Ticino

Una buona vendemmia, ma il clima fa riflettere

I viticoltori ticinesi hanno fatto il punto su un'annata che si preannuncia positiva malgrado la siccità che ha colpito soprattutto il Mendrisiotto – Il cambiamento climatico è comunque diventato un tema di discussione
© CdT/Gabriele Putzu
Paolo Galli
23.08.2022 17:31

«Una buona annata». Inizia da qui, il punto sulla vendemmia 2022. E su questo non ci piove. Oddio, meglio non parlare di pioggia, in realtà. Anche perché, a quel punto, apriremmo - e lo apriremo - il discorso sul cambiamento climatico. E, da quanto abbiamo colto, questo è un tema caldo all’interno della categoria, quindi tra i viticoltori, che mostrano di avere sensibilità molto diverse tra loro. Ma ci arriveremo. Partiamo dall’annata, dalla vendemmia, dal presente. «Una buona annata», allora, sì. Una buona annata nonostante la mancanza di pioggia, nonostante la siccità. Il periodo estivo siccitoso ha comunque «modificato la connotazione dell’annata viticola», ha spiegato il presidente di Federviti, Giuliano Maddalena. «La maturazione ottimale delle uve merlot dovrebbe essere raggiunta con 10-15 giorni d’anticipo rispetto al 2021», si legge nel comunicato dell’associazione. La raccolta delle uve destinate a una spumantizzazione è già iniziata, per alcuni, mentre quella delle uve merlot si aprirà tra il 7 e il 10 settembre. «Spiccate le differenze tra regione e regione», ha poi aggiunto Maddalena.

Acini più piccoli

Il focus è stato posto, oggi a Stabio presso la Tenuta Montalbano, sulla situazione nel Mendrisiotto, dove la stagione vegetativa è iniziata in leggero ritardo rispetto alla media e dove, soprattutto, si è registrato il periodo di siccità più prolungato, più stressante per l’agricoltura. «Ma la vite, essendo una pianta mediterranea, ha un buon grado di sopportazione», ha spiegato Maddalena. E allora, tutto sommato, al di là di una probabile diminuzione delle quantità, le ripercussioni non spaventano. I temporali hanno creato qualche grattacapo al Luganese, mentre la grandinata del 28 giugno ha ferito Bellinzonese e Locarnese. Tornando a una prospettiva generale, poche precipitazioni significano anche acini di dimensioni ridotte rispetto alla media. «Un fattore ideale per vini più complessi», ha sottolineato Mirto Ferretti, presidente della sezione Bellinzona e Mesolcina. Insomma, un’annata da rosso, più che da rosato.

Nuovi interrogativi

Per dirla con Giuliano Maddalena, «le premesse sono buone». «Buono» è l’aggettivo del 2022, per i viticoltori ticinesi. Evviva. Ci starebbe un brindisi. Già, ma mentre brindiamo, rimane quel tarlo, un tarlo chiamato futuro o, meglio, cambiamento climatico. È lo stesso Ferretti ad aver sollevato la riflessione, quando ormai il più sembrava detto - compresa la conferma dell’accordo sul prezzo dell’uva merlot a 4.15 franchi al chilo e compreso pure il disturbo procurato dagli ungulati, in particolare dai cinghiali - e fatto. «Il cambiamento climatico tocca anche la vite, e quindi oggi ci poniamo un problema nuovo». Il discorso di Ferretti è chiaro: quando si parla di un sistema produttivo, ciò che è implicito è che esso si basa sull’esperienza del passato, di decenni di lavoro e, in questo caso, di raccolta. «Abbiamo creato pratiche viticole adatte al nostro clima, ma se il clima cambia, dobbiamo adattare anche le nostre pratiche?». Attorno a questo interrogativo gira, in realtà, tutto il mondo dell’agricoltura. «La situazione ci pone nuovi interrogativi, e il futuro ci porterà a ulteriori riflessioni», ha ribadito Ferretti. Posto che non tutto è per forza negativo - il grado di maturazione è, per esempio, nettamente migliorato negli ultimi due decenni -, quel che è certo è che anche in questo campo si arriverà a un adattamento. Ma, per ora, le sensibilità dei viticoltori non vanno tutte nella stessa direzione. E guai se qualcuno, all’interno di questa riflessione, inizia a porre dubbi anche sulle uve merlot. «Diversificare? D’accordo, ma il Ticino è conosciuto come terra di merlot, e così deve continuare a essere. Anche perché è un’uva che ben si presta al nostro clima», ha fatto notare Maddalena. E Graziano Carrara, presidente della sezione locarnese, ha aggiunto: «Non tutte le annate saranno come questa. Ciò che dovremo fare, è - di anno in anno - capire cosa ci troviamo davanti e agire di conseguenza sul vigneto».

Cambiare o adattarsi?

Un semplice adattamento? Ferretti ci è sembrato più categorico: «Non possiamo restare fermi alle tradizioni, è il momento di mostrare più attenzione per il futuro». Il suo messaggio in realtà è più complesso e chiama all’azione responsabile e sostenibile l’intera categoria. Il tutto per dare maggiori prospettive al vino ticinese, «valutando bene il modo in cui coltiviamo». Non è questione di «dettagli, come per esempio l’irrigazione. Non si risolve il tutto con un sistema goccia a goccia, e via. No, dobbiamo considerare il sistema vigneto. Il modo di produrre deve allora essere rivisto». Ha citato i portinnesti e gli apparati fogliari. «Tutto in funzione dei cambiamenti del clima». E sul merlot: «D’accordo, il territorio è legato alle uve merlot, ma nel contempo è cresciuta la ricerca di varietà, e ce ne sono alcune che potremmo coltivare con successo». Sul tema, ci siamo intrattenuti anche con Rudy Studer, vice-presidente cantonale. La sua posizione è più morbida: «La cosa importante è adattarsi, agire in base a come vanno le stagioni. Un bravo viticoltore deve saperlo fare. È chiaro, sono situazioni nuove, ma ogni annata è diversa da quella precedente, è così da sempre. Certo, quest’anno nel Mendrisiotto non ha piovuto per due mesi, e allora anche la vigna ne subisce in parte le conseguenze. Ma è una pianta che sopporta molto bene il caldo, più di altre». Sui vitigni: «Il merlot è stato scelto proprio anche in funzione della sua adattabilità. Non possiamo cambiare tutto da un momento all’altro». Cambiare, adattarsi, ripensare: il clima di sicuro ha condizionato la dialettica dei viticoltori. Ora sarà la velocità con cui ancora evolverà a dettare la reale urgenza delle reazioni.