«Vaccinare i bimbi contro l'influenza per proteggere gli anziani? Può essere una buona idea»

Le morti causate da malattie dell'apparato respiratorio in Svizzera (compresa l'influenza stagionale) ogni anno sono migliaia. Nella maggior parte dei casi (il 90%, come riportato da SRF) si tratta di persone con oltre 65 anni di età. Una strategia per proteggere questa fascia di popolazione sta nella vaccinazione. Ma, secondo il presidente dell'apposita Commissione federale Christoph Berger, si potrebbe fare di più. Come? Vaccinando anche i bambini. Una sorta di protezione per conto terzi. Se i più piccoli non si ammalano, il virus circola meno. E anche i più deboli non si ammalano. La visione avanzata dall'infettivologo pediatrico dell'Ospedale universitario di Zurigo nonché presidente della commissione stessa, la si può leggere nel verbale della riunione plenaria, accessibile dalla pagina dedicata nel sito internet della Confederazione (come ha ricordato anche un articolo della NZZ am Sonntag). Ovviamente si tratta soltanto di uno spunto sul tavolo, ancora lontano dall'essere operativo. Tuttavia, il tema è nell'aria.
«È necessario valutare nuove strategie», sono le parole riportate nel documento. «Una vaccinazione diffusa dei bambini in età scolare, ad esempio, ridurrebbe i decessi tra le persone con più di 65 anni. Ciò rende più interessante concentrarsi sui giovani/bambini e sulle persone di contatto». A tal proposito, si cita pure una ricerca pubblicata sulla rivista Science nella quale si rileva come l'immunizzazione anche di appena il 20% degli scolari possa prevenire le morti negli anziani causate dall'influenza, con più efficacia rispetto al solo incremento del tasso di vaccinazione tra gli anziani stessi.
Intervistato dalla SRF, Berger è tornato sul tema confermando le sue parole: «Se dovessimo vaccinare anche i bambini contro l'influenza, avremmo l'effetto che meno anziani e malati cronici si ammalerebbero gravemente della stessa». Per avere un quadro della situazione dedicato al Sud delle Alpi, il Corriere del Ticino ha raggiunto Lisa Kottanattu, medico caposervizio dell'Istituto pediatrico della Svizzera italiana nonché infettivologa pediatrica, proprio come il collega Christoph Berger. «L'idea è buona», premette la dottoressa 42.enne, che ricopre la carica dal 2016. «Anche se significherebbe rivedere il paradigma in uso oggi».
«In realtà, in alcuni casi esiste già una tecnica del genere», spiega la specialista. «Ad esempio per la protezione dei più piccoli, parliamo di neonati o lattanti di età inferiore ai sei mesi, abbiamo l'indicazione di vaccinare le donne in gravidanza allo scopo di tutelare i futuri nascituri». È il caso della pertosse, i cui neonati fino ai cinque mesi di vita non avranno protezione, anche se viene somministrato loro il vaccino (in due fasi, tra l'altro, la prima 'puntura' a due mesi e la seconda a quattro).
«È il momento in cui sono più esposti al rischio di avere un decorso grave della pertosse. Vaccinando le donne in gravidanza, passeranno gli anticorpi ai piccoli, che saranno così più protetti. In ogni caso consigliamo anche ai papà di sottoporsi alla procedura, così da avere una protezione indiretta».
L'esperta sottolinea come questa pratica non sia estesa a tutte le malattie, evidenziando come il caso dell'influenza stagionale sia più complesso. «Si tratta di una malattia che in genere si presenta verso la fine dell'anno e finora l'indicazione era di vaccinare le persone a rischio, una vaccinazione per proteggere sé stessi, come pure la vaccinazione di persone che per motivi di lavoro possono avere contatto con persone più a rischio, ma anche vaccinando persone che vivono in un entourage con una persona che può essere più a rischio».


Pochi svantaggi
L'idea lanciata da Berger, secondo Kottanattu e sempre che un giorno sia messa in pratica, cambierebbe «il paradigma, le indicazioni globali. E quindi bisognerebbe anche riuscire a “convincere”, diciamo così, le persone che non hanno un rischio per un decorso grave, come i bambini appunto, a vaccinarsi».
La nostra interlocutrice non vede grandi svantaggi nell'applicazione di un concetto del genere. «Tranne il fatto di dover essere vaccinato con un'iniezione intramuscolare, cosa di sicuro non piacevole per un bambino. Occorre anche tenere conto del fatto che i piccoli tra i sei mesi e gli otto anni, vaccinati il primo anno, devono sottoporsi a due dosi a distanza di un mese, dato che una sola non è sufficiente».
Il vaccino dell'influenza stagionale è sicuro e usato da parecchi anni. «Possiamo somministrarlo a partire da sei mesi di età ed è una cosa che succede, già oggi, in tutti i casi in cui sia necessaria una protezione individuale. Ci sono parecchi genitori che decidono di vaccinare i propri figli contro l'influenza, proprio perché vogliono proteggerli. Il principio della vaccinazione è abbastanza semplice: cerchiamo di indurre una risposta immunologica, una produzione di anticorpi praticamente identica a quella che si avrebbe con la malattia, senza però causare il malessere che può provocare la malattia».


Nessun indebolimento. Anzi
L'esperienza di un'influenza, soprattutto se vissuta in età adulta, lascia il segno. «Certo, lo so bene. A me è capitato, pur essendomi vaccinata. Dopo aver trascorso, nel 2012, una terribile settimana con febbre a 39, sono ancora più convinta di sottopormi alla vaccinazione. Non vorrei mai più trovarmi in una condizione del genere».
Il fatto di ripetere la procedura regolarmente, di anno in anno, porterebbe anche a un altro vantaggio: «Il meccanismo è complesso, ma si potrebbe riassumere dicendo che grazie alla stimolazione continua di determinati linfociti, sottogruppi dei globuli bianchi che si occupano appunto di aiutarci nella produzione di anticorpi, non abbiamo un indebolimento del sistema immunitario perché l'abbiamo vaccinato, ma anzi più vaccini riceviamo contro l'influenza, più potenzialmente riusciremo a essere meglio protetti anche nel corso delle stagioni successive».
I linfociti, quindi, saranno più pronti a reagire e a dare man forte al nostro stato di salute. Anche se il virus è differente da quello per il quale sono stati progettati i vari vaccini somministrati nel corso delle stagioni.