Un film che evoca il ritorno alle armi

Polemica su "Sangue" di Delbono: si risolverebbero così i problemi dell'Italia?
Red. Online
14.08.2013 08:34

LOCARNO - Nella scena finale, girata tra gli edifici in rovina del centro storico de L'Aquila, il commento del regista in voce off si spinge a evocare un "ritorno alle armi" per risolvere i problemi dell'Italia di oggi: parliamo di "Sangue" di Pippo Delbono, in concorso a Locarno. A detta del regista, un film "budget zero", ma che in realtà ha potuto contare sui finanziamenti della RSI e della Cineteca svizzera.

Basterebbe solo questo ad aggravare la polemica, già attivata dalla presenza, tra i protagonisti, dell'ex terrorista delle BR Giovanni Senzani, condannato all'ergastolo per il rapimento e l'uccisione di Roberto Peci, fratello del penti­to Patrizio Peci. Senzani, tra l'altro, appena uscito dal carcere, non si è mai pentito: "La nostra collaborazione nasce da un incontro umano" ha detto Delbono. Sarà. Ma nel film il terrorista arriva a ricostruire l'uccisione dell'ostaggio Roberto Peci mettendo l'accento unicamente sullo squallore del luogo dov'è avvenuta e sul fatto che "per pietà" si è sincerato della morte della vittima. Anche qui, non una parola di pentimento né di rimorso, ma una tronfia fierezza nel ricordare come poi, lui, abbia saputo sopravvivere alle "torture subite in carcere". (vedi Gallery)

Non solo a Locarno, dunque, ci si sta chiedendo: fino a che punto si può spingere un artista? In tempi di grave crisi sociale in Italia, e con gli anni di piombo alle spalle, può un regista (ri)lanciare "messaggi" sull'imbracciare i fucili? Si tratta della solita fascinazione per la violenza tipica, anche, di una certa sinistra intellettuale, oppure di una facile provocazione? Il Corriere oggi in edicola dedica ampio spazio alla vicenda.

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