Piano d’azione

Una violenza subdola e nascosta

Troppo spesso gli abusi che si consumano fra le mura domestiche non vengono denunciati - Il Governo ha aggiornato la strategiacantonale per combattere un fenomeno doloroso ma che coinvolge tutta la società - Autorità, enti e associazioni insieme per combattere il problema
© CdT/archivio
Giona Carcano
23.11.2022 20:21

Contrastare il fenomeno della violenza domestica spetta a ognuno di noi. Tutti possono contribuire a mitigare un problema diffuso ma ancora troppo poco visibile. I casi sono tanti, anche nel piccolo Ticino: secondo l’Associazione consultorio e casa delle donne, nel nostro cantone vengono effettuati tre interventi di polizia al giorno per questo tipo di abusi. Numeri impressionanti, che vanno di pari passo con il dato nazionale riguardante la violenza di genere: 4 donne su 10 ne sono vittima. Numeri, quindi, che vanno combattuti con ogni mezzo a disposizione. Anche perché i casi segnalati alle autorità sono solamente la punta dell’iceberg. «La violenza domestica è una tematica che riguarda la società nel suo insieme: la lotta contro questo fenomeno deve coinvolgere tutti, autorità e società civile», ha sottolineato Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni, durante la presentazione sull’aggiornamento del Piano d’azione cantonale sulla violenza domestica. «Purtroppo gli atti che vengono denunciati sono pochi. Molti rimangono sommersi, occultati a causa di un rapporto sentimentale o di dipendenza economica della vittima. Le violenze, infatti, si consumano quasi sempre nel contesto familiare».

Il lavoro fra dipartimenti

L’aggiornamento del piano cantonale va quindi nella direzione di portare alla luce il maggior numero di casi possibile grazie al coinvolgimento delle istituzioni e delle numerose associazioni che operano sul territorio. Si vuole rendere strutturale il sistema di prevenzione e di gestione della violenza domestica, migliorando la risposta. Per raggiungere l’obiettivo, ha spiegato ancora Gobbi, sono stati definiti quattro assi di intervento, le «4P»: «Prevenzione, protezione, perseguimento e politiche coordinate», ha spiegato il consigliere di Stato. Il tutto passa quindi da strette sinergie fra i dipartimenti interessati, così come da diversi strumenti di conduzione della politica pubblica (in particolare il programma cantonale di promozione dei diritti, di prevenzione della violenza e di protezione dei bambini e giovani e il piano d’azione cantonale per la pari opportunità). Gobbi ha poi evidenziato alcune misure di competenza del suo dipartimento: la gestione delle minacce, inserita nella nuova legge cantonale di polizia (che permette di riconoscere i segnali premonitori prima che scoppi la violenza); il lavoro con persone violente; il braccialetto elettronico per monitorare a posteriori gli spostamenti di autori di stalking (possibile dal 1. gennaio 2022, ma finora la misura non è stata applicata in Ticino). «A livello Federale», ha ricordato in seguito il direttore del DI, «si sta inoltre studiando un sistema di sorveglianza attiva». Più in generale, ha ribadito ancora Gobbi, «le istituzioni ci sono e i cittadini devono avere fiducia nello Stato». Il messaggio che deve passare, dunque, è che bisogna parlare maggiormente del fenomeno della violenza domestica. Solo così è possibile far uscire allo scoperto i casi sommersi.

Un alloggio temporaneo

Il Piano d’azione, come visto, prevede strette sinergie fra dipartimenti. Anche il DSS è quindi in prima fila per combattere il fenomeno, grazie agli assi «prevenzione e protezione». Il direttore De Rosa ha sottolineato quanto fatto finora (campagne di sensibilizzazione, partecipazione a progetti di formazione e ricerca, attività di sostegno, potenziamento del personale delle case protette) e ha in seguito illustrato le nuove misure individuate. Fra queste, «in fase di studio vi è la promozione di un alloggio di transizione e di accompagnamento alla gestione del quotidiano per le donne dopo il periodo trascorso nella Casa protetta». Un tassello importante, e che permetterà alle donne in difficoltà «di trovare un sostegno per riconquistare la loro autonomia». Qualche critica è stata espressa da De Rosa agli attori coinvolti nel progetto del numero nazionale d’emergenza a tre cifre per le vittime, non ancora attivato. «Abbiamo sollecitato più volte chi ha il compito di trovare le soluzioni tecniche e di implementazione: riteniamo che questo progetto sia prioritario».  

La scuola come esempio

Ma per combattere il problema della violenza domestica, è cruciale anche un intervento a livello scolastico. In quest’ottica, Manuele Bertoli - direttore del DECS - ha ricordato come l’ascolto, il rispetto, la gestione della diversità, delle pari opportunità e dei conflitti rientrino nelle competenze trasversali del piano di studio, perché «concorrono a creare un substrato relazionale positivo». Bertoli ha poi sottolineato un’iniziativa nata all’interno della scuola (al CPT di Bellinzona). «La scorsa primavera gli studenti e i docenti hanno realizzato, sull’arco di 10 giorni, una mostra, momenti di discussione e uno spettacolo teatrale con il coinvolgimento di enti e associazioni attivi sul territorio». Un’esperienza che verrà ripetuta in altre scuole.          

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