Un altro «s'ciopone» per la farmaceutica ticinese

L'ennesima sparata o un dato di fatto, di cui prendere atto? Il dazio a tre cifre ventilato da Trump per la farmaceutica ha procurato un altro «colpo al cuore» alle aziende del settore in Ticino. Il presidente americano ha annunciato di stare valutando una tariffa «molto alta, magari del 200 per cento» durante un incontro di gabinetto alla Casa Bianca. E giù i titoli in Borsa.
Ma - s'ciopone a parte - quanto c'è di concreto nella trattativa in corso e quali conseguenze si profilano per un settore che nel nostro cantone genera un fatturato di 2,6 miliardi, con una 60ina di aziende e poco meno di 4mila occupati? «È sicuramente un segnale preoccupante, se lo scenario dovesse concretizzarsi il contraccolpo per le nostre aziende sarebbe certamente importante» commenta il presidente di Farma Industria Piero Poli (Rivopharm). «Va tenuto presente, tuttavia, il contesto in cui ci troviamo».
Trattative in corso
Il contesto è quello di una trattativa ancora in corso tra Stati Uniti e Ue - Trump ha annunciato che invierà una lettera a Bruxelles nei prossimi due giorni - in cui la Confederazione si inserisce «assieme alla nostra associazione di categoria nazionale la quale sta seguendo da vicino l'evolversi della situazione» sottolinea Poli. «Nell'ambito di una trattativa, è consueto che le due parti abbiano visioni magari molto distanti, e trovino poi magari un punto d'incontro a metà strada».
L'auspicio di Farma Industria, insomma, è che la cifra scenda e magari di molto. Anche i dazi rivolti alla Cina, per fare un esempio, erano stati annunciati al 120 per cento nel cosiddetto «Liberation Day» e sono scesi attualmente (per tre mesi) al 10 per cento. Al momento, dunque, la parola d'ordine è: nervi saldi. «Va ricordato che gli Stati Uniti sono un mercato importante a livello nazionale, specialmente per alcune grandi realtà, ma per quanto riguarda il Ticino non sono la destinazione principale delle esportazioni» precisa ancora il presidente di Farma Industria.
"Non sarà un fuggi fuggi»
«Siamo ancora a livello di trattative e ipotesi, senza niente di scritto. Quando lo scenario si sarà concretizzato le aziende reagiranno di conseguenza» ragiona Poli. In ogni caso, un fuggi-fuggi verso gli Stati Uniti nel periodo di transizione (Trump ha parlato di una finestra di un anno per le delocalizzazioni - secondo il Ceo di Rivopharm «rimane uno scenario improbabile». Per l'industria farmaceutica ticinese al momento «il fattore negativo più concreto è il franco forte, che penalizza i nostri prodotti anche in mercati dove non ci sono dazi» ricorda Poli.