Stati uniti

Ucciso a New York Frank Calì, capo della famiglia mafiosa Gambino

Gli è stato teso un agguato davanti alla sua residenza ed è morto in ospedale per le ferite
La polizia sulla scena dell’agguato. (Foto Keystone)
Red. Online
14.03.2019 09:30

NEW YORK (aggiornata alle 16.15) - L’italoamericano Francesco «Frank» Calì, 53 anni, è stato vittima mercoledì sera di un agguato davanti alla sua residenza di Staten Island (New York City) ed è morto in ospedale a causa delle ferite riportate per i colpi di arma da fuoco di cui è stato bersaglio. Lo riferiscono i media statunitensi che citano la polizia locale. Secondo i media si tratta del primo assassinio di rilievo negli ambienti della criminalità organizzata di New York da oltre 30 anni. L’agguato è avvenuto alle 21.00 ora locale, le 2.00 di oggi in Svizzera. Fonti della hanno poi riferito che l’uomo è stato crivellato con sei colpi di arma da fuoco al petto e poi investito da un camioncino blu Hilltop Terrace, in Todt Hill. I medici lo hanno portato con urgenza all’ospedale universitario di Staten Island, dove è appunto deceduto.

Chi era Frank Calì
Francesco Paolo Augusto Calì - detto Frank Calì o FrankieBoy - era appunto un mafioso statunitense appartenente alla famiglia Gambino ed era considerato il mediatore tra Cosa nostra statunitense e Cosa Nostra siciliana. Sono stati rilevati contatti con Nicola Mandalà e Nicola Notaro della Famiglia di Villabate, Giovanni Nicchi della Famiglia di Pagliarelli, Vincenzo Brusca della Famiglia di Torretta. Teneva rapporti anche con membri della ‘ndrangheta di Siderno. Ufficialmente amministrava società di import export di frutta.

Calì era stato arrestato nel febbraio del 2008 nell’ambito dell’operazione Old bridge insieme ad altri 62 presunti affiliati, con le accuse di racket, estorsione e associazione a delinquere. Prima del suo arresto, veniva considerato come un uomo misterioso, poiché non c’erano sue foto e lo si sentiva solo nominare al telefono in alcune intercettazioni.

Il 4 giugno del 2008 era stato quindi condannato per associazione a delinquere finalizzata all’estorsione ed era poi stato scarcerato il 6 aprile 2009. Dall’agosto del 2015 era considerato come il boss della famiglia Gambino, alla cui testa aveva preso il posto di Domenico Cefalù.