Un controverso ponte tra l'Europa e l'America

TTIP è un acronimo nel quale chiunque nelle ultime settimane abbia preso in mano un giornale o seguito un notiziario radiotv, si è imbattuto, spesso senza comprenderne il significato. Che è «Transatlantic Trade and Investment Partnership» (Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti), ossia un accordo commerciale che da tre anni Stati Uniti e Unione europea stanno, più o meno segretamente, negoziando con lo scopo di integrare i rispettivi mercati e creare la più grande area di libero scambio del pianeta che coinvolge oltre 820 milioni di persone e che producono quasi il 50% del PIL mondiale.
Un'operazione sulla carta favolosa ma che sin dall'inizio delle negoziazioni ha spaccato in due l'opinione pubblica. C'è infatti chi lo considera come uno strumento capace di dare un forte impulso a crescita economica, investimenti e occupazione sulle due sponde dell'Atlantico e chi invece lo ritiene una sorta di «Cavallo di Troia» delle multinazionali per mettere in pratica un liberismo sfrenato a discapito di qualsiasi legge di protezione dell'ambiente, della salute e del lavoro. Ma chi ha ragione in questo dibattito, reso incandescente nelle ultime settimane da alcune rivelazioni di Greenpeace (che ha avuto accesso a documenti segreti legati all'accordo), da una dura presa di posizione da parte del presidente francese Hollande e da manifestazioni di piazza in tutta Europa? Noi abbiamo cercato di fare un po' di luce sull'argomento.
Dall'inizio
L'idea di trasformare Stati Uniti ed Europa in un unico mercato risale in pratica alla fine della Seconda guerra mondiale, ma solo dopo la firma del Trattato di Lisbona che nel 2009 ha dato la forma attuale all'Unione europea si è iniziato a pensare ad una reale attuazione del progetto. Nel giugno 2013 il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e l'allora presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, hanno poi avviato ufficialmente i negoziati in tal senso che avrebbero dovuto – in teoria - essere completati nel 2015 ed in seguito votati dal Parlamento europeo.
Un negoziato segreto
Una prima particolarità legata al TTIP è che si tratta di un negoziato segreto, portato avanti e conosciuto unicamente dai gruppi di tecnici che se ne occupano, dal Governo degli USA e dalla Commissione europea senza che né i rispettivi Parlamenti e tantomeno le varie nazioni che vi dovrebbero aderire, abbiano la possibilità non solo di dire la loro, o anche solo di visionarne i termini. Elemento, questo, che è stato impugnato e denunciato dai suoi oppositori tanto da costringere l'UE, lo scorso anno, a diffondere un documento ufficiale contenente il suo mandato a negoziare. Oltre alle direttive fornite dalla UE ai negoziatori, sono comunque trapelate nel corso degli ultimi due anni varie bozze, ottenute e pubblicate da alcuni giornali, riguardanti alcuni singoli contenuti dell'accordo: la più recente fuga di notizie l'ha provocata la filiale olandese di Greenpeace che ha trafugato e rese pubbliche 200 pagine «top secret» sullo stato dei negoziati dalle quali emergono grandissime divergenze tra le due parti.
Ma cos'è il TTIP?
Stando al documento diffuso dalla UE – a oggi l'unico ufficiale in materia – è «un accordo commerciale e per gli investimenti» il cui obiettivo è «aumentare gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti realizzando il potenziale inutilizzato di un mercato veramente transatlantico, generando nuove opportunità economiche di creazione di posti di lavoro e di crescita mediante un maggiore accesso al mercato e una migliore compatibilità normativa e ponendo le basi per norme globali».
Tale accordo dovrebbe agire in tre direzioni: attraverso la possibilità di libero accesso ai rispettivi mercati (nei settori merci, servizi, investimenti e appalti pubblici); rimuovendo gli ostacoli agli scambi e agli investimenti – compresi gli ostacoli non tariffari esistenti – mediante meccanismi efficaci ed efficienti; raggiungendo un livello ambizioso di compatibilità normativa in materia di beni e servizi, anche mediante il riconoscimento reciproco e migliorando la compatibilità normativa ponendo le basi per regole globali.
I sostenitori e gli oppositori
Parecchi studi e ricerche sul tema ritengono che una volta raggiunto l'accordo tra le due parti, il TTIP sarà benefico sia per gli Stati Uniti che per l'UE, provocando un aumento del volume degli scambi e in particolare delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti, favorendo una crescita sia del PIL mondiale (che potrebbe a medio termine aumentare tra lo 0.3 e lo 0,5 per cento pari a 119 miliardi di euro) sia quello dei singoli Stati. Poiché ci sarebbe una maggiore concorrenza, si registrerebbero inoltre miglioramenti generali sull'innovazione e sul progresso tecnologico.Gli oppositori al Trattato iniziano le loro critiche partendo dalla già citata segretezza della sua stesura e dalla mancanza di trasparenza dell'accordo, mettendo poi in dubbio anche le cifre sul suo effettivo impatto, giudicate sin troppo ottimistiche. Le critiche più forti sono tuttavia legate all'armonizzazione delle norme che sarebbe fatta al ribasso, a vantaggio non dei consumatori ma delle grandi aziende, minacciando i diritti fondamentali dei lavoratori e la salute. Questo per il fatto che i principi su cui sono basate le leggi europee sono diversi da quelli degli Stati Uniti. Nel Vecchio Continente vige infatti il principio di precauzione (ovvero l'immissione sul mercato di un prodotto avviene dopo una valutazione dei rischi) mentre negli Stati Uniti si procede in massima parte al contrario: la valutazione viene fatta in un secondo momento ed è accompagnata dalla garanzia di presa in carico delle conseguenze di eventuali problemi legati alla messa in circolazione della mercanzia. Una delle questioni più controverse riguarda inoltre la clausola ISDS, Investor-State Dispute Settlement, su cui insistono gli States e che prevederebbe la possibilità che gli investitori ricorrano a tribunali terzi in caso di violazione, da parte di uno Stato destinatario dell'investimento estero, delle norme di diritto internazionale in materia di investimenti.
Lo «scoop» di Greenpeace
Nel mezzo di questa dialettica, è intervenuta, come accennato, la scorsa settimana la sede olandese dell'organizzazione ecologista Greenpeace che ha trafugato e pubblicato oltre 200 pagine sullo stato dei negoziati dalle quali emerge come le posizioni su alcune tematiche siano ancora abbastanza distanti: secondo questi «leaks» gli USA spingerebbero infatti per un abbassamento degli standard europei su agricoltura, salute e ambiente, mentre l'Europa , dal canto suo, vorrebbe un libero accesso al mercato USA di servizi finanziari e appalti ottenendo però un secco diniego al riguardo.
Insomma, al di là delle sempre ottimistiche dichiarazioni delle due Commissioni che stanno portando avanti le trattative – stando alle quali ad un accordo che soddisfi entrambe le parti si può arrivare in tempi relativamente brevi (qualcuno si augura addirittura prima delle prossime elezioni americane, visto che tutti i principali candidati alla presidenza USA, da Donald Tump a Bernie Sanders, passando per Lady Clinton hanno dichiarato di non essere particolarmentre favorevoli all'operazione) l'inaugurazione di questo «ponte economico» in grado di far interagire liberamente l'economia ai due lati dell'Oceano, appare molto lontana, se non addirittura remota.