Gran Consiglio

Un aiuto ai media locali, il Parlamento approva il credito quadriennale

Il rapporto di minoranza di Centro, PS, Verdi e Avanti l'ha spuntata in aula grazie al sostegno di quasi tutti i piccoli partiti - Lega e UDC verso i referendum
©Chiara Zocchetti
Giona Carcano
16.09.2025 16:35

Non capita spesso di vedere un rapporto di minoranza superare l’ostacolo dell’aula. Eppure, ieri, è successo. Il Gran Consiglio ha infatti approvato una mozione di Giovanni Jelmini (poi ripresa da Maurizio Agustoni) che chiedeva un sostegno alla stampa scritta locale. Il risultato finale, piuttosto netto (45 sì, 31 no e 5 astenuti), è frutto del sostegno da parte di quasi tutte le piccole forze politiche e di alcuni «franchi tiratori» al rapporto firmato da Centro, Partito socialista, Verdi e Avanti con T&L. La palla passa ora al Governo, incaricato dal Parlamento di elaborare, in tempi brevi, un messaggio che proponga una legge e un credito quadriennale a favore della stampa a partire dal 2026. La cifra? 500 mila franchi all’anno da destinare – appunto – alle testate locali ticinesi. Attenzione, però: la Lega, che ha sostenuto il rapporto di maggioranza con UDC e PLR, ha ventilato l’ipotesi di lanciare un referendum. Stessa intenzione da parte dei democentristi. Insomma, l’ultima parola potrebbe dunque spettare al popolo.

La spaccatura

Il tema, al di là dei numeri e delle maggioranze, ha comunque spaccato il Parlamento. Essenzialmente sono due le «scuole di pensiero»: chi sostiene che la stampa scritta – alle prese con continui cali degli introiti pubblicitari e del numero di abbonati – vada sostenuta per non mettere a repentaglio la democrazia e chi, invece, è convinto che l’indipendenza delle testate vada salvaguardata, evitando un aiuto diretto da parte dello Stato. Posizioni, va da sé, inconciliabili.

«La concentrazione dei media danneggia o quantomeno limita la qualità del dibattito pubblico», ha ad esempio avvertito il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni. «Tanto più in una democrazia semidiretta come la nostra, in cui il cittadino interviene costantemente nel processo legislativo. È dunque importante che l’elettore o il votante abbiano la possibilità di informarsi in modo trasparente». Per Agustoni, dare «un piccolo aiuto» alla stampa scritta locale in un momento di difficoltà e di cambiamenti va a beneficio della qualità del dibattito democratico. Un punto di vista ripreso anche da Claudio Isabella (Centro). L’autore del rapporto di minoranza ha dapprima elencato le cifre della crisi, esplosa in tutta la sua evidenza con la chiusura del Giornale del Popolo. «Dietro questi numeri ci sono storie, famiglie e competenze che rischiano di andare perdute», ha sottolineato in aula. «Ma soprattutto, c’è il rischio che il Ticino perda la sua voce, la sua capacità di raccontarsi, di confrontarsi e di crescere». Per il deputato, se la stampa scritta sta male, anche il processo democratico ne risente. «Non sono qui per chiedere favori, e non lo dico per ideologia. Lo dico per chi ogni giorno si alza e legge un giornale, ascolta una radio, guarda un telegiornale per capire, per farsi un’opinione, per non essere manipolato. Sono qui per difendere un principio: il diritto dei cittadini ticinesi a essere informati, a poter leggere notizie che parlano del loro territorio, delle loro sfide, delle loro eccellenze. Perché senza informazione locale, senza giornalismo di prossimità, la nostra democrazia si indebolisce, il dibattito si impoverisce, la partecipazione politica si assottiglia». E i costi? Per Isabella, sono assolutamente accettabili. «Stiamo parlando di un credito limitato nel tempo e di una cifra ragionevole: 500 mila franchi, pari allo 0,01% del budget annuale dello Stato. Una somma contenuta, che può essere gestita con responsabilità». Per il finanziamento, Isabella ha proposto di attingere al fondo Swisslos, «evitando così di pesare sulla gestione corrente».

Agli antipodi, invece, l’essenza del discorso di Alain Bühler (UDC), autore del rapporto di maggioranza. «Senza giri di parole: sono contrario agli aiuti diretti dello Stato ai media e, allo stesso tempo, sono abbonato a entrambi i quotidiani ticinesi», ha premesso. «Perché ve lo dico? Perché credo nel lavoro dei professionisti che ci ascoltano dagli spalti e nell’essenza del quarto potere in una democrazia matura come la nostra. Per questo il mio contributo è personale, non a carico del bilancio pubblico. Il problema qui però è un altro, e non è un segreto: una parte di chi oggi sosterrà il rapporto di minoranza non è abbonata nemmeno a uno dei due giornali, ma vorrebbe staccare un assegno dal libretto dei contribuenti “in nome della democrazia”. I giornali li sostengono i lettori paganti; i contribuenti non devono sostituirli per decreto». Inoltre, per Bühler, va evitata la macchina dei sussidi. Quello ai media locali «viene definito un contributo “transitorio” ma sappiamo come va a finire: in Ticino i sussidi a termine raramente finiscono. Nascono, si consolidano, poi crescono. È un gioco pericoloso per i conti pubblici e, soprattutto, per l’equilibrio tra Stato e informazione».

Decida il mercato

Tendenza simile anche per il PLR, con il capogruppo Matteo Quadranti a chiarire meglio la posizione del partito. «I nostri commissari hanno sottoscritto il rapporto di maggioranza», condividendo quindi la tesi di Bühler. Tuttavia «al nostro interno non c’è unanimità su tutti i contenuti», e anche su alcuni toni utilizzati. «Abbiamo però sentito di un’ipotesi di finanziamento tramite il fondo Swisslos. Ultimamente capita un po’ spesso di ricorrere a questo fondo. Una proposta che non ci entusiasma più di tanto. Ma prima di determinarci vogliamo chiedere al Governo cosa ne pensa di questa soluzione».

Contraria agli aiuti alla stampa scritta locale, e in maniera molto meno sfumata rispetto ai liberali radicali, anche la Lega. «Giornali, radio e portali sono imprese, e come tutti devono stare sul mercato», ha spiegato Omar Balli. «La risposta alle difficoltà non può essere sempre la solita, e cioè un aiuto dello Stato. Cosa c’è di più gratificante nel dire di riuscire a camminare con le proprie gambe e di assumersi fino in fondo le proprie responsabilità? Troppo facile chiedere aiuto all’ente pubblico». Una visione, quella di Balli, fortemente contrastata dal co-coordinatore dei Verdi Marco Noi. «Strano che per altri sussidi questo discorso non venga fatto», ha attaccato. «Perché ad alcuni sì e per la stampa no? Questo mi fa dire che la posizione di chi avversa la mozione sia parecchio ideologica. A certi si concedono sussidi perché si ritiene abbiano più importanza o valore, ad altri no perché si banalizza e mortifica il valore della libertà di stampa».

L’agorà vuota

Sostegno alla mozione anche dalla sinistra, che ha sottoscritto il rapporto di minoranza. «I media sono l’agorà moderna, offrono uno spazio comune per costruire il dibattito pubblico, per informare, per formare opinioni, per esprimere preoccupazioni e rappresentare bisogni», ha sottolineato Yannick Demaria. «Ma un’agorà senza voce, pluralismo e indipendenza, è un’agorà vuota. Se vogliamo che la democrazia resti viva e partecipata, dobbiamo difendere i media locali come presidi di questo spazio collettivo». Il deputato socialista ha quindi parlato del «rituale quotidiano» di sfogliare un giornale. «Ogni mattina migliaia di cittadini aprono i quotidiani a casa, al bar, in pausa dal lavoro, e partecipano forse inconsapevolmente allo stesso rituale collettivo, silenzioso ma potente». Un rituale che «costruisce identità, appartenenza, partecipazione. La stampa resta un tassello indispensabile per la vita democratica».

Da parte sua, Amalia Mirante (Avanti con T&L) è entrata più nei dettagli della crisi dei media. «La mozione non parla solo di bilanci ma di democrazia e di pluralità», ha spiegato. «Siamo un piccolo cantone, una minoranza linguistica, senza media locali la nostra voce non si sente. I giornali locali sono in difficoltà, in pochi anni le entrate pubblicitarie sono crollate del 30%. Nel frattempo giganti come Google portano via la fetta più grossa. Io non ho nulla contro i social, anzi. Ma un giornalista professionista mette nome e cognome sotto quello che scrive. È questa responsabilità che dovrebbe garantire qualità, verifica delle fonti e possibilità di rettifica». Chiedere conto, per Mirante, «fa la differenza in una democrazia». Pieno sostegno alla mozione è arrivato anche da Verdi Liberali, HelvEthica ed MpS, contrario invece il PC.

Aspettare Berna

La palla è quindi passata al Governo, che ha ribadito la posizione contraria già contenuta nel messaggio. Pur riconoscendo la difficile situazione attraversata dai media ticinesi, Christian Vitta ha elencato le azioni già intraprese dallo Stato per favorire il settore e le iniziative in corso a livello federale. «Chiediamo di tenere conto di questi sviluppi affinché ci siano interventi complementari e coordinati, così come della situazione finanziaria del Cantone», ha detto il direttore del DFE.

L’aula, tuttavia, ha ribaltato i rapporti di forza della vigilia approvando l’aiuto quadriennale alla stampa scritta ticinese. Come detto, però, non è finita qui: Lega e UDC sono intenzionate a raccogliere le firme.