Un anno esplosivo per i bancomat (letteralmente)

Il 2022 è un anno esplosivo per i bancomat, i distributori automatici di banconote aperti 24 ore su 24. Letteralmente. Perché sono oltre una cinquantina quelli presi di mira dalle bande criminali che, per poter mettere le mani sul prezioso malloppo gelosamente custodito nella «pancia» dell'apparecchio, li fanno saltare in aria. L'ultimo un paio di giorni fa, il numero 55, a Zurigo. Una progressione di attacchi impressionante, se si pensa che nel 2018 erano appena 18. Per la maggior parte ancora in modo «tradizionale» usando strumenti non troppo sofisticati. Una tendenza ben presto abbandonata in favore dell'iniezione di gas ad alta pressione, oppure dell'esplosivo. Un «BANGcomat», com'era titolato l'articolo apparso sul Corriere del Ticino. Il plastico (o altro materiale simile) è efficace, certo, ma con lo svantaggio di richiedere conoscenze tecniche da parte di chi, nel gruppo di assaltatori, deve poi manipolarlo. «Sì, parliamo di conoscenze militari o perlomeno da artificiere», sottolinea Orlando Guidetti dal suo studio di Losone. Il 51.enne, che sul suo sito web si presenta come criminologo, ha alle spalle una lunga carriera tra polizia e politica. «Ma oggi mi dedico unicamente a questa mia attività», sottolinea mentre scorre l'elenco fornito dalla Polizia federale con le località e i dispositivi presi di mira negli ultimi dodici mesi. Notando una curiosità: nessun colpo è mai avvenuto in Ticino, contrariamente a quanto successo in passato. «La polizia dispone di un dispositivo di tutto rispetto, ma anche la conformazione del territorio gioca a "sfavore di ladro"», dice.
La polizia federale riporta come questo tipo di attacchi si verifichino in tutta Europa. Materiali, logistica e anche esecutori sono ormai organizzati a livello transnazionale. L'aumento del numero di casi segnato in Svizzera dal 2019, secondo gli esperti, sarebbero da ricercare nelle dimensioni ridotte della Svizzera e nella sua alta densità di bancomat. Ma non solo. Ogni volta che una nazione fa un passo avanti nella lotta contro questo tipo di furti, le bande decidono di compiere un nuovo passo verso la Svizzera, magari rimasta un po' più indietro su questo tipo di innovazioni. «Questa tecnica ricalca le modalità di un furto, piuttosto che quelle di una rapina, nonostante l'esito sia simile», osserva Guidetti. «È assodato come oggi eseguire una rapina in banca "vecchio stile", con i sistemi di sicurezza e dispositivi di polizia... è impensabile. Il rischio è troppo alto».


Sentimento di insicurezza
Il furto non comporta la messa in pericolo di persone, non comporta la coercizione, non comporta una squadra numerosa, spiega l'interlocutore. «Ci sono meno fattori organizzativi. Con un gruppo di tre, massimo quattro componenti, questo crimine si può compiere senza problemi. I malviventi possono prendersi il tempo per analizzare la situazione, controllare orari e abitudini della polizia... hanno una pianificazione lunga. Stiamo parlando di persone con un'esperienza criminale piuttosto forte e di un tipo di criminalità oserei dire organizzata».
C'è poi il lato più «romantico», se può essere davvero chiamato così, delle banconote che volano per aria, una sorta di gesto liberatorio alla «Robin Hood». «La battuta di strada è che "tanto le banche hanno un mare di soldi, che vuoi che sia un bancomat". Certo, all'inizio ci si può anche ridere su, ma dopo mesi sotto questo tipo di attacchi penso che subentri un sentimento di insicurezza: uno si ferma un attimo e non ci vuole un gran ragionamento nel concludere che come attaccano il bancomat, questi cattivi possono attaccare qualsiasi altro tipo di struttura. Subentra quella che io chiamo una sorta di "paura del terrorismo". L'aumento di questi fatti porta la popolazione a non scherzarci più sopra come un tempo». Secondo Guidetti, insomma, «la paura, man mano che andiamo avanti, diventerà sempre più palpabile».



Mesi di preparazione
Professionisti, si diceva. Criminalità organizzata. Gente preparata. «Non è la persona comune che si improvvisa Diabolik. Queste persone sanno come muoversi, fanno esperimenti con materiali esplosivi per capire la potenza della deflagrazione, il raggio di attività. La dinamica delle schegge, che potrebbero ferire persone o causare altri danni collaterali imprevisti». L'esperto si spinge anche oltre: «Immagino che abbiano anche delle riproduzioni di questi apparecchi. Delle schede tecniche. La preparazione per un attacco del genere può durare anche mesi».
Per quanto riguarda le tecniche, la polizia federale evidenzia come gli attacchi con esplosivo, ad oggi e sempre nel 2022, siano già stati una ventina. «Mettono in serio pericolo la vita e l'integrità fisica dei residenti locali o delle persone che si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato, nonché delle forze di intervento inviate sul posto», scrivono le autorità in una nota indirizzata al Corriere del Ticino.
In un filmato messo a disposizione della stampa, sono mostrate delle prove messe a punto a metà novembre dall'Istituto forense di Zurigo, in collaborazione con la polizia federale. Alcuni bancomat sono fatti saltare in aria in un ambiente controllato e sicuro, cercando di replicare alcuni scenari che si presentano di fronte agli agenti che arrivano sul luogo del delitto. La potenza mostrata in tutte le sue sfaccettature di fronte alle telecamere al rallentatore è devastante, al di là dell'aspetto scientifico e dei metodi di misurazione (fra l'altro sotto il benestare del produttore NCR, di una banca e della società di sicurezza MIB): le parti metalliche sono scaraventate per decine di metri in aria a tutta velocità.


«Non illudiamoci»
«Se parliamo di gas GPL o acetilene... beh queste cose si possono reperire facilmente», spiega ancora Guidetti. «Ma quando si comincia a parlare di materiali esplosivi tipo plastico, la cerchia di persone coni requisiti per poterlo manipolare e gestire si restringe molto. L'utilizzo di esplosivi di questo tipo deve per forza comportare conoscenze militari, o perlomeno da artificiere. Farsi male con queste cose, è facilissimo».
L'esperto è poi convinto di un'altra cosa: «La parte difficile è la fuga. Sono convinto del fatto che, chi compie atti del genere, disponga di un appoggio sul territorio. Immagino una sorta di rifugio possa permettere di nascondersi fin quando le acque non si sono calmate. Con la refurtiva. Sarebbe più che mai necessario in un cantone come il Ticino. Immaginiamo di colpire, ad esempio, un bancomat a Locarno. Malgrado siamo vicini alla frontiera, non è così facile riuscire a scappare. Non ci sono molte vie d'uscita e una volta bloccate quelle poche arterie principali. Siamo fermi. I ladri lo sanno bene e penso che con il tempo si sono accorti che non è così semplice. Per noi che viviamo nella Svizzera italiana è un vantaggio. Rinforzato anche un buon dispositivo di polizia che nel tempo è migliorato. Penso sia proprio questo il motivo per cui ora si spostano in altre regioni della Svizzera. Ma non dobbiamo illuderci - conclude -. Perché come si evolve la metodica nella prevenzione, si evolvono di pari passo anche i criminali, che cercano di capire come perpetrare reati e come sfuggire alla cattura».
