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Trump prepara la pace in Ucraina: «Una svolta che rafforza Putin»

Come cambiano i rapporti tra USA e Russia dopo l’elezione del tycoon e come vanno letti i segnali di apertura inviati dal leader del Cremlino - Le indiscrezioni sulla strategia prevedono un congelamento delle linee del fronte - Intanto, giovedì scorso, c'è stata la prima telefonata tra i due leader
© YURI KOCHETKOV
Francesco Pellegrinelli
11.11.2024 06:00

Segnali di apertura alternati a repentini stop. Da una parte come dall’altra. Stati Uniti e Russia cercano – se non un nuovo equilibrio – almeno una diversa prospettiva da cui guardarsi. L’elezione di Trump ha rimescolato le carte del conflitto in Ucraina modificando il quadro dei rapporti tra Washington e i due Paesi in guerra. Il tycoon, del resto, in campagna elettorale ha più volte dichiarato di poter mettere fine alla guerra in 24 ore, grazie (anche) a un canale diretto con il leader del Cremlino. Lui, Putin, intanto, si è congratulato per la vittoria alle elezioni, dicendosi «pronto» a considerare l’intenzione di Trump a voler ripristinare le relazioni con la Russia. Allo stesso tempo, però, Putin ha affermato che «Mosca non tornerà sulla strada seguita prima del 2022». Nessuna coesistenza pacifica con l’Occidente e con i suoi alleati, dunque. Anzi, «i prossimi 20 anni saranno caratterizzati da sfide ancora più grandi», «da cambiamenti rivoluzionari» a favore di un «nuovo ordine mondiale».

La prima chiamata

Dal canto suo, Donald Trump ha più volte ribadito l’intenzione di puntare a una «soluzione rapida» del conflitto, un approccio che preoccupa Kiev per le possibili implicazioni territoriali. Tale posizione è stata confermata anche durante la prima telefonata tra il presidente eletto e il presidente russo, avvenuta giovedì scorso. Secondo il Washington Post, che ieri anticipava la notizia, Donald Trump ha consigliato al presidente russo di non intensificare la guerra in Ucraina e gli ha ricordato la consistente presenza militare di Washington in Europa. Il governo ucraino è stato informato della telefonata con lo ‘zar’ e non si è opposto alla conversazione. Gli ufficiali ucraini hanno infatti da tempo compreso che Trump avrebbe coinvolto Putin per una soluzione diplomatica per l’Ucraina.

Nel frattempo, secondo Giampiero Gramaglia, esperto di politica internazionale e consigliere dell’Istituto Affari Internazionali di Roma, in questa fase di transizione è fondamentale concentrarsi sugli scontri sul terreno: «Il riaccendersi violento del conflitto dopo quasi due anni di stallo mostra che Kiev e Mosca vedono nell’elezione di Trump un possibile acceleratore per una soluzione negoziale». Insomma, su ambo i fronti c’è la convinzione che lo scontro possa passare, a breve, dal terreno al tavolo delle trattative.

Non a caso, giovedì il Wall Street Journal, ha riferito di un piano di pace a cui i collaboratori di Trump starebbero lavorando. L’idea prevede di congelare le linee del fronte nella loro posizione attuale e di costringere Kiev a rinunciare a qualsiasi discorso di adesione alla NATO per i prossimi 20 anni. In cambio, gli Stati Uniti continuerebbero a fornire assistenza all’Ucraina per scoraggiare ulteriori attacchi russi. «Congelare le linee del fronte non significa riconoscere i confini conquistati dalla Russia in guerra. La questione verrebbe trattata in sede negoziale - precisa Gramaglia. In quest’ottica, il divieto di adesione alla NATO potrebbe rendere la Russia più disponibile a trattare sulla questione territoriale».

Ed è proprio in vista di un possibile congelamento del conflitto che Mosca in queste ore sembrerebbe pronta a giocare molte delle sue carte. Secondo fonti giornalistiche, l’esercito russo avrebbe raccolto circa 50mila soldati, compresi i nordcoreani inviati da Pyongyang, in vista dell’inizio di un assalto che punterebbe a riprendere il controllo del territorio conquistato dall’Ucraina nella regione russa di Kursk. Fonti ucraine ritengono che nei prossimi giorni inizierà una controffensiva su vasta scala.

«Visione realista della pace»

Nel frattempo, pare già oggi evidente che la prossima amministrazione USA si concentrerà sul raggiungimento della pace, piuttosto che sull’obiettivo di consentire a Kiev di riconquistare i territori occupati dalla Russia. A richiamare il presidente Zelensky «a una visione realista della pace», in queste ore, ci ha pensato anche un collaboratore di Trump. Collaboratore che si sarebbe lasciato sfuggire che «la Crimea ormai è andata». Nel frattempo, la dichiarazione - precisa Gramaglia - è stata smentita. Di fatto, però, il piano di pace di Trump prevede di far leva su Kiev attraverso la questione della fornitura di armi, che finora è stata cruciale per la resistenza ucraina. «Semplicemente Trump può decidere di fermarne l’invio». Non a caso, in queste ore, l’amministrazione Biden, fiutando il cambio di rotta, ha optato per un’ultima fornitura prima di congedarsi.

Dal canto suo, il presidente ucraino Zelensky ha definito le richieste di cessate il fuoco «pericolose» in quanto non offrirebbero alcuna garanzia di sicurezza per l’Ucraina. «Non svenderò Kiev», ha risposto il tycoon. Tuttavia, rispetto alla posizione finora adottata dall’Occidente, congelare la linea del fronte per avviare le trattative segnerebbe una netta differenza rispetto alla gestione Biden.

«Trump, di certo, non dirà mai di aver svenduto l’Ucraina che perderebbe circa un quinto del suo territorio. Se non è una svendita, però, rispetto alla posizione attuale è certamente un passo indietro, e Kiev non potrebbe considerarlo diversamente». E Putin? «L’avvio di un negoziato che al momento gli consente di mantenere non solo la Crimea ma anche i territori occupati militarmente, rappresenterebbe per lui una chiara vittoria», dice Gramaglia. Una conquista da spendere sull’altare del «nuovo ordine mondiale» ma anche all’interno dell’alleanza BRICS che a livello demografico rappresentano, da soli, quasi tre quinti della popolazione mondiale. «Non c’è dubbio che la figura di Putin e la sua posizione di riferimento all’interno del gruppo ne uscirebbero rafforzati», conclude l’esperto.