Un vagito di speranza nel dramma della Vallemaggia: «Il nostro futuro sarà qui»

«Ho una bella notizia. Questa notte, a Bignasco, una donna è entrata in travaglio. Poche ore dopo è nato Vittorio». Giovedì 4 luglio, al termine della conferenza stampa in cui si annunciava l’identificazione della quarta vittima, era stato il portavoce della Polizia cantonale Renato Pizolli a dare l’annuncio. In mezzo alla tragedia che ha sconvolto la Vallemaggia, uno spiraglio di luce.
Aveva fretta di venire al mondo Vittorio. Il parto cesareo era già stato programmato per il 9 luglio. Invece, a sorpresa, il piccolo è arrivato in anticipo. Nei giorni concitati dell’emergenza in Vallemaggia. «In previsione del parto - racconta Raffaella, la mamma 35.enne - avevo pensato di scendere a Locarno, da mia sorella. Vista la situazione complicata in valle, sarei partita un po’ prima. In modo da passare gli ultimi giorni in tutta tranquillità, anche perché per il fine settimana avevano previsto brutto tempo». E invece il destino ha deciso diversamente. La sera di mercoledì 3 luglio a Raffaella si rompono le acque. «Quella sera mi sentivo strana, sentivo la pancia molto pesante e mi mancava il respiro. Quando poi mi sono alzata dal letto per andare in bagno, mi sono accorta che c’eravamo. A quel punto, ho gridato al mio compagno di chiamare i soccorsi. Non sapevamo come muoverci, non ce lo aspettavamo». Luca, 29 anni, ci ha messo qualche secondo a realizzare che sì, la sua compagna stava davvero per partorire. Che doveva muoversi in fretta e capire come raggiungere l’ospedale. «La fortuna ha voluto che la passerella ciclo-pedonale fosse stata aperta al traffico motorizzato proprio quel giorno», dice Luca. Senza perdere tempo, lui si è attaccato al telefono per chiamare l’ambulanza. «C’era il dubbio che dovesse intervenire la Rega. Alla fine, i soccorsi ci hanno detto di andare fino alla passerella di Visletto in auto. Abbiamo attraversato il ponte e dall’altra parte abbiamo trovato l’ambulanza». Di lì, la coppia è stata portata velocemente alla Carità di Locarno, dove il piccolo Vittorio è nato alle 9.08 del mattino. «Io che avevo così paura del travaglio, mi sono ritrovata a doverlo affrontare. E devo dire che tutto sommato è andata bene», racconta Raffaella, mentre accarezza il visino del suo bambino. Nonostante il trambusto di queste ultime settimane, i due genitori appaiono sereni. Non hanno mai avuto paura, raccontano, durante quella nottata. «Certo, c’era da capire come raggiungere l’ospedale. E c’era la sorpresa di un parto in anticipo. Ma in generale siamo rimasti tranquilli».

Felicità e senso di colpa
A una decina di giorni dall’arrivo di Vittorio, «ce la stiamo cavando bene», dicono. E mentre lo guardano, innamorati di quel piccolo esserino che sonnecchia tra le braccia della sua mamma, ripetono: «Ci sentiamo davvero fortunati». Già. Perché se la nascita di un bambino è sempre una bella notizia, quando avviene nel bel mezzo di una tragedia come quella che ha colpito la Vallemaggia, assume tutto un altro significato. Per la famiglia, ma soprattutto per una comunità sconvolta, che cerca di ripartire. Non è un caso, forse, il grande calore con il quale è stato accolto Vittorio. «Le persone si fermano, lo chiamano per nome. Ci sentiamo coccolati, fa piacere e commuove. Addirittura, una signora della Valle Morobbia ha fatto recapitare in Municipio un piccolo regalo per lui», dice Raffaella mentre ci mostra una cuffia fatta a uncinetto e un bavaglino. «È un bambino fortunato», ripete, mentre racconta della famiglia che li circonda, con addirittura quattro bisnonni che non vedono l’ora di contenderselo. Eppure, mentre ripercorrono gli ultimi giorni, il sorriso di Raffaella si spegne. «Noi siamo così felici, mentre attorno a noi c’è chi ha perso tutto. Ci sentiamo quasi in colpa».

Il ricordo di quella notte
La mente, allora, torna a quella notte, tra il 29 e il 30 di giugno. «Pioveva, pioveva fortissimo. Dalla finestra, la valle Bavona sembrava quasi illuminata a giorno». Raffaella si è accorta che non c’era elettricità. «La luce era saltata e si sentiva solo il rumore del fiume». Nulla, però, faceva presagire la distruzione di un’intera valle. «Guardando fuori, non sono riuscita a vedere nulla. Ma sentivamo il continuo via vai di elicotteri». La furia del maltempo, fortunatamente, ha risparmiato Bignasco e la loro casa. «Non c’era campo, quindi la mattina dopo, per capire cosa stesse succedendo, ho acceso la radio dell’auto. Lo abbiamo saputo così», dice lui. Originario di Moghegno, Luca è cresciuto con i racconti della nonna. «A casa, tutti ricordano bene la distruzione causata dall’alluvione del ’78. Mai avrei pensato di vivere la stessa cosa, più di 40 anni dopo». «La mattina del 30 giugno - gli fa eco Raffaella - mia sorella, che aveva trascorso qualche giorno in valle, aveva programmato di tornare a Locarno. Quando è arrivata al ponte di Visletto, ha visto che non c’era più». Le due sorelle erano preoccupate: la nonna, come d’abitudine, stava trascorrendo i mesi estivi in valle Bavona. La sorella di Raffaella ha tentato di raggiungerla, invano. Di lì, le hanno detto, non si passa. «Volevamo accertarci che stesse bene, non avevamo sue notizie. Ma la zona era inaccessibile. Poco dopo abbiamo saputo che nella località di San Carlo, dove si trova lei, era tutto a posto. Gli abitanti si sono dati una mano e hanno superato insieme quei primi giorni».
Raffaella quella valle la conosce bene. Cresciuta a Lugano, da piccola era solita trascorrerci tutte le estati. «È tanto bella quanto selvaggia. Ora, però, temo che non tornerà mai più a essere come la conoscevamo». I due neogenitori non vogliono però lasciarsi prendere dallo sconforto. «C’è bisogno di normalità», sottolinea Luca. «Noi resteremo qui, ma il Cantone deve fare qualcosa. Deve migliorare la sicurezza di queste zone». Un territorio nel quale questa famiglia vuole poter continuare a vivere. «Sono arrivata qui dieci anni fa», dice Raffaella. «La famiglia di mia madre era originaria di queste zone, mentre Luca lavora come selvicoltore ad Avegno. Guardando questa valle ho sempre pensato che fosse il luogo ideale per una famiglia, per crescere i figli. Nonostante tutto, non ho cambiato idea». Rimarranno qui, insieme a Vittorio, con la speranza che un domani lui possa ritrovare tutta la bellezza della valle nella quale è nato.