L'intervista

«Una carta che si adatta nel tempo in cerca di equilibrio democratico»

Il 12 settembre 1848, in circostanze tumultuose, viene varata la prima Costituzione federale — Nasce così la Svizzera moderna, basata sul federalismo — Con il professore di storia Sacha Zala ripercorriamo la tappe salienti di questo percorso, mettendo in luce rischi e fragilità.
Francesco Pellegrinelli
12.09.2023 06:00

Professor Zala, 175 anni fa, viene emanata la prima Costituzione federale. La Svizzera diventa uno Stato federale. Come si arriva a questa soluzione politica che oggi celebriamo come punto di partenza della Svizzera moderna?

«Si arriva con la vittoria sul campo da parte dei cantoni liberali protestanti sui cantoni cattolici conservatori al termine della guerra civile del Sonderbund. Siamo nel 1848, l’anno delle rivoluzioni liberali in Europa, e la Svizzera per finire sarà l’unico Paese dove questa rivoluzione avrà successo».

La Svizzera moderna nasce dunque con una vittoria militare sul campo?

«Diciamo che l’esito della guerra consente di fare pressing sui cantoni conservatori. Nello stesso tempo, si cerca da subito un compromesso su cui costruire uno Stato che dia libertà e margini di manovra anche ai perdenti. I padri della Costituzione furono molto abili nell’inventare una serie di stratagemmi per neutralizzare il problema principale, ossia l’autonomia culturale dei cantoni che avevano perso la guerra. Il federalismo - che concede ampie autonomie in ambito culturale e religioso - è il principale strumento con cui vengono neutralizzate queste tensioni. Il secondo strumento, importante per noi italofoni, è certamente il principio della territorialità linguistica, vale a dire che in Svizzera la lingua è legata al territorio. Il terzo meccanismo di neutralizzazione è la neutralità stessa, un principio che inibiva la politica estera, visto che allora come oggi mancava un consenso sull’orientamento delle nostre relazioni internazionali».

Possiamo quindi dire che il federalismo è il primo grande compromesso elvetico?

«Possiamo certamente dire che è uno dei compromessi principali e che la Svizzera è un Paese costruito “al contrario”. Mi spiego: a differenza degli Stati unitari, come la Francia o l’Italia, fortemente centralisti, con la Costituzione svizzera la maggior parte dei poteri rimangono ai cantoni, ad eccezione di quei poteri che vengono esplicitamente demandati alla Confederazione. Nella Costituzione del 1848 lo Stato centrale è quindi estremamente debole e fragile. È uno Stato che non ha ancora vere istituzioni, praticamente senza amministrazione e pochissimi mezzi finanziari dati dai dazi. La situazione finanziaria della Confederazione migliorò solo più tardi, con la Prima guerra mondiale, quando viene instaurata l’imposta di guerra che poi diventerà l’imposta federale diretta, che ancora oggi è limitata nel tempo e deve essere prorogata periodicamente. Sia chiaro: il 1848 è stato comunque un salto quantico, visto che prima, uno Stato svizzero come l’intendiamo oggi, non c’era. Certo, era una Svizzera molto diversa da quella attuale, sia economicamente sia costituzionalmente».

Nello stesso tempo fu anche un esercizio di democrazia. Furono i Cantoni a votare la Costituzione.

«Certamente, anche se il percorso democratico iniziato nel 1848 si conclude solo molto più tardi, nel 1971, quando gli uomini accordano il diritto di voto alle donne. Fino ad allora è una democrazia dimezzata. Va detto, tuttavia, che nel processo di stesura della Costituzione partecipano anche esponenti cattolici conservatori. La stessa guerra del Sonderbund era stata condotta in maniera possibilmente poco cruenta, a differenza della guerra civile americana. Dufour, il generale delle truppe federali, aveva dato direttive chiare per evitare di colpire la popolazione civile».

La Costituzione viene scritta e votata in soli 51 giorni. Perché fu possibile compiere questo esercizio in così poco tempo?

«Non bisogna sottovalutare la questione dei trasporti. Per arrivare a Berna nel 1848 ci voleva del tempo. Va detto poi che la Costituzione del ’48 non era troppo complessa. Inoltre c’era il modello americano da cui attingere, per cui non si doveva inventare tutto. Da questo modello, la Costituzione del ’48 riprende molti aspetti fondamentali, come il bicameralismo e la rappresentanza degli Stati. Non riprende, invece, l’idea di un tribunale costituzionale, come la Corte suprema degli Stati Uniti. Il Tribunale federale di Losanna, infatti, non è un tribunale costituzionale, a differenza del Supreme Court. Ciò significa che i giudici di Losanna si limitano ad applicare le leggi, anche se queste dovessero essere anticostituzionali. Mentre un tribunale costituzionale ha il potere di giudicare una legge votata dal Parlamento anticostituzionale e quindi di abrogarla».

In un certo senso, quindi, la Costituzione svizzera è più debole rispetto a quella americana?

«Possiamo certamente dire che quella svizzera è più dinamica e soggetta a revisioni. In quella americana dal 1789 gli Stati hanno ratificato soltanto 27 ammendamenti. Ma essenzialmente è l’esistenza di una Corte suprema a Washington che rende la costituzione americana più potente quale strumento giuridico.

L’assenza in Svizzera di una Corte costituzionale non è un problema?

«Non a caso, la Svizzera potrà ratificare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo solamente nel 1974, ovvero tre anni dopo aver finalmente concesso il diritto di voto alle donne. Non lo può fare prima, perché negando questo diritto fondamentale a più della metà della popolazione, la Svizzera difficilmente può essere considerata uno Stato veramente democratico. Accettando la Convenzione europea dei diritti dell’uomo è stato anche possibile sopperire all’assenza di un tribunale costituzionale. Oggi, infatti, ognuno ha il diritto di ricorrere alla Corte Europa dei diritti dell’uomo a Strasburgo che può condannare la Svizzera se non si attiene al diritto costituzionale. Prima del 1974 non era possibile. Questo per dire cosa? Che noi, che ci concepiamo volentieri quali campioni del mondo di democrazia, in realtà, abbiamo dovuto attendere il 1971 con il suffragio femminile per vedere realizzati pienamente i principi democratici».

Il raggiungimento di un pieno esercizio della democrazia è stato quindi un percorso a tappe che non si è esaurito con la Costituzione del 1848.

«Dal 1848 vanno evocate almeno tre altre date fondamentali. Nel 1874 viene introdotto il diritto al referendum, con cui la Svizzera si trasforma in una democrazia semi-diretta. Nel 1891 è la volta del diritto all’iniziativa. Nel 1919 c’è il passaggio dal sistema elettorale maggioritario al proporzionale. Passaggio che permette alla sinistra di raddoppiare i propri seggi in Parlamento. Il sistema proporzionale, in fondo, getterà le basi per la nascita, a partire dagli anni 30, della pace sociale».

È difficile immaginare che in quella Svizzera del 1848 vi fosse già un elemento identitario.

«In effetti questo elemento è ancora assente ed è stato necessario inventare una tradizione. Per la creazione di un’identità nazionale è stato centrale il primo Primo di agosto del 1891, con cui si mette al centro della narrazione i perdenti nel mitico patto federale del Grütli. In un certo senso i perdenti del Sonderbund, diventavano i vincitori del 1291. Le lancette della nascita della Svizzera venivano così catapultate 600 anni indietro, in un passato immaginario e remoto, in un tempo nel quale non c’era ancora la differenza tra cattolici e protestanti. La storia andava così a legittmare la nazione e tutti gli Stati europei adottarono questo meccanismo per plasmare il loro presente, facendo affondare con altre narrazioni le proprie radici in un mitico passato. La Svizzera ha poi avuto la grande fortuna che lo scrittore tedesco Friedrich Schiller della storia di Guglielmo Tell fece un monumento di letteratura e l’italiano Gioachino Rossini uno della musica».

La Costituzione del 1848 non è rimasta tale. Ci furono molte revisioni. In generale, come è evoluta la Costituzione e in quale direzione si sta muovendo?

«Nel 1874 la Costituzione ha subìto una prima revisione totale seguita, nel 1999, da una seconda. Nel corso dei tempi, le iniziative popolari avevano inserito molti articoli e dettagli nella Cosituzione che materialmente erano fuori luogo in una carta fondamentale. L’ultima revisione totale ha permesso di condensare la Cosituzione e darle un volto moderno, come lo intendiamo oggi, ad esempio rispetto ai diritti dell’uomo. Così da due decenni, la Svizzera ha una Costituzione moderna, scritta con parole e concetti al passo dei tempi. In seconda battuta, possiamo dire che la Costituzione è evoluta attraverso un ampliamento progressivo dei diritti democratici. Va detto, che soltanto 25 iniziative sono state accettate da popolo e Cantoni e la maggioranza di queste lo fu negli ultimi vent’anni».

Negli ultimi anni, la parola «Costituzione» sembra tornare maggiormente nei discorsi politici. C’è un maggiore appello alla Costituzione. Nello stesso tempo si vorrebbe adeguarla introducendo nuovi principi, come la neutralità. La carta fondamentale viene contesa maggiormente. Condivide?

«Negli ultimi 20 anni i partiti politici - che non sono i portatori tradizionali delle iniziative, in quanto queste nascevano principalmente dalla società civile attraverso gruppi d’interesse - hanno utilizzato sempre più questo strumento per sostenere la propria campagna elettorale in vista delle elezioni. Per questo motivo oggi si parla maggiormente di Costituzione, e per lo stesso motivo oggi esiste un ammassamento considerevole di iniziative. In passato, il diritto all’iniziativa veniva usato raramente e ancor più raramente veniva accettato. È vero: oggi la Costituzione è maggiormente ostaggio di questa strategia politica a scopi elettorali. Più in generale, comunque, possiamo dire che la Costituzione è la carta fondamentale del Paese e che deve adattarsi nel tempo. È d’assoluta importanza che questo processo di ricerca di nuovi equilibri democratici e consenso continui sempre nel tempo».