«Una montagna di soldi dal Qatar per un centro islamico a Lugano»

LUGANO - Un milione e 700 mila euro dal Qatar a un’associazione musulmana di Lugano. La rivelazione è contenuta in un libro da poco pubblicato in Francia. Dobbiamo preoccuparci? E soprattutto: cosa c’è di vero?
Soldi – tanti soldi – provenienti da una controversa associazione dal Qatar per finanziare in Ticino le attività dei Fratelli Musulmani? È la tesi che emerge tra le pagine di «Qatar Papers», libro di Christian Chesnot e Georges Malbrunot (giornalisti tra l’altro presi in ostaggio nel 2004 a Nadjaf da un gruppo chiamato Esercito islamico dell’Iraq) pubblicato pochi giorni fa in Francia. Un libro che, bonifici e rogiti alla mano, tenta di spiegare come il piccolo emirato starebbe investendo milioni in Europa per finanziare gruppi islamisti. In Europa, in Svizzera e anche in Ticino, e più precisamente a Lugano. Per capire il triangolo finanziario occorre partire dal Golfo Persico, da Doha, sede della Qatar Charity. Si tratta di un’organizzazione «non governativa e – si legge sul loro sito – di beneficenza» fondata nel 1992 che ha stretto collaborazioni con l’UNICEF, la Croce Rossa internazionale e la Fondazione Bill&Melinda Gates. Ma è anche un’organizzazione che negli anni è stata sotto la lente dei servizi d’intelligence di mezzo mondo, sospettata di aver fornito sostegno finanziario ad al-Qaeda. Secondo Chesnot e Malbrunot la Qatar Charity avrebbe inviato in Svizzera almeno 3,6 milioni e mezzo di franchi. A chi erano destinati? Circa 1,4 milioni (in 7 tranche), tra il 2011 e il 2013, all’Institut culturel musulman de Suisse di La Chaux-de-Fonds e sarebbero serviti a contribuire alla realizzazione del Mucivi, il museo della civilizzazione dell’Islam, diretto da Nadia Karmous. Karmous è una cittadina svizzera di origine algerina vicina – dicono Chesnot e Malbrunot – ai Fratelli Musulmani (anche se pubblicamente ha sostenuto di non farne parte). A Losanna, invece, Qatar Charity avrebbe inviato 1,58 milioni di franchi al Centre culturel islamique. E in Ticino? Nel loro libro Chesnot e Malbrunot pubblicano l’immagine di un ordine di bonifico in cui sembrerebbe – il condizionale è d’obbligo – che Qatar Charity abbia versato – la data è il 22 febbraio 2013 – a Nadia Karmous 159.434 franchi da destinare al «Centre culturel islamique de Lugano». L’immagine riporta anche delle diciture in arabo, che abbiamo fatto tradurre. «Che la pace – si legge – e la benedizione di Dio sia con voi. Vi comunichiamo che abbiamo virato per voi la somma di seicentoventicinquemila riyal del Quatar (159.000 franchi, ndr). Gli stessi sono convertibili solo e esclusivamente in franchi svizzeri». E a cosa servono? Sembrerebbe dirlo lo stesso documento: «Questi sono dei contributi per dei progetti. Questo versamento serve alla realizzazione del progetto Centro culturale di Lugano. La terza rata. Preghiamo la vostra buona riuscita del progetto e vi preghiamo di farci sapere se avete ricevuto il montante sopracitato». Tre rate dunque. Difficile dire quanti soldi siano arrivati in totale (gli autori del libro sostengono che la cifra supererebbe il milione e 700 mila euro, mentre prendendo in considerazione tre tranche di ugual portata si arriverebbe a circa mezzo milione). E non è neppure certo che poi questi soldi siano effettivamente stati girati al «Centre culturel islamique de Lugano». Ma chi ci sarebbe dietro questo centro culturale? Non si tratterebbe della moschea di via Bottogno a Vignello (che ruota attorno all’associazione Lega dei Musulmani Ticino). L’imam Samir Radouan Jelassi, da noi contattato, conferma «di non aver mai ricevuto nessun finanziamento dal Qatar». Per gli autori del libro i fondi sarebbero in realtà stati destinati a un’altra associazione con sede a Lugano:_la Comunità islamica nel Cantone Ticino. E chi figura, a Registro di commercio, quale vicesegretario dell’associazione? Mohamed Karmous, cittadino francese residente a Le Locle (canton Neuchâtel), marito di Nadia Karmous.


Presidente dell’associazione è invece Ali Ghaleb Himmat. E il suo è un nome molto noto anche alle nostre latitudini. Classe 1938, residente a Campione, dopo l’11 settembre era stato accusato da diversi Stati – in primis dagli Stati Uniti e dalla Svizzera – di aver sostenuto tramite la banca che gestiva con Youssef Nada (la Al Taqwa Bank di Lugano) il terrorismo. Accuse cadute, dopo una lunga battaglia legale, una decina di anni dopo, nel 2012.
Il libro dedica ampio spazio a Nada descrivendolo come una persona conosciuta in passato come il «ministro delle finanze dei Fratelli musulmani». «Banchiere dell’islamismo – leggiamo tra le pagine di Qatar Papers – Nada è il trait d’union finanziario tra i Paesi arabi e i Fratelli Musulmani in Europa».
Abbiamo chiamato Nada per avere da lui una replica a queste accuse e per capire se davvero dal Qatar è arrivato molto più di un milione di franchi. E per farne cosa?_Ci ha invitato a casa sua – come Himmat anche lui abita a Campione – e ha sfogliato le pagine del libro. «Il mio nome in questa associazione non figura da nessuna parte». È vero, il nome di Nada a Registro di commercio non figura, ma quello di Himmat sì. E che i due siano stati per decenni in strettissimi rapporti è cosa nota. «Siamo amici, ma non ho nulla a che fare con questa cosa». Nada dunque si distanzia dal libro. «Hanno preso alcuni fatti e poi li hanno decorati con cose false. E io sono stato vittima delle falsità. Le ho combattute per 11 anni e alla fine ho vinto». Non siamo riusciti a raggiungere Ali Ghaleb Himmat, mentre il vicepresidente del consiglio dell’associazione Abdel Moety ci ha detto di non avere alcuna informazione relativa a un versamento dal Qatar.
La moschea di via Monte Boglia



Sempre che Qatar Charity abbia davvero versato fondi all’associazione presieduta da Himmat, quale era lo scopo del finanziamento? Cosa si intendeva realizzare? Cosa intendeva Qatar Charity quando, nel bonifico, parlava di «progetto»? Difficile dirlo. Un’ipotesi – che senza conferme da parte dei diretti interessati resta semplicemente una supposizione – è la realizzazione di una seconda moschea a Lugano. Non è infatti un mistero che Himmat, tra il 2010 e il 2012, si era fatto promotore del progetto di una moschea (più precisamente, appunto, un centro culturale islamico) in via Monte Boglia 11. La domanda di costruzione era inizialmente stata accolta dal Municipio ma poi il Consiglio di Stato, chiamato in causa da alcuni ricorsi, aveva bloccato tutto rimproverando alla Città di Lugano di aver allestito una documentazione incompleta sulle misure antincendio, il calcolo delle superfici e l’impatto ambientale. Alla fine era stata la stessa associazione a non far valere il diritto di compera, nel frattempo scaduto.
C’è chi invece crede – ma anche in questo caso siamo puramente nel campo delle ipotesi – che i soldi siano stati utilizzati per dei progetti analoghi in Italia, dove nel corso degli anni Qatar Charity avrebbe erogato finanziamenti per 25 milioni di euro per realizzare – come aveva fatto notare nel 2016 il Corriere della Sera – una quarantina di moschee e centri islamici.
Le rivelazioni del libro sono importanti. Indicano una decisa iniziativa qatariota per controllare le diaspore musulmane anche nel nostro Paese. È un pericolo? Difficile dirlo. L’esperto Introvigne (vedi pagina a lato) distingue tra pericolo culturale e pericolo di polizia. I Fratelli Musulmani non sono un’organizzazione proibita in Svizzera e Qatar Charity, nonostante le controversie, resta una fondazione che collabora anche con le Nazioni Unite. Ma è indubbio che propaghi un Islam che non si può definire moderato.