Una spedizione per studiare il «sottomarino nazista»

«Stiamo organizzando una spedizione per studiare il "sottomarino nazista" affondato deliberatamente in Argentina, al largo di Necochea, negli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale, nel 1945». A parlare – in collegamento dal suo ufficio – è Fabio Bisciotti, l'esperto autore di una prima perizia pubblicata qualche tempo fa e dedicata all'imbarcazione scoperta a quattro chilometri dalla costa e a 28 metri di profondità. La notizia aveva fatto il giro del mondo, tanto che la Prefettura navale argentina si era affrettata a precisare che le condizioni dei resti, la scarsa visibilità e l’accumulo di sedimenti non permettono, senza ulteriori accertamenti in fondo al mare, di arrivare a risposte più concrete e definitive. Gli esperti di Foggia, infatti, per il loro primo rapporto avevano analizzato i filmati (in tutto otto ore) delle ispezioni subacquee ad opera delle autorità locali. Ma ora sono alla ricerca di risposte più concrete. «Saremo pronti per la fine dell'anno, tra dicembre e gennaio 2024».
«È quello usato da Hitler»
All'origine dell'operazione c'è lo storico e ricercatore Abel Basti, autore di numerosi libri legati a Hitler, che ha trascorso decenni a caccia di prove della cooperazione tra i regimi di destra sudamericani e i nazisti. La sua tesi è che i criminali di guerra, che trovarono rifugio nel sud del continente americano, facessero parte di un'operazione pianificata che richiedeva l'approvazione degli Stati Uniti. Ma non solo. Il 66.enne si spinge oltre, in acque torbide. Arrivando ad affermare che Adolf Hitler stesso sia arrivato al largo delle coste argentine con uno di questi sottomarini. Anzi, forse proprio usando quello di Necochea. Dichiarazioni che contraddicono la realtà dei fatti, ampiamente accettata, secondo la quale il capo nazista si è suicidato in Germania insieme alla sua compagna, Eva Braun, quando l'esito della guerra era ormai inevitabile.



«Ci sono rapporti dell'epoca che parlano di uno sbarco di gerarchi nazisti nella zona», aveva dichiarato l'autore in una trasmissione andata in onda su Radio Rivadavia. L'uomo guida anche «Eslabón Perdido», un gruppo di volontari che cerca di scoprire gli scafi dei sottomarini nazisti affondati e ricorda come ancora oggi il governo argentino rifiuti di svelare documenti sul passato bellico del Paese. Una serie di avvenimenti che potrebbero rappresentare una spina nel fianco del partito peronista — ora al governo dell'Argentina con un orientamento di sinistra — in quanto costituirebbero una nuova prova delle origini filofasciste di Juan Perón.


Un certo margine di incertezza
«Abbiamo svolto molte operazioni in mare, tutte documentate su internet. Il signor Basti le ha viste ha deciso di rivolgersi a noi per un parere», continua Bisciotti, direttore del Gruppo studi subacquei della Lega navale italiana. L'esperto non prende posizione sulle affermazioni di Basti relative all'ipotetica fuga di Hitler da Berlino all'Argentina. «Abbiamo il fortissimo sospetto che si possa trattare di un sommergibile tedesco, un cosiddetto ‘U-Boot’, Tipo IX o Tipo XXI. Non lo sappiamo ancora. Il sospetto c'è, la totale certezza non ancora – sottolinea l'esperto –. Ma siamo abbastanza sicuri del fatto che, secondo tutto il materiale che abbiamo raccolto e analizzato fino a oggi, possa trattarsi di un naviglio del genere».


Torretta e periscopio
«Ci siamo accordati con signor Basti per ottenere i permessi dalle autorità argentine e pianificare così una missione sul posto. Sono curioso di vedere, proprio con i miei stessi occhi, l'oggetto di cui stiamo parlando. Sul campo, saremo io e un mio collega. Credo che due persone siano sufficienti. Non è il primo relitto che vedo, sono anni che li studio. In passato, poi, ricordo che avevamo lavorato su altri sommergibili, come per esempio il Regent in Puglia, dove siamo scesi a 70 metri».
Gli elementi che hanno stimolato la curiosità degli esperti italiani sono la torretta e il periscopio. Alcune delle 'poche' parti visibili. Sì, perché gran parte del relitto è sotto il fango, almeno l'80%. «Le nostre immersioni inizieranno da lì, da quel punto. Non solo perché si tratta della parte più visibile, ma anche perché la torretta è una sorta di 'biglietto da visita' di una nave del genere», precisa Bisciotti.


«Non si sono accorti di nulla»
«Scatteremo foto e gireremo video, studieremo tutto quanto sarà possibile. Poi pubblicheremo una nuova perizia, ancora più completa e dettagliata».
Una spedizione del genere presenta dei costi e Bisciotti non esclude il coinvolgimento di altri enti o aziende che vorranno sostenerla finanziariamente. «Le operazioni saranno sponsorizzate, ci muoveremo a tempo debito e quando tutto sarà messo a punto ne potremo parlare. Le ricerche condotte dagli argentini con i robot sono sempre state molto generiche, alcuni dettagli che hanno permesso di formulare le nostre ipotesi sono stati scoperti proprio da noi, guardando i loro video. Loro non si sono accorti di nulla, ma non ne faccio una colpa, perché in fin dei conti siamo noi gli specialisti di questo settore, abbiamo esperienza e un occhio più allenato».


Un colpo di fortuna
Il sottomarino di Necochea, ora inserito in un'area protetta dalle autorità argentine, è un colpo di fortuna. Il fatto che dopo ottant'anni non sia stato 'assorbito' dal fondale marino è notevole. Le burrasche, spesso, possono inghiottire relitti nell'arco di pochi mesi. Ma non solo. In gioco, infatti, ci sono pure ignoranza e sciacallaggio.
Il sommergibile, oltre a essere quasi del tutto sepolto, non è integro. Il sospetto che qualcuno abbia fatto saltare delle cariche nelle sue vicinanze è forte. «Non nascondo il fatto che, dopo tutto questo tempo, alcuni cercatori di ferro e i vari eventi possano aver danneggiato questo relitto», conclude Bisciotti.

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