Una decina di cinghiali radioattivi

La notizia era nell?aria. O, per meglio dire, sottoterra, in quei funghi tuberosi - gli Elaphomyces granulatus, paradossalmente detti «i tartufi dei cervi» - di cui vanno ghiotti i cinghiali. In effetti, dopo i casi di radioattività riscontrati la scorsa primavera nelle regioni piemontesi a ridosso del confine, si ipotizzava che una certa percentuale di cinghiali con tenori di Cesio 137 sopra la norma potesse essere presente sul territorio ticinese. Poco più di una settimana dopo l?inizio della caccia settembrina, l?ipotesi sembra purtroppo essere confermata dai primi dati provenienti dai punti di controllo appositamente predisposti per monitorare il fenomeno. A dire il vero, una prima riprova la si era già ottenuta a luglio con i dati scaturiti dalle prime analisi effettuate dalla sezione «radioattività ambientale» dell?Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) su mandato dell?Ufficio del veterinario cantonale. Dopo i casi segnalati in Piemonte, l?UFSP aveva proceduto ad un?analisi in due tappe su alcuni capi abbattuti con il permesso dell?Ufficio caccia e pesca. Un primo test, svolto su dieci esemplari, aveva permesso di identificare tre cinghiali con un quantitativo di Cesio 137 superiore al limite consentito, situato in Svizzera a 1250 becquerel per kilogrammo (Bq/Kg). Due ungulati sono stati analizzati con dei valori attorno ai 2200 Bq/Kg. In un solo caso il quantitativo registrato era particolarmente elevato: più di 3000 Bq/Kg, ossia più del doppio del limite consentito. In seguito, una seconda serie di controlli effettuata su altri dieci capi, aveva portato al ritrovamento di un quarto cinghiale contaminato. In questo caso il valore era risultato meno elevato e si attestava poco sopra al limite consentito.
Dopo circa una settimana dall?inizio della caccia settembrina, la radioattività nei cinghiali sembra purtroppo confermarsi. Secondo nostre informazioni, su circa duecento esemplari abbattuti, una decina sarebbero stati controllati con dei quantitativi di Cesio 137 troppo elevati. Quattro di essi avrebbero fatto registrate una concentrazione particolarmente elevata di questo isotopo radioattivo. Un altro dato interessante è il fatto che tutti questi casi di elevata radioattività sarebbero stati riscontrati su cinghiali abbattuti nel Sopraceneri. Il che aumenta la percentuale di contaminazione per la zona in questione. Tuttavia occorre attendere la fine del periodo venatorio per avere un quadro completo della situazione. Ma cosa succede ai cinghiali radioattivi?
Il veterinario cantonale Tullio Vanzetti ci spiega che «i capi di selvaggina che superano il valore limite non devono essere consumati e saranno ritirati. Questo valore è fissato in 1?250 becquerel per kilogrammo da un?ordinanza federale. In base ai dati scaturiti dall?indagine preliminare eseguita nei mesi scorsi dal nostro ufficio e dal Laboratorio cantonale, il numero di animali fuori limite dovrebbe aggirarsi attorno al 10% delle catture. I controlli in corso permetteranno di ottenere un quadro molto preciso della situazione».
L?UFSP afferma che anche altri animali selvatici potrebbero fare riscontrare dei valori oltre il limite. State procedendo anche a dei controlli anche su cervi, caprioli e camosci?
«Esami a campione verranno eseguiti su altri biungulati selvatici, come cervi e camosci e caprioli. In base alle conoscenze attuali, scaturite anche da studi condotti in altri Paesi, il problema della radioattività riguarda in modo particolare i cinghiali. I motivi vanno ricercati nelle loro abitudini alimentari, visto che non disdegnano determinate specie di funghi sotterranei in grado di accumulare selettivamente questo elemento».
Abbiamo infine chiesto a Philipp Steinmann dell?Ufficio federale della sanità pubblica quali rischi per la salute comporta il consumo di carne di cinghiali radioattivi: «Il consumo di elementi radioattivi aumenta la possibilità di sviluppare un cancro. Per ciò che concerne la popolazione, il valore limite di dose per irradiazione artificiale (eccetto le applicazioni mediche) è fissato a 1 mSv all?anno. Il consumo di 30/40 kg di carne di cinghiale che supera il valore limite dell?ordine della grandezza misurata quest?anno in Ticino darebbe una dose vicina 1 mSv. La legislazione sulle derrate alimentari non si applica però al consumo personale degli alimenti prodotti o cacciati da un privato. Per delle ragioni di radioprotezione e in virtù del principio di precauzione, l?OFSP raccomanda comunque di rinunciare al consumo personale della carne che supera il valore limite per il cesio 137. Questa raccomandazione è da applicare in particolare ai bambini. Preciso che il rischio di sviluppare un cancro aumenta piuttosto linearmente con la dose e il valore di 1 mSv non corrisponde alla soglia biologica al di là della quale il rischio aumenterebbe bruscamente».