Un’intesa tra PLR e PPD? «Forse, ma Berna non è il Ticino»

LUGANO - È ormai una possibilità concreta. L’arrivo di una storica intesa tra il Partito liberale radicale e il Partito popolare democratico in vista delle federali di ottobre verrà discusso lunedì nella direttiva del PLR. Forse qualche anticipazione giungerà già oggi al Comitato cantonale previsto nel pomeriggio a Palazzo dei congressi. Ma fino ad allora, di certezze, ce ne sono ben poche. Prevarrà la volontà di unirsi per contrastare le intese già raggiunte a destra e a sinistra? Oppure la rivalità storica avrà la meglio? Difficile a dirsi. Di sicuro, però, la questione continuerà a far parlare nel prossime settimane. Per presentare le candidature, e quiandi anche le congiunzioni di lista, c’è infatti tempo fino al 12 agosto. Intanto abbiamo raccolto il parere di due storici esponenti dei rispettivi partiti, Gabriele Gendotti per il PLR e Giovanni Jelmini per il PPD.


Secondo Gabriele Gendotti, già consigliere di Stato per il partito liberale radicale (dal 2000 al 2011), l’eventuale congiunzione prima o poi avverrà come reazione alle intese trovate a sinistra e a destra dello scacchiere politico: «Visto ciò che succede, penso che prima o poi, nel lungo termine, anche il centro dovrà trovare un denominatore comune per rafforzarsi. O perlomeno sarà necessario fare una riflessione in questo senso», spiega Gendotti, che però precisa: «Nel breve termine, invece, la questione è più complessa». Secondo l’ex consigliere di Stato «andrà fatta una valutazione approfondita, anche perché in politica uno più uno non fa mai due». Tuttavia, concretizzare una tale intesa non sarà facile: «C’è una storia dietro questi due partiti, grandi avversari nel passato . È quindi chiaro che in un certo elettorato, sia tra i liberali radicali che tra i popolar democratici, una qualche resistenza potrebbe anche nascere». L’ex direttore del DECS, però, tiene a rimarcare che il piano federale e quello cantonale sono molto differenti. «A livello cantonale contano molto di più le persone: se ci sono presidenti di partito che hanno delle affinità politiche e che non sono schierati troppo da una parte o dall’altra, allora un rafforzamento prima o poi potrebbe arrivare. Ma se alla testa dei rispettivi partiti dovessero esserci persone più schierate sarebbe un problema». Ad ogni modo, evidenzia Gendotti, «se si dovesse andare in questa direzione a livello cantonale sarebbe necessario avere un progetto e un denominatore comune, perché non si tratterebbe solo di congiunzioni tecniche».
Ma di cosa hanno bisogno i due partiti per concretizzare questa alleanza? «Se il centro vuole farlo deve creare un’alternativa valida e migliore alla sinistra e alla destra. In questo senso potrebbe esserci un terreno fertile. Ma c’è soprattutto bisogno di tempo. In ogni caso mi auguro che prima di fare un passo simile ci sia una discussione seria con la base, non potrà essere una decisione calata dall’alto». E lei, personalmente, cosa pensa di questa eventuale congiunzione? «Io sono sempre stato contrario a livello cantonale alle congiunzioni. Preferisco che l’elettore sappia cosa e chi vota. Ma il Ticino non potrà rimanere per sempre un’eccezione: in svizzera interna queste congiunzioni vengono fatte già da decenni. E quindi prima o poi anche il Ticino dovrà adeguarsi. Non guardo alle congiunzioni con molta simpatia, ma ho 65 anni e ho fatto la mia parte, adesso compete a qualcun altro capire in che direzione si può andare».


Dal canto suo, Giovanni Jelmini si dice subito favorevole a una tale decisione: «A mio avviso si tratterebbe di un segnale positivo perché aiuterebbe i due partiti di centro a mantenere la forza che hanno a Berna». Ma anche Jelmini precisa subito che Berna non è Bellinzona: «A Berna il discorso è più semplice. Molto più complicato invece fare una cosa del genere sul piano comunale o cantonale. Penso però che su questo piano le basi dei rispettivi partiti siano pronte, anche perché lo scenario politico è molto cambiato negli ultimi decenni. Si rendono conto che per avere un centro forte, credibile e con una capacità contrattuale nei dossier politici importanti è necessario allearsi. E le elezioni federali rappresentano l’occasione per sviluppare una discussione più vasta approfondita». Anche lei, quando era presidente del PPD discusse di questa possibilità con l’allora presidente del PLR. Come andò? «Sì, con Rocco Cattaneo ci rendemmo conto che su molti dossier andavamo nella stessa direzione. Anche perché alcune questioni che una volta erano tabù, nel tempo sono cadute». Cosa mancò allora per trovare un accordo? «Non è mancato nulla. Solo il tempo. Semplicemente è scaduto il suo mandato ed è scaduto il mio. Ma allora avevamo avuto delle ampie discussioni molto interessanti. Ho il timore che queste discussioni non siano poi state riprese». Se la congiunzione dovesse avvenire, sarà un precedente sul piano cantonale? «Più che un precedente io mi auguro che questa decisione, se dovesse arrivare, possa essere l’opportunità di riaprire una discussione su un’alleanza di centro molto più strutturata, anche nelle tematiche cantonali».