Un omicidio ai Caraibi porta anche in Ticino

Cosa lega Ponte Tresa e l’assassinio di un ministro della Repubblica Dominicana? Una ditta ticinese, assolutamente estranea ai fatti ma che probabilmente fu la causa scatenante del delitto. Il 6 giugno 2022 il ministro dominicano dell’ambiente Orlando Jorge Mera, 55 anni, veniva assassinato nel suo ufficio, con 13 colpi di pistola, dal suo migliore amico, Fausto Miguel de Jésus Cruz de la Mota, detto Carandai, commerciante e imprenditore. Nemmeno un anno dopo, il 26 aprile 2023, l’assassino è stato condannato al massimo della pena, 30 anni di carcere, nonché al risarcimento alla famiglia di 50 milioni di pesos (poco meno di un milione di franchi).
In sottofondo al fatto di sangue – anche se estranea al crimine – c’è un’azienda ticinese, l’Aurum Gavia SA di Ponte Tresa, il cui titolare è Moisé Tschanen e che si occupa di recupero e riciclaggio di metalli. Nel settembre 2021 l’Aurum Gavia era entrata nel mercato dominicano e stava cercando di ottenere i permessi per l’esportazione (in Israele) di 5.000 tonnellate di vecchie batterie al piombo. Qualcuno suggerì Cruz de la Mota come possibile intermediario e questi accompagnò Tschanen e il suo socio Shlomi Pilo nell’ufficio di Jorge Mera, di cui era amico d’infanzia, figlio di un ex presidente della Repubblica e che un anno prima, con il suo Partido Revolucionario Moderno, aveva vinto le elezioni. L’incontro – ha raccontato Tschanen – fu molto cordiale e il ministro, nel congedarli, li indirizzò ai suoi collaboratori per le procedure volte a ottenere i necessari permessi. De la Mota però non si fece più vivo fino al febbraio 2021, quando ricontattò Tschanen – che nel frattempo aveva avviato l’iter direttamente con funzionari del Ministero – e cercò di entrare in società con lui, chiedendogli anche soldi e minacciando di bloccare tutto grazie alle sue conoscenze. Tschanen rifiutò e nel frattempo il permesso di esportazione gli fu negato, anche se i funzionari assicurano che De la Mota non c’entrava niente.
Il 6 giugno De la Mota si presentò nell’ufficio di Mera e rimase solo con lui. Furono uditi degli spari e il ministro morì sul posto, mentre il suo assassino riusciva a fuggire, raggiungere la figlia – ignara di tutto – nel parcheggio del Ministero e rifugiarsi in una chiesa. La sera stessa si consegnò agli inquirenti. Durante il processo De la Mota ha asserito di aver fatto visita all’amico per reclamare il rimborso di parte dei 3 milioni di dollari che a suo dire gli avrebbe prestato per la campagna elettorale – ma di questa transazione non c’è traccia –, e che lo stesso ministro gli avrebbe sparato per primo; lui si sarebbe solo difeso. La corte però non ha creduto a questa tesi e lo ha condannato per omicidio premeditato, visto che in più occasioni De la Mota avrebbe minacciato di uccidere Mera perché «io li ho aiutati nella campagna elettorale ma loro non mi aiutano negli affari». L’accaduto ha fatto scalpore, e altrettanta sorpresa ha destato la rapidità della sentenza in un sistema giudiziario particolarmente lento e sovraccarico. Basti pensare che da due anni sono in attesa di giudizio per diversi atti di corruzione ai danni del governo – slegati uno dall’altro – un fratello e una sorella dell’ex presidente Danilo Medina (capofila del Partido de Liberacion Dominicana, PLD, sconfitto alle elezioni), il capo delle sue guardie presidenziali, l’ex candidato alla presidenza del PLD, due ex ministri e, dulcis in fundo, il… Procuratore generale della Repubblica Dominicana.