Il fatto

Un gruppo di sub raccoglie oltre una tonnellata di rifiuti

Vetro, plastica, pneumatici, i fondali attorno all'isola di Mljet, nelle acque croate dell'Adriatico, sono come una discarica: «I nostri dati servano a risolvere il problema»
I sommozzatori hanno suddiviso i rifiuti in diverse categorie mentre nuotavano, utilizzando sacchi di colori diversi per raccoglierli
Jona Mantovan
06.05.2023 13:09

Le acque sono cristalline e la giornata è perfetta. Soleggiata e calda al punto giusto. Qui – in Croazia, nei pressi dell'isola di Mljet –, un gruppo di sommozzatori sta per immergersi. Tutti loro sanno perfettamente che, nonostante le gradevoli sfumature dei riflessi di questo scorcio di Adriatico, dal turchese all'azzurro, dal blu al verde, sui fondali di questo spettacolo naturale si nasconda, in realtà, una vera e propria discarica. Il gruppo di persone, che agisce in modo del tutto volontario, si mette all'opera per raccogliere i rifiuti che giacciono sulle sabbie subacquee. Alla fine della giornata, gli scarti raccolti pesano oltre una tonnellata. Lo scopo di questa particolarissima squadra, riunitasi nel fine settimana, è tentare di ridurre anche l'inquinamento futuro. 

Mljet, che si trova a nord-ovest della popolare destinazione turistica di Dubrovnik, agisce come «una diga naturale» per i rifiuti trasportati dalla corrente da sud a nord, ha dichiarato il sub Matko Pojatina di fronte alle telecamere della Reuters. I sommozzatori hanno suddiviso i rifiuti in varie categorie mentre nuotavano, utilizzando sacchi di colori diversi per raccoglierli. «Abbiamo fatto una serie di prove per separare i rifiuti sott'acqua. È importante sapere con esattezza quali rifiuti siano presenti in quali quantità. Ora abbiamo deciso di consegnare sacchetti di colori diversi a tutti i partecipanti a quest'azione, che dovranno separare i rifiuti sott'acqua».

La nostra ipotesi, come scienziati, è che il 70% dei rifiuti affondi sul fondo marino, sia in alto mare sia nelle zone costiere poco profonde
Pero Tutman, scienziato dell'Istituto Oceanografico e della fauna ittica

«Servono più dati»

«Noi volontari siamo gli unici a portare via tutti i rifiuti che finiscono in mare. Volevamo stabilire una serie di regole uguali per tutti, regole che pure gli scienziati possano utilizzare per estrarre dei dati sulla quantità di rifiuti, sul tipo di rifiuti e su tutto ciò che troviamo qui».

Rossi, gialli, verdi... i sacchi dei materiali portati faticosamente a terra sono colmi di vetro e plastica, ma i subacquei hanno trovato anche pneumatici, legno e rottami metallici. Tutto nel mare cristallino intorno all'isola. Sebbene sia importante effettuare operazioni di pulizia, lo scienziato Pero Tutman ha affermato che la mancanza di dati sui rifiuti che finiscono nell'Adriatico impedisce di affrontare il problema in modo adeguato. Ha aggiunto, poi, che spera di creare una rete che riporti i dati sulla quantità e sul tipo di rifiuti recuperati dal fondo marino e che aiuti a progettare politiche per ridurli.

«Nei due giorni in cui si è svolta questa azione in tre diverse immersioni, sono stati raccolti in totale 1.100 chili di rifiuti marini diversi, tra cui i più diffusi sono il vetro e la plastica. La nostra ipotesi, come scienziati, è che il 70% dei rifiuti affondi sul fondo marino, sia in alto mare sia nelle zone costiere poco profonde. Organizzando queste immersioni sulla costa stiamo facendo qualcosa di significativo: in primo luogo, riduciamo la quantità dei rifiuti marini; in secondo luogo, aumentiamo il livello di consapevolezza ambientale sul fatto che esista un'emergenza chiamata ‘rifiuti marini’ e che è necessario agire per rimuoverli».

I rifiuti marini sono il problema ambientale globale numero uno. Tra il 60 e il 90% dei rifiuti marini è costituito da plastica

Una rete di persone

Lo scienziato, dell'Istituto di Oceanografia e fauna ittica, ha sottolineato l'importanza di combattere questo fenomeno: «Perché ci occupiamo di questo problema? Semplice. Perché i rifiuti marini sono il problema ambientale globale numero uno. Tra il 60 e il 90% dei rifiuti marini è costituito da plastica. La plastica è un materiale ampiamente distribuito nel mondo e questo è uno dei motivi per cui ce n'è così tanta in mare. C'è poi un altro problema: finora, queste campagne, queste immersioni di pulizia, sono avvenute senza registrare i dati sulla quantità di rifiuti raccolti. La nostra intenzione, non solo da parte dell'Istituto ma anche mia personale e scientifica, sarebbe creare una rete che metta in contatto queste persone, da cui ricavare dati sulle quantità e sulla composizione degli scarti recuperati dal mare. Non è importante solo la quantità, ma anche la composizione. Perché, in base a questa, possiamo valutare la fonte e l'origine. Solo su questa base, infatti, potremmo anche definire alcune misure», ha concluso Tutman.

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