Sestante/ arte

Tutto l’inestimabile orgoglio dei capolavori rossocrociati

Al MASI di Lugano si inaugura oggi una formidabile esposizione dedicata alla prestigiosa collezione della Fondazione Gottfried Keller
Arnold Böcklin, L’isola dei morti, (1880), Kunstmuseum Basel.
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
22.03.2019 19:36

Da domani «una visita al MASI potrà risparmiare, come ha ricordato l’ottima cocuratrice Francesca Benini, a tutti gli appassionati d’arte e di storia elvetica un lungo viaggio attraverso musei e istituzioni del nostro Paese». A quasi sessant’anni dall’ultima presentazione pubblica, il Museo affacciato sul Ceresio ospita i capolavori della Fondazione Gottfried Keller, una delle più importanti collezioni nazionali d’arte svizzera dal XII al XX secolo, gestita oggi dall’Ufficio federale della cultura. L’esposizione, curata appunto da Francesca Benini, collaboratrice scientifica del museo e dal direttore Tobia Bezzola comprende principalmente opere pittoriche del XIX e XX secolo, con significative incursioni nei secoli precedenti, che documentano alcune delle figure maggiori di artisti svizzeri. Una formidabile sintesi di capolavori altrimenti visibili (per esplicita scelta strategica della Fondazione che li concede sempre in prestito permanente) soltanto nelle loro sedi deputate: circa 70 musei e altre 30 istituzioni di ben 23 Cantoni svizzeri.

Hodler, Segantini, Giacometti. È persino riduttivo etichettare la nuova mostra del MASI sotto l’egida di questi tre immensi mostri sacri. Certo non capita tutti i giorni di potersi perdere nel «trittico» di Segantini lontano dal suo santuario engadinese così come è logico che una testa di Giacometti o qualche pezzo forte del Ferdinand nazionale valgano da soli il prezzo del biglietto. Ma quella che si inaugura oggi al MASI è persino qualcosa di più. Una mostra che esalta davvero l’orgoglio culturale svizzero attraverso testimonianze inestimabili della nostra storia artistico culturale e che rinforza il significato del glorioso percorso artistico di questo Paese. Una mostra «di squadra» attraverso la lente della prestigiosa collezione di una formidabile istituzione rossocrociata come la Fondazione Gottfried Keller intitolata, ricordiamolo, dalla fondatrice Lydia Welti-Escher al famoso poeta e scrittore svizzero autore di «Martin Salander». Questo tuffo nella storia dell’arte elvetica si apre con La Vergine dei Mercedari di Giovanni Serodine (1620-1625, Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, Rancate), attraversa il Settecento con importanti opere di Liotard, Petrini,Wolf, Füssli e Sablet per giungere all’Ottocento di Calame, Zünd, Böcklin, Koller, Anker, Hodler, Segantini e molti altri. All’atto costitutivo della Fondazione Gottfried Keller nel 1890, Arnold Böcklin fu nominato dalla fondatrice Lydia Welti-Escher membro della Commissione federale – incaricata dell’acquisto delle opere. In mostra, l’artista basilese è rappresentato da opere fondamentali, tra cui Die Toteninsel (L’Isola dei morti, 1880), celebre esempio della sua pittura evocativa che ossessionò Adolf Hitler per tutta la vita . Il dipinto fu acquistato nel 1920 per il Kunstmuseum di Basilea, in concomitanza con un altro capolavoro della pittura svizzera. Si tratta dell’Auserwählte (L’Eletto, 1893-94) di Ferdinand Hodler depositato presso il Kunstmuseum di Berna, in cui l’artista segue un principio compositivo basato sulla simmetria, che diventa carattere distintivo della sua pittura simbolista. L’opera è esposta assieme a Abend am Genfersee (Sera sul lago Lemano, 1895, Kunsthaus Zürich), tra i soggetti preferiti di Hodler per quanto riguarda la pittura di paesaggio. Giunge anche eccezionalmente a Lugano il maestoso trittico ispirato alle Alpi - La Natura, La Vita, La Morte - (1896-1899) di Giovanni Segantini, in deposito al Museo Segantini di St. Moritz che lascia per la seconda volta dal 1899. Il suo acquisto nel 1911 permise al museo engadinese di ampliare il nucleo di lavori dell’artista, divenendone l’attrazione principale. Con Meyer-Amden e Auberjonois – i primi artisti contemporanei a figurare nella collezione negli anni Sessanta –, Amiet, Vallotton, Itten e Giacometti si entra nel secolo successivo. Nel XX secolo, Felix Vallotton riscopre con altri artisti del suo tempo il motivo della natura morta: lo testimonia un lavoro del 1914 proveniente dal Musée cantonal des Beaux-Arts di Losanna. Il percorso espositivo termina con una scultura: Buste di Annette (Busto di Annette, 1964, Musée d’art et Histoire Genève) di Alberto Giacometti. Nel volto della donna si percepiscono l’energia e il movimento che caratterizzano i lavori dello scultore svizzero. In mostra sono inoltre presenti alcune opere che costituiscono il patrimonio artistico ticinese, custodite dal MASI e da altri musei della regione. Tra cui due lavori di Filippo Franzoni, Autoritratto (1900-05) e Saleggi di Isolino (1890-95), rispettivamente della collezione della Città di Lugano e del Cantone Ticino, gestite dal MASI; la già citata opera di Serodine in deposito presso la Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate; Dame in Pelz (1919) di Cuno Amiet dalla Pinacoteca Casa Rusca, Locarno.

La Fondazione Gottfried Keller fu costituita nel 1890 da Lydia Welti-Escher, figlia ed erede dell’uomo politico, pioniere dell’industria e imprenditore ferroviario Alfred Escher. Lydia Welti-Escher lasciò in eredità alla Confederazione Svizzera gran parte del suo patrimonio vincolando la donazione all’acquisto di importanti opere d’arte per i musei svizzeri. Il nome della Fondazione fa riferimento, come si diceva, all’amico di famiglia Gottfried Keller, famoso poeta e pittore svizzero. Sin dalla sua costituzione, la Fondazione prevede per statuto una Commissione di cinque membri, nominati ancora oggi dal Consiglio federale per un mandato di quattro anni. La Commissione ha l’incarico di acquistare le opere d’arte, le quali sono di proprietà della Confederazione svizzera e, nello spirito del federalismo, di distribuirle ai diversi musei svizzeri sotto forma di prestito permanente. Nei primi anni della sua attività, la Fondazione Gottfried Keller fu decisiva nell’impedire la vendita all’estero di beni culturali e nel riportare in Svizzera importanti opere. Ancora oggi, in stretta collaborazione con i singoli musei, è costantemente impegnata nell’acquisizione di opere d’arte significative per il nostro Paese. Sono rappresentate quasi tutte le discipline e tecniche dell’arte e dell’arte applicata, spaziando dall’oreficeria alla fotografia; facevano inoltre parte della collezione anche alcuni immobili, come il complesso conventuale di San Giorgio a Stein am Rhein e il castello di Wülflingen a Winterthur, che nel frattempo sono stati ceduti alla Confederazione. In concomitanza con l’esposizione al MASI, fino al 22 aprile il Museo nazionale svizzero di Zurigo ripercorre la storia della Fondazione Gottfried Keller con un focus differente sulla varietà della sua raccolta attraverso oggetti pregiati, come opere di oreficeria, pittura su vetro, disegni, dipinti e sculture realizzate tra il XII e il XX secolo. Poste sotto il patronato della Confederazione, le esposizioni di Lugano e Zurigo hanno luogo in occasione dei 200 anni dalla nascita di Alfred Escher, padre di Lydia Welti-Escher, e di Gottfried Keller, a cui è dedicata. Anche il bel catalogo congiunto «Capolavori della Fondazione Gottfried Keller», edita da Edizioni Casagrande (in italiano) con Scheidegger & Spiess (in tedesco e in francese), che presenta immagini a colori delle opere esposte; schede tecniche di Heidi Amrein, Francesca Benini, Christian Hörack, Erika Hebeisen, Mylène Ruoss, Christian Weiss e Franz Zelger, oltre al saluto del Consigliere federale Alain Berset, alla prefazione dei direttori Tobia Bezzola (MASI Lugano) e Andreas Spillmann (Museo nazionale svizzero) e all’introduzione del direttore delle Collezioni d’arte della Confederazione Andreas Münch unisce idealmente come la grande opera ferroviaria voluta da Escher Zurigo a Lugano, il nord e il sud delle Alpi. E per la mostra dell’orgoglio artistico svizzero non potrebbe esserci benedizione più autorevole.

E il trittico di Segantini lasciò St. Moritz

C’è poco da dire. L’occhio lo ruba e il fiato lo spezza ma d’altronde stiamo parlando di una delle più incredibili opere d’arte pittorica d’ogni tempo. Il maestoso «Trittico delle Alpi» di Giovanni Segantini, La Natura, La Vita, La morte (1896-1899) fa la parte del leone in una mostra già di per sé notevolissima. Anche perché lascia momentaneamente e del tutto eccezionalmente l’Engadina per un annetto (causa restauro della struttura museale a cupola di St. Moritz che abitualmente lo ospita) ed è soltanto la seconda volta che succede in oltre un secolo di vita. La prima nel 1998, fu a causa di un altro restauro che portò i tre quadri prima a Zurigo e poi a San Gallo, l’anno successivo, per il centenario segantiniano. Un evento culturale che a giusta ragione il MASI cavalcherà anche dopo la chiusura dell’esposizione sulla Fondazione Gottfried Keller, ponendo il trittico al centro dell’allestimento «Sublime. Luce e paesaggio intorno a Giovanni Segantini» visitabile dalla fine di agosto e che lo vedrà in dialogo con altre opere di paesaggio coeve già presenti nella collezione del museo luganese. Ora comunque l’emozione nel trovarselo a Lugano, specialmente per chi è abituato ad ammirarlo nel suo contesto, è incontestabile e sorprendente. La potenza visiva dei tre quadri, l’incredibile uso della tecnica divisionista, la rappresentazione totale della concezione del mondo dell’artista ma anche la storia struggente che si cela dietro la genesi del capolavoro nulla concedono ad una collocazione che inevitabilmente non è quella magistrale e consueta della luce zenitale, che a seconda dei momenti della giornata, trasforma ed accentuandoli i colori dei tre dipinti con una intensità sbalorditiva. Anzi. Il potere di fascinazione dell’opera si acuisce avendo per una volta l’occasione di cambiare il punto di vista e il contesto di fruizione, valorizzando così l’essenza assoluta del testamento spirituale di un artista profondamente legato al contesto alpino ma in fondo pensato originariamente per rappresentare in una sorta di apoteosi la Svizzera all’esposizione universale di Parigi del 1900.