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Un nuovo accordo sul telelavoro dei frontalieri «serve in tempi brevi»

L'Associazione dei Comuni di frontiera scrive a Roma e sollecita una nuova intesa amichevole tra Italia e Svizzera – Il presidente Mastromarino: «È nato come provvedimento eccezionale, ma è diventato strutturale»
© CdT / Mastromarino
Jenny Covelli
20.02.2023 18:11

Una lettera indirizzata alla presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze italiani. Così l'Associazione dei Comuni di frontiera ha voluto sollecitare il Governo affinché stringa una nuova intesa amichevole con la Confederazione sul «lavoro agile» dei frontalieri. Di cosa si tratta? Della possibilità di telelavoro.

Dal 1. febbraio non è infatti più in vigore l'accordo transitorio sottoscritto con la controparte italiana nel 2020, in piena pandemia. Un accordo che permetteva ai lavoratori italiani di lavorare da casa senza incorrere in complicazioni fiscali; i giorni di telelavoro venivano considerati come giorni di lavoro in Svizzera e non venivano pertanto tassati dall’erario italiano. Ma la stessa Segreteria di Stato per le questioni finanziare internazionali (SFI), a fine dicembre, aveva parlato della «chiara volontà» da parte del Governo federale «di negoziare un nuovo accordo amichevole sul telelavoro con l’Italia».

(Anche) su questa volontà dichiarata si basa la lettera firmata questa mattina dal presidente dell'Associazione Comuni italiani di frontiera, Massimo Mastromarino: «Ho sollecitato l'accordo amichevole con la Svizzera, come è stato fatto già con la Francia», affinché si permetta ai lavoratori frontalieri di poter continuare a svolgere il telelavoro almeno per il 40% del tempo lavorativo, quindi due giorni su cinque, senza che ciò comporti alcuni aggravio fiscale». 

Ma perché è così importante, domandiamo al nostro interlocutore. «Perché il telelavoro nasce come un'esigenza durante la pandemia, un provvedimento eccezionale, che però è diventato sempre più strutturale - spiega Mastromarino. È evidente in tutte le aziende, non solo quelle con lavoro transfrontaliero. È una modalità nuova di lavoro, che da una parte permette ai lavoratori di utilizzare al meglio il proprio tempo, dall'altra consente al sistema produttivo e lavorativo di organizzare meglio i propri spazi e le proprie modalità di erogazione e organizzazione del lavoro». E, non meno importante, «permette di ridurre la mobilità dei frontalieri».

Il presidente dell'Associazione dei Comuni di frontiera ne è convinto: il telelavoro «è un'evoluzione del lavoro frontaliere»: «Se funziona per i lavoratori a livello nazionale, su suolo italiano, deve poter funzionare anche per i lavorati frontalieri. Sono sicuro che il ministro Giorgetti darà voce a questa mia richiesta, affinché in tempi brevi si possa tornare a garantire ai nostri lavoratori frontalieri il telelavoro». Giancarlo Giorgetti è il ministro dell'Economia e delle finanze italiano che il 1. febbraio, rispondendo in Aula alla Camera a un'interrogazione legata ai cittadini di Campione d'Italia, ha già parlato di «disponibilità al dialogo» della «controparte elvetica». Il ministro si è detto «fiducioso che questo dialogo consentirà di giungere in tempi rapidi alla regolazione anche delle prestazioni di lavoro da remoto».

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