima di essere imbarcato sulla nave cargo, il treno è stato trasportato fino a Basilea in camion e fino al porto di Anversa a bordo di un traghetto sul Reno. Ora si trova in un deposito sull’isola dell’oceano Indiano, aspettando di rientrare in servizio. Dovrebbe tornare sulle rotaie nel 2023 percorrendo un tratto ferroviario di dodici chilometri, che verrà elettrificato, fra la stazione centrale e la periferia sud-est della capitale.

I filobus migrati a Est
Anche i vecchi filobus di Lugano hanno vissuto una seconda vita altrove. Alcuni li ha comprati nel 1999 la Città di Brasov, in Romania. «Li abbiamo utilizzati fino al 2008, poi sono stati messi fuori uso» ci confermano le autorità locali. Altri sono finiti a Varna, in Bulgaria, dove un nostro lettore ne ha avvistato uno nel 2002. Sulla sua fiancata s’intravedeva ancora lo stemma di Lugano. L’amministrazione comunale, in questo caso, non ci ha dato informazioni sull’uso e la durata dei mezzi luganesi. Chissà che fine hanno fatto.

Altro che corso Elvezia...
Tornando in Madagascar, l’idea di Antananarivo è potenziare il trasporto pubblico per offrire ai suoi cittadini un’alternativa all’auto per spostarsi più rapidamente. «Oggi abbiamo dei grossi imbottigliamenti – ci racconta Jacques Schmitt, consigliere del sindaco e responsabile del nuovo progetto ferroviario – Le nostre strade sono strette, non sono mai cambiate nel tempo, mentre la popolazione è passata da centomila a due milioni e mezzo di abitanti, e di conseguenza è cresciuto anche il numero di macchine in circolazione: per attraversare la capitale ci vogliono fino a due ore». Salendo sugli ex convogli della FLP, secondo le prime stime, gli spostamenti sullo stesso tragitto dovrebbero essere tre volte più veloci.

Risparmiare in Svizzera
Schmitt nei mesi scorsi è stato in Ticino. «Ho cercato io i treni per Antananarivo. Comprarli nuovi sarebbe stato costoso, non potevamo permettercelo, così mi sono interessato ai convogli d’occasione. Trovarli non è stato facile, ma con l’aiuto di Arterail ci siamo riusciti e la scelta, alla fine, è caduta sulla Svizzera». Oltre ai sette vagoni arancioni che viaggiavano tra Lugano e Ponte Tresa, la capitale del Madagascar ha acquistato tre convogli provenienti da oltre Gottardo e imbarcati anch’essi sulla nave partita da Anversa. Non è comunque la prima volta che sull’isola approdano vagoni made in Switzerland. Nel sud, ad esempio, una linea ferroviaria è tornata a funzionare grazie a locomotive rossocrociate ed è attiva tuttora. A testimonianza del binario simbolico che lega il nostro Paese al Madagascar, lo scorso ottobre, l’ambasciata elvetica ha patrocinato una mostra fotografica con le opere di Pierrot Men intitolata «Treni svizzeri... treni malgasci». «Non avrei mai pensato di poter risparmiare acquistando da voi, invece... Così abbiamo concluso subito l’accordo, per non perdere l’occasione».

Sono ancora in forma
Il prezzo del convoglio giunto dal Ticino è rimasto top secret, ma le parole di Jérôme Garcia, presidente di Arterail, fanno pensare che la Città di Antananarivo abbia fatto un buon affare. «Il treno è in ottimo stato e può funzionare ancora per venti o trent’anni. Sono disponibili pezzi di ricambio che basteranno per molto tempo e non ci sono troppi componenti elettronici. In caso contrario sarebbe tutto più complicato, perché bisognerebbe adattarsi a tecnologie che cambiano rapidamente». C’è poi un altro elemento che fa sperare in una lunga, seconda vita del trenino col sorriso. «Quella di Antananarivo è una linea ferroviaria piana, senza salite, e i binari saranno nuovi. Funziona come per le macchine: il tipo di ‘strada’ influisce». Con Garcia insistiamo per avere qualche indicazione sul prezzo di compravendita. «Sono molto, molto meno cari di quelli nuovi: diciamo da due a cinque volte meno cari. Un costo importante è stato quello per il trasporto: centinaia di migliaia di euro». Del resto circumnavigare l’Africa non è una passeggiata. Vasco da Gama confermerebbe.

Sotto un altro cielo: quello di Tamatave.
Sotto un altro cielo: quello di Tamatave.

Tra emozioni, economia e comodità: i perché di un cambio

Chi ci è salito per anni proverà un filo di nostalgia. Di fronte a quel sorriso, poi, è difficile non concedere spazio alle emozioni. Qui però vorremmo fare un passo in più e capire che valore hanno avuto quei vagoni, e cosa significa averli persi. Francesca Rigotti, già docente all’Università della Svizzera Italiana e autrice, tra i vari volumi, de La filosofia delle piccole cose, parla di «un rapporto quasi fisico, fatto di conoscenza, amore e rispetto» per il treno. «Di sicuro tendiamo a umanizzarlo. Quando lo vedi spuntare dalla curva, i suoi fari sono gli occhi. È come un amico di cui ti fidi, perché è puntuale». Ma il quesito centrale, per la docente, è un altro: il perché questo «amico», pur essendo ancora in salute, sia stato sostituito da uno più giovane e moderno. «Esiste davvero questo bisogno di avere più comfort, o pensiamo noi che esista? Come se tutti volessero sempre il prodotto più nuovo. Siamo sicuri che nessuno chieda un po’ di risparmi, in questo momento di crisi? Lo prendevo spesso quel trenino. Gli mancava solo il bagno, ma non mi sono mai posta il problema di cambiarlo. Poi è vero, ci abituiamo in fretta al nuovo, ma ciò non vuol dire che vada cambiato tutto continuamente». Rico Maggi, professore emerito all’USI, vede invece due ragioni a favore della sostituzione: «La prima è che il cittadino è anche un consumatore, e si lamenta se un mezzo pubblico è vecchio e scomodo, o troppo inquinante. La seconda è che queste operazioni aiutano i Paesi che non possono permettersi treni nuovi». Se poi quelli usati sono ancora in buone condizioni, per loro è un affare. Chi vede partire quei treni, invece, potrebbe chiedersi se non sarebbe stato meglio sfruttarli ancora per un po’. «Sostituire qualcosa che può durare ancora molto non è facile, ma dal punto di vista aziendale quei mezzi sono già ampiamente ammortizzati, quindi è normale andare su un’altra generazione. La sfida – conclude Maggi – è analizzare i costi e i benefici, come la possibilità di aumentare l’utenza». La FLP ci spera, certo, ma non è solo un fatto commerciale, come spiega la sua presidente Clarissa Indemini. «L’arrivo dei Tramlink, oltre che inserirsi nel progetto del nuovo tram-treno, riflette lo spirito innovativo della nostra azienda». Lo stesso spirito che era presente nel 1978, quando i vecchi trenini sono stati messi per la prima volta sui binari. «Per FLP quegli anni hanno rappresentato un cambio di marcia su tanti fronti: sono comparsi i primissimi distributori automatici di biglietti ed é stata costruita la stazione di Ponte Tresa. Il cambiamento sostanziale è stato però l’introduzione di questi treni-spola, che hanno permesso di offrire corse ogni venti minuti». Il trenino ha portato novità, ma più semplicemente, c'è stato, ci ha accompagnato. «Ognuno di noi - conclude Indemini - conserva un ricordo personale legato al treno arancione: penso, per esempio, a chi ci ha sempre viaggiato per andare al lavoro, ai giovani per andare a scuola, alle mamme coi loro bambini per andare alla fiera di San Provino. Seppur partito per il Madagascar, rimane ancora nella nostra memoria e lo rimarrà sempre».

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