"Un passo spiacevole e necessario"

Il presidente PPD Darbellay non condivide il no in Commissione sulla Lex USA
Anna Fazioli
14.06.2013 07:07

BERNA - Dopo il «sì» degli Stati mercoledì scorso, ieri sera la Commissione Economia del azionale ha invece bocciato con 16 voti contro 9 l'entrata in materia sulla Lex USA, la legge che dovrebbe permettere alle banche svizzere di risol­vere le loro vertenze fiscali negli Stati Uniti. La Commissione, ha spiegato il suo presidente Christoph Darbellay, ha però adottato una mozione per ri­prendere in una legge separata la parte della Lex USA che riguarda la prote­zione dei collaboratori. Accolta anche la mozione proposta dagli Stati che vuole perseguire quei banchieri che si sono comportati in modo illegale. Durante le discussioni è stato sentito il CEO di Raiffeisen Pierin Vincenz, che «si è chiaramente espresso a favore della Lex USA». Il Consiglio nazionale si pronuncerà martedì mattina. Il PPD continua a sostenere la Lex USA. Ma è davvero necessaria?

«Premetto che mi trovo in una situazio­ne un po' imbarazzante. Sostengo la li­nea della minoranza che è quella del Governo e del Consiglio degli Stati, ma come presidente della Commissione Economia del Nazionale devo rappre­sentare la maggioranza».

Come il suo collega di partito Konrad Graber, presidente della Commissio­ne Economia degli Stati.

«In aula ha dovuto difendere il voto ne­gativo della Commissione, ma fuori dall'aula, vista l'importanza del tema, ha espresso il suo parere favorevole. A nostro avviso il punto principale è: co­me far uscire le banche dal vespaio do­ve si sono cacciate? C'è questa propo­sta. Oppure nessun'altra. Non c'è un piano B, la ministra delle Finanze Widmer-Schlumpf l'ha ribadito».

Eppure un anno fa il Consiglio federa­le ha autorizzato alcune banche a tra­smettere delle informazioni, sempli­cemente concedendo una deroga all'articolo del Codice penale che vieta questo tipo di azioni verso altri Stati.

«Si trattava di una situazione d'urgenza poiché era in corso un'azione penale. E comunque anche quelle banche al mo­mento sono bloccate. Il 90% dei dati è stato trasmesso, manca il 10%. Dovreb­be trattarsi delle cosiddette ?leaver-list?, le informazioni sui capitali che hanno lasciato UBS. E a partire da quei dati al­tre banche saranno certamente coin­volte. Questa legge è una soluzione li­berale: ci limitiamo a fornire un quadro legale, nell'ambito del sistema giuridico svizzero, per permettere a queste ban­che di regolare i problemi del passato. Ciò è essenziale per la sicurezza giuridi­ca e per il futuro del settore. Non si trat­ta più solo di UBS. Anche le banche cantonali sono coinvolte e potrebbero trovarsi in una situazione molto diffici­le. Noi facciamo semplicemente un'a­nalisi lucida della situazione. Non fare nulla è impossibile. Faremmo volentie­ri a meno di quest'accordo. Ma occorre minimizzare il rischio».

Il rischio è davvero così elevato? «Gli americani hanno deciso di perse­guire tutti i loro cittadini, ovunque sia­no nel mondo, come hanno perseguito i terroristi. Credo che abbiamo una re­sponsabilità da assumere, anche se è spiacevole ed è dovuta al comporta­mento dei banchieri, che pure dovran­no assumersi le loro responsabilità. Sa­ranno loro a dover decidere se parteci­pare o no al programma. Se non aderi­scono pur avendo qualcosa da rimpro­verarsi, verranno in ogni caso scoperti».

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