Luganese

Un'asta particolare: scarpe e accessori a migliaia

La merce proviene da una società in liquidazione che gestiva diversi negozi in Ticino
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Giuliano Gasperi
20.05.2025 06:00

«Hai comprato diecimila paia di scarpe». A qualcuno sarà capitato di dire o sentir dire queste parole, probabilmente con un tono fra lo scherzoso e l’accusatorio. Mercoledì 28 maggio alle 11, in un magazzino di via Industria 1 a Lamone, non ci sarà niente da scherzare: diecimila scarpe sarà possibile comprarle per davvero. Per la precisione, 10.500 fra calzature, borse e accessori provenienti da una società con sede a Lugano che si trova in liquidazione. Singolare asta, quella pubblicata sul sito del Cantone. Preceduta alle 10.15 da un sopralluogo, la vendita sarà in blocco e partirà da una base di 5.000 franchi, con rilanci di almeno 2.000. In Ticino la società in questione gestiva alcuni negozi, anche storici, che avevano dovuto chiudere i battenti.

Non è di sicuro un momento facile per chi vende scarpe e accessori al dettaglio, come per chi vende al dettaglio qualsiasi genere di merce che sia disponibile anche su Internet: un dibattito noto e stagnante. Le scarpe, poi, sono un prodotto particolare: non devono solo piacere al cliente, ma anche adattarsi bene alla forma del suo piede – al di là del numero che porta – e non da ultimo essere comode mentre cammina. Si può obiettare che proprio per questo, i negozi fisici hanno un vantaggio determinante rispetto a quelli online. Dipende. In rete manca un servizio personalizzato, questo è innegabile, ma diversi portali danno la possibilità di ordinare un paio di scarpe, o anche di più, e di restituirle senza costi se per qualsiasi motivo non vanno bene. «Internet non aiuta il settore, e la situazione negli ultimi anni è peggiorata» ci racconta una persona che lavorava per un negozio al dettaglio in Ticino. «A un certo punto avevamo deciso di avere anche noi una vetrina su uno di questi portali. Inizialmente ci sembrava di vendere molto: avevamo decine di ordini al giorno e ci dicevamo: ‘Wow’. Poi, però, i resi erano tanti. E alcune scarpe, a volte, tornavano usate. Al cliente tutto questo non costava nulla, ma a noi sì: le spese di spedizione sono a carico del negozio». La vendita «classica» qualche soddisfazione la dava, ma in mezzo a tanta fatica: «Lavoravamo bene coi turisti, mentre la clientela locale era piuttosto esigente: la scarpa doveva essere bella, in vera pelle, non fatta in Cina e con un prezzo vantaggioso... Ma dietro di essa c’è tanto lavoro artigianale».