Una «e-identità» privatizzata

BERNA - La fornitura delle identità elettroniche (eID) riconosciute dallo Stato non deve essere puramente affare della Confederazione. È quanto pensa il Nazionale. Lo scopo di queste «e-identità», che Berna vuole creare è (solo ed esclusivamente) la dichiarazione dell’identità del suo proprietario in Internet. In altre parole: l’eID serve a dimostrare in Rete di essere davvero la persona XY, nata il giorno Z. Durante il periodo di consultazione nessuno ha contestato la necessità di creare un’identità di questo tipo. Questi dispositivi d’identificazione, con i quali diventerebbe molto più difficile camuffare la propria identità, sono infatti - come cita il sito dell’Ufficio federale di giustizia - indispensabili per l’ulteriore sviluppo del commercio online e delle applicazioni e-government (ossia la digitalizzazione della pubblica amministrazione).
Mercoledì il Nazionale ha affrontato il disegno di legge proposto dal Governo per creare le condizioni quadro giuridiche e organizzative per la produzione e il riconoscimento delle eID. Il dibattito alla Camera bassa non si è concentrato tanto sulla necessità o meno di introdurre questi nuovi strumenti digitali, quanto sul come farlo. In particolare, sulla possibilità che queste «identità cibernetiche» siano fornite da aziende private.
Nel suo messaggio il Consiglio federale puntava infatti su un concetto a metà fra pubblico e privato, in cui l’identità elettronica va fornita da aziende private riconosciute, controllate e regolamentate dallo Stato. I criteri richiesti: l’azienda deve essere svizzera, le procedure devono essere sicure e la tutela dei dati garantita. I vantaggi sarebbero una maggiore flessibilità nell’adeguarsi agli sviluppi tecnologici, la riduzione dei costi e la libertà per il cittadino di scegliere il suo fornitore, presso il quale potrà, appunto, creare il suo profilo.
Un «compito sovrano»
Con 131 voti contro 53 e 2 astenuti, la Camera del popolo ha bocciato la proposta del gruppo socialista e di quello ecologista di rimandare il dossier al mittente, con la richiesta di elaborare un piano per cui sarebbe stata la Confederazione a mantenere la responsabilità sul fornimento di queste «e-identità», benché commissionando il «lavoro pratico» a ditte private esterne. Accogliendo la volontà dell’Esecutivo e della sua commissione competente, la Camera bassa ha optato per la soluzione semiprivata.
Sibel Arslan, deputata basilese dei Verdi, in aula si è battuta per quella contraria. «Le eID verranno usate anche nell’ambito dell’e-government. Il compito di generarle è sovrano. Che la Confederazione non lo comprenda è preoccupante», ci ha detto a margine del dibattito. Il concetto è stato enfatizzato in aula anche dalla socialista Min Li Marti (ZH): «Quando si chiede un passaporto ci si rivolge ad un ufficio statale, non alla Migros». E in ballo per i contrari c’era anche la protezione dei dati. Ma per la maggioranza, il settore privato, più vicino alle esigenze degli utenti e alle tecnologie, svolgerà meglio questa funzione, come ha affermato in aula Giovanni Merlini (PLR). Lo Stato svolgerà in ogni caso un compito essenziale, ha sottolineato il consigliere nazionale ticinese, sottoponendo gli «identity provider» (o IdP, cioè i fornitori) e i loro sistemi a una severa procedura di riconoscimento e a controlli regolari.
C’è il monopolio all’orizzonte?
Varie aziende di punta elvetiche, unitesi nel consorzio Swiss Sign Group, sperano di diventare future IdP. La Posta, le FFS, Swisscom, UBS e Swiss Life figurano fra queste. Ma se questo conglomerato decidesse di buttarsi sul mercato, è stato chiesto in aula, non si corre il rischio di imbattersi in un monopolio? La legge prevede un mercato di concorrenza, ha replicato Karin Keller-Sutter. Nei prossimi anni nuove imprese, ha affermato la consigliera federale, potrebbero ancora entrare «in gara».
Contrariamente a quanto sperato dal Governo, il Nazionale ha inoltre deciso a larga maggioranza che i fornitori privati dovranno poter rilasciare eID a chiunque soddisfi i requisiti personali stabiliti dalla legge. Il dossier passa ora al «Senato».
L’eID IN PILLOLE
Quali i vantaggi?
Secondo l’Ufficio federale di giustizia (UFG), l’eID impedirebbe di fornire identità false, creando fiducia tra gli utenti e i fornitori di servizi online. Sarebbe inoltre possibile tutelare i minori dai pericoli del web obbligando i fornitori di determinati servizi a trasmettere i loro contenuti solo a chi prova di aver compiuto una certa età. In tal modo, anche proteggere bambini da adulti che si spacciano per minorenni diventerebbe più semplice.
E la privacy?
L’UFG avverte: «È impossibile navigare in Internet senza lasciare tracce e quindi una garanzia totale della protezione dei dati non esiste». Tuttavia, aggiunge, elevati standard di sicurezza assicurerebbero la migliore protezione possibile; i fornitori di eID potrebbero trasmettere dati a terzi solo su esplicito consenso del cliente; e lo Stato non potrebbe «vedere» quali servizi online sono usati dagli utenti, a meno che queste informazioni siano richieste dalle autorità nell’ambito di un’indagine penale o dell’intelligence.
Obbligatoria? No, ma...
L’uso dell’eID non vuole essere obbligatorio. Sarà spesso il fornitore di servizi a decidere se richiederla o meno agli utenti. Tutti i cittadini svizzeri e gli aventi permesso di soggiorno potranno richiedere un’eID, il cui rilascio e uso saranno con ogni probabilità gratuiti. L’UFG scrive però: «È una questione di tempo finché i servizi online obbligati legalmente a effettuare il controllo dell’età non potranno più essere utilizzati senza identità elettronica».
Perché non rilasciarla con la carta d’identità?
L’opzione è stata esaminata e poi respinta dall’Esecutivo. Le ragioni: 1) la carta ID è solo per i cittadini svizzeri, l’eID è per tutto i residenti; 2) la carta ID è valida per 10 anni, un lasso di tempo in cui è difficile stare al passo con gli aggiornamenti tecnologici; 3) gli utenti dovrebbero comprare mezzi di lettura per poter usare l’eID sul loro computer, mentre l’uso su smartphone risulterebbe impossibile.